
Come avrà potuto notare leggendo i miei precedenti interventi, non erano in discussione le sue personali scelte stilistiche, che non consideravo errate, ma solo i suoi suggerimenti sulla forma più corretta da usare, che mi sembrava avessero una valenza generale e non legate alle particolari inclinazioni del Gabrielli.
Del quale conoscevo quanto riportato nel libro da lei citato (tanto che in una prima versione del mio intervento avevo scritto: «…checché ne dica il Gabrielli») ma poi avevo optato per le indicazioni riportate in una fonte più ufficiale come il suo vocabolario (certo, non controllando la voce fare). Comunque quest’ambiguità è un’ulteriore prova della (relativa) inaffidabilità dell’Autore.
Per quanto riguarda il Battaglia, non le devo certo ricordare la sua prevalente impronta di vocabolario storico e quindi l’attenzione da porre nell’interpretazione delle sue indicazioni (e citazioni).
Se non ricordo male, le citazioni senza la a (due o tre) sono le più antiche e quella di Calvino è la più recente.
Neanche questo le era stato contestato: infatti lei usa la forma tradizionale ma oggi sicuramente non consigliata dai dizionari più autorevoli.
Quanto al suo iniziale accenno agli scrittori più attenti e raffinati, oltre a non condividere la sua affermazione (ma questa è solo una mia opinione) spero che non vorrà escludere dalla categoria proprio Calvino…
Rispondo anche al suo poscritto perché questa volta l’osservazione non mi sembra (ma spero di non sbagliarmi) usata per “sminuire” l’interlocutore.
Si trattava di un refuso, ma dopo averlo corretto ho deciso di riformulare la frase in un altro modo perché quel “mole” poteva dare un’indicazione sbagliata: infatti non era vero che avevo consultato 6,02 × 10 E 23 vocabolari.

Le ripeto comunque la mia preghiera: queste indicazioni fuori tema sarebbero molto più gradite per posta personale, sarebbe così fugato anche il più vago sospetto che lei le faccia con fini “eterodossi”.
