Discussione sui traducenti di forestierismi

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Moderatore: Cruscanti

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Uri Burton
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STRUMENTI DERIVATI

Intervento di Uri Burton »

Se allora traduciamo tutto, per le opzioni suggerirei queste tre denominazioni consolidate che, tra l’altro, hanno il suggello del grande Federico Caffè :

Call option – «acquisto a premio».
Put option – «vendita a premio».
Double option – «opzione doppia».

Non sottovalutiamo però le perplessità di Incarcato, che io parafraserei così: se ci impegoliamo nei termini della finanza speculativa (come sono per l’appunto quelli degli strumenti derivati) corriamo il rischio di non uscirne più.
Cordialmente,
Avatara utente
Incarcato
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Intervento di Incarcato »

Ringrazio Uri Burton della parafrasi.

Commentando invece le traduzioni proposte, noto che:

1. le prime due van bene
2. la terza va bene, ma
3. le prime due e la terza assieme non vanno piú bene: lo stesso termine — option — è tradotto in due modi diversi quando l'accezione è identica.
Avatara utente
Federico
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Re: STRUMENTI DERIVATI

Intervento di Federico »

Uri Burton ha scritto:Se allora traduciamo tutto, per le opzioni suggerirei queste tre denominazioni consolidate che, tra l’altro, hanno il suggello del grande Federico Caffè :
Ottimo. Direi che possono tornare utili tutte: l'"opzione di acquisto e/o vendita" è il contratto (spero che il termine non sia troppo scorretto) in sé, l'"acquisto e/o vendita a premio", è l'atto, la pratica ecc.
Uri Burton ha scritto:se ci impegoliamo nei termini della finanza speculativa (come sono per l’appunto quelli degli strumenti derivati) corriamo il rischio di non uscirne più.
Be', ma di questi si sente parlare ormai tutti i giorni: sono cose che ci riguardano tutti... E comunque non mi sembrano traduzioni così assurde...
Marco1971 ha scritto:Aggiungo che nel Supplemento 2004 al Battaglia, sotto clacchista, viene citato il Migliorini:
Migliorini [s. v.]: ‘clacchista’: plauditore.
Forse non sarebbe male neanche plauditore (sottintendendo prezzolato): l’aulicità del termine lo rende quasi automaticamente antifrastico... ;)
Ottimo plauditore, che è anche facilmente comprensibile! :D Posso usarlo senza rimorsi. :)
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Federico
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Intervento di Federico »

Si torna a parlare di election day: propongo la traduzione elezioni accorpate.

Incredibilmente, nella lista non c'è part time: non si capisce perché, ma nessuno dice full time... Si vede che tempo parziale, al contrario di tempo pieno, ha qualcosa che non va... :roll:
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Giorno delle elezioni a me par meglio: traduzione letterale. :)

A tempo pieno e a tempo parziale mi sembrano locuzioni ben affermate per tradurre full-time e part-time (sono nel GRADIT).
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Giorno delle elezioni a me par meglio: traduzione letterale. :)
Ma no, è impossibile! Se lo dobbiamo tradurre, bisogna tradurlo col suo significato...Mi autocito:
Federico ha scritto:election day: la traduzione sembra banale, ma non lo è. Vi ricordate cosa c'è stato nelle prime pagine di tutti i giornali di qualche tempo fa? La proposta di Prodi di fare un "election-day", che significa una "super" giornata elettorale, in cui si vota sia per le amministrative che per le politiche.
Dunque, si potrebbe tradurre "supergiornata (o supertornata)/giorno/ecc. elettorale", o anche bisgiornata (anzi, qui sì che starebbe bene bistornàta elettorale, a indicare che è una tornata doppia, anche se unica) ecc.
Aspetti, le cerco un esempio: eccolo. Ah, fra l'altro lo definiscono loro stessi "accorpamento". Ottimo. :D
Marco1971 ha scritto:A tempo pieno e a tempo parziale mi sembrano locuzioni ben affermate per tradurre full-time e part-time (sono nel GRADIT).
Lo so... mi chiedevo solo come mai "a tempo pieno" è ampiamente preminente su full time, mentre per part time e "a tempo parziale" vale l'esatto opposto... :?

royalty: si può tradurre banalmente brevetto (sentito usare); non so se sia usato genericamente anche per altri "diritti d'autore", ma in tal caso si potrebbe tradurre proprio così.
Gino Zernani
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Intervento di Gino Zernani »

Federico ha scritto:Dunque, si potrebbe tradurre "supergiornata (o supertornata)/giorno/ecc. elettorale", o anche bisgiornata (anzi, qui sì che starebbe bene bistornàta elettorale, a indicare che è una tornata doppia, anche se unica) ecc.

Oppure "zibaldone... anzi no, troppo lusinghiero! :D , calderone elettorale"
Federico ha scritto: royalty: si può tradurre banalmente brevetto (sentito usare); non so se sia usato genericamente anche per altri "diritti d'autore", ma in tal caso si potrebbe tradurre proprio così.
Non passa, caro Federico!
Royalty è il compenso (generalmente in percentuale sulle vendite) spettante all'inventore (o all'autore) come corrispettivo per la concessione dello sfruttamento commerciale dell'opera dell'ingegno. Si usa anche in campo minerario (in primis petrolifero) per indicare quella quota (di minerale) che la società di estrazione riconosce allo stato concedente a fronte della concessione ricevuta. Meglio sarebbe: aliquota, quota, ma ho trovato anche "regalìa"... a dir il vero ci vorrebbe qualcosa di più efficace. Che ne pensate??
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Gino Zernani ha scritto:Royalty è il compenso (generalmente in percentuale sulle vendite) spettante all'inventore (o all'autore) come corrispettivo per la concessione dello sfruttamento commerciale dell'opera dell'ingegno. Si usa anche in campo minerario (in primis petrolifero) per indicare quella quota (di minerale) che la società di estrazione riconosce allo stato concedente a fronte della concessione ricevuta.
Grazie per la spiegazione.
Gino Zernani ha scritto:Meglio sarebbe: aliquota, quota, ma ho trovato anche "regalìa"...
Grazie per la segnalazione, ma regalìa non mi sembra molto adeguato, giacché è poco più di "mancia", qualcosa di non dovuto, diciamo.
Treccani in linea ha scritto:Regalo che si fa a un dipendente come compenso di servizî prestati (ha sign. più generico, poiché non indica necessariamente dono in danaro, e talora più nobile che mancia)
A meno che si voglia addirittura rifarsi al significato medievale:
Treccani in linea ha scritto:Ciascuno dei diritti pertinenti al sovrano, o ad altra autorità (designati nel lat. mediev. come iura regalia o assol. regalia, v. regalia), quindi anche tributo, gabella e sim.
:shock:
Ma mi sembra un po' eccessivo (e poi comunque in Italia viste le vicende col Barbarossa è sicuramente percepito come qualcosa di non dovuto, al pari della mancia :D evidentemente in Inghilterra è diverso)...
Comunque l'Hazon in linea traduce "diritti d'autore / (comm.) - rent, canone di concessione."
In effetti, canone non è una traduzione malvagia (anche se non perfetta: corrispondenze in grassetto, divergenze sottolineate):
Treccani in linea ha scritto:cànone s. m. [dal lat. canon -ŏnis, gr. κανών -όνος (der. di κάννα “canna”), termine che indicò originariamente la canna, e quindi il regolo usato da varî artigiani, da cui poi, sin dall'età omerica, i sign. traslati] [...] 4. Nel codice teodosiano, canon significa l'ordinamento dei tributi in natura delle province (canon frumentarius). Da qui, prestazione in denaro o in derrate, che viene corrisposta a intervalli determinati di tempo quale corrispettivo del godimento di un bene, per lo più immobile, in base a un contratto: c. di affitto; c. di locazione; c. enfiteutico (v. enfiteutico); equo c., nei contratti di affitto di fondi rustici sottoposti a blocco, canone adeguato alla produttività del fondo (recentemente, la locuz. è stata estesa anche alla locazione di immobili urbani, dando peraltro al concetto di “equità” un'interpretazione bilaterale, da un lato come adeguata remunerazione del capitale investito nell'immobile, e dall'altro come onere sopportabile dall'inquilino in relazione alla sua posizione economico-sociale); c. annuo, mensile; pagare, riscuotere un canone. Il termine è usato anche per indicare la nota periodica di alcuni particolari tributi: c. d'abbonamento, alla radiotelevisione, all'imposta sull'entrata (ora abolita), ecc
Aliquota pouò andar bene in alcuni casi, ma non in tutti (mica sempre il compenso è proporzionale alle vendite, no?).
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Ma no, ho cambiato idea: regalìa è la traduzione etimologicamente perfetta, ed inoltre sarebbe anche più precisa (canone e aliquota hanno altre sfumature o non andrebbero sempre bene).
Le sfumature si perdono (e poi non credo che sia una parola così conosciuta da renderle un problema).
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Passo a tutt’altro. Ieri, in una lettera privata, Infarinato ha usato la parola serviente per server: a me pare il traducente acconcio. Da una parte evita la difficile assuefazione alla risemantizzazione di servitore e servente; dall’altra, essendo poco comune ma trasparentissimo, il termine non dovrebbe incontrare molta resistenza (mi sembra cioè avere tutto per essere accolto nell’uso); infine, il Battaglia riporta l’accezione generica «adibito a un particolare uso».
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Marco1971 ha scritto:Passo a tutt’altro. Ieri, in una lettera privata, Infarinato ha usato la parola serviente per server: a me pare il traducente acconcio. Da una parte evita la difficile assuefazione alla risemantizzazione di servitore e servente; dall’altra, essendo poco comune ma trasparentissimo, il termine non dovrebbe incontrare molta resistenza (mi sembra cioè avere tutto per essere accolto nell’uso); infine, il Battaglia riporta l’accezione generica «adibito a un particolare uso».
Ottimo.

Aggiungo un altro termine da tradurre: gadget.
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Intervento di Infarinato »

Federico ha scritto:Aggiungo un altro termine da tradurre: gadget.
L’Hazon dà già degli ottimi traducenti: congegno, dispositivo; aggeggio, arnese; piccola invenzione. Io insisterei su aggeggi(n)o, cui è pure assonante, e aggiungerei anche accessorio (sost.).
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Federico ha scritto:Aggiungo un altro termine da tradurre: gadget.
In italiano si potrebbe benissimo adoperare aggeggio o gingillo. E se non erro, il Castellani usava l’adattamento gaggetto, che mi sembrerebbe la soluzione migliore. Infatti la stessa origine del termine inglese è incerta; tuttavia uno dei possibili etimi (riportati dall’Oxford English Dictionary) sarebbe il francese gâchette (nottolino/grilletto).

Il valore di gadget in italiano, secondo il GRADIT, è:
piccolo oggetto, accessorio curioso e originale, spec. di scarsa utilità pratica / oggetto offerto spec. a scopo promozionale
Un dizionario dell’uso inglese come il COBUILD lo definisce cosí:
A gadget is a small machine or device which does something useful. You sometimes refer to something as a gadget when you are suggesting that it is complicated and unnecessary. ...kitchen gadgets including toasters, kettles and percolaters. ...the latest gadget for the technology obsessed: pocket-sized computers that you write on with a pen.
Io tradurrei cosí:

...accessori da cucina, compresi tostapane, bollitori e caffettiere a filtro.

...l’ultimo aggeggio/gaggetto per i patiti della tecnologia: computieri tascabili su cui si può scrivere con la matita.


Sicuramente, nel senso di oggetto inutile, favorirei gaggetto.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ho ritrovato il brano, che riporto piú estesamente del necessario per la sua bellezza (tratto dal solito articolo Morbus anglicus):
Il Baby Market è accanto alla fermata del 7; aspettando il quale ho un po’ di tempo per esaminare i balocchi – se cosí si posson chiamare – esposti nelle vetrine (sopra una delle vetrine c’è scritto Gadgets, e va bene; sopra un’altra, incongruamente, Cartoleria, e a leggere quel nome antico vien quasi uno struggimento di cuore). I balocchi o gaggetti son chiusi in contenitori figurati o provvisti d’una finestra di plastica che permette di vedere l’interno: ci sono i Transformers, l’Animal Ramper, il Flex, il Cross Boss (nelle versioni Cruiser e Roll Bar), e i Sectaurs, «i terribili uomini-insetto» (parola certo ricavata da insect e centaur, a indicare un essere mezzo uomo e mezzo animale, qual era il centauro in tempi piú tranquilli), con Dargon, «il principe generoso del Regno Splendente», e Dragonflyer «la sua intrepida cavalcatura alata», oppure col generale (anzi general) Spidrax, «signore del Male, comandante supremo delle armate del Dominio Oscuro» e Spiderflyer «il suo ragno alato», le cui ali, come quelle del collega buono, funzionano a pile (le pile non sono incluse nel prezzo, che tuttavia, trattandosi d’un’offerta speciale, è ridotto da 69.000 lire a 48.300). Ma passa il 7, che mette fine alla mia esplorazione.
Avatara utente
Federico
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Intervento di Federico »

Infarinato ha scritto:L’Hazon dà già degli ottimi traducenti: congegno, dispositivo; aggeggio, arnese; piccola invenzione.
Marco1971 ha scritto:...accessori da cucina, compresi tostapane, bollitori e caffettiere a filtro.

...l’ultimo aggeggio/gaggetto per i patiti della tecnologia: computieri tascabili su cui si può scrivere con la matita.
Tutti casi però per cui non è usato gadget in italiano, mi pare (forse quello elettronico)...
Marco1971 ha scritto:Il valore di gadget in italiano, secondo il GRADIT, è:
piccolo oggetto, accessorio curioso e originale, spec. di scarsa utilità pratica / oggetto offerto spec. a scopo promozionale
Questo e solo questo valore, per quanto ho potuto constatare.
Infarinato ha scritto:Io insisterei su aggeggi(n)o, cui è pure assonante, e aggiungerei anche accessorio (sost.).
Aggeggio (aggeggino) a giudicare dalla definizione del Treccani è la traduzione perfetta:
Treccani in linea ha scritto:aggéggio s. m. [etimo incerto]. – Cosa da nulla, ninnolo, gingillo: che devo fare di questi a.?; che a. sono questi?; spesso per indicare un oggetto, uno strumento qualsiasi: dammi quell'a.; che fai con codesto a.? Fig., pasticcio, imbroglio: in che a. mi son messo!
Eppure a me "aggeggio" dà l'idea di un qualcosa di meccanico, o elettronico: i "computieri tascabili su cui si può scrivere con la matita" sono sicuramente aggeggi (ma è un mio parere personale: probabilmente i loro produttori non sarebbero d'accordo); anche un "gadget" che si muove (tipo quelle diavolerie che vendono per strada i cinesi: cani saltellanti, robot semoventi, "babbi natale" danzanti...) è indubbiamente un "aggeggio"; ma di certo non mi verrebbe naturale definire "aggeggio" un banale pupazzetto di peluche, per esempio. Non so se sia una mia percezione isolata del valore di questa parola...
Accessorio: lo suggeriscono anche il Garzanti e il De Mauro in linea; però non mi dà l'idea di qualcosa di poco valore (materiale): va sicuramente bene per i "gadget elettronici" citati da Marco, di meno per altri (anche qui naturalmente mi riferisco alla mia percezione personale della parola)...
Comunque, nella definizione di aggeggio si trovano delle proposte molto interessanti: ninnolo è perfetto, dato che è
Treccani in linea ha scritto:Giocattolino, balocco, trastullo per bambini. Per estens., gingillo, oggettino per ornamento; soprattutto al plur., per indicare i soprammobili (fr. bibelots) costituiti da statuine, tabacchiere, orologi, ecc., venuti di moda nel sec. 18° e spec. nel rococò francese. Fig., cosa di poco rilievo: perdere il tempo tra ninnoli e nannoli, in occupazioni futili, senza costrutto.
Gingillo, poi, forse è anche meglio:
Treccani in linea ha scritto:gingillo s. m. [voce onomatopeica]. – Ninnolo, ciondolo, usato per ornamento: un cappellino da maschera coperto di gingilli; casa piena di gingilli; anche, balocco o coserella di poco conto: ho comperato alcuni g. per il bambino. Per estens., riferito a oggetti o anche a meccanismi che nel loro genere sono piccoli, graziosi, delicati: una vetturetta che è proprio un g.; con altro senso, spec. al plur., trastullo che fa perdere tempo inutilmente, occupazione vana cui ci si dedica per divertimento: consumare il tempo in gingilli; aver la testa ai gingilli
Tutto questo, naturalmente, ammesso che io e il GRADIT (se l'ho interpretato bene, naturalmente...) abbiamo ragione sull'uso in italiano della parola gadget...
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