Riguardo ai composti con multi di cui sopra, si riferiscono tutti a oggetti e come dice lei sono tecnici, mentre si vorrebbe riferire multicompito a una persona, e in accezioni non tecniche. Non funziona.

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Ossia, quelli che piacciono a lei. Perché che siano acconci (a meno di non essere accompagnati da lunghe glosse contestualizzate) è tutto un altro discorso.Marco1971 ha scritto:Non è detto che non funzioni. Suona strano, questo sí; ma talvolta le estensioni semantiche superano anche questo. Per il resto sono già stati messi in lista gli equivalenti acconci.
Ottimo simultaneista almeno come tentativo iniziale. Il problema con i vari tuttofare, polivalente ecc. è che non hanno la connotazione di simultaneità nell'esecuzione; tuttofare significa factotum, handyman; polivalente significa versatile, ecc.Infarinato ha scritto:Si potrebbe anche ripescare [dal gergo scacchistico] simultaneistaFreelancer ha scritto:Invece mi sembra che suoni già meglio Come essere multifunzionali che si presta di più al gioco linguistico…(…mi riferisco ovviamente all’uso figurato).
P.S. Traducenti emendati.
In [i]La lingua italiana d'oggi [/i](1967) Bruno Migliorini ha scritto:FÉERIQUE
Trovare l'esatta traduzione di un vocabolo forestiero è alle volte cosa facile e ovvia; altre volte si deve a un felice intuito, che può tardare qualche decennio a manifestarsi.
Quando Giovanni Rajberti, il medico-scrittore caro non soltanto ai milanesi, descrisse nel 1857 in chiave umoristica nel suo Viaggio di un ignorante le avventure di un viaggio a Parigi, si trovò alle prese con un aggettivo relativamente nuovo, perché nato poco più di vent'anni prima, féerique; e si rassegnò a dichiararlo intraducibile: "uno spettacolo féerique: parola che non si può adeguatamente tradurre, perché fu inventata dai parigini per la sola Parigi".
Parola parigina in questo senso: dal vecchio significato di féerie "mondo fantastico in cui regnano le fate" (che già nel Settecento il Salvini aveva tentato di tradurre con fateria) si era svolto in età romantica a Parigi un significato nuovo: quello di spettacolo teatrale in cui apparivano in scena fate, maghi e simili; e poco dopo se n'era tratto l'aggettivo féerique. I vocabolari bilingui dell'ultimo Ottocento (come il Ghiotti maggiore) non sanno tradurlo che con magico, incantevole, mirabilmente bello, cioè si fermano al pressappoco.
E ancora alcuni anni fa Bruno Barilli non seppe far di meglio che adattare la parola, in feerico: assai male, perché chi legge il vocabolo senza conoscere quello francese, non è in grado di capirlo.
Ma intanto era sorto in italiano l'aggettivo fiabesco (che mancava ancora al Tommaseo e al Petrocchi): Eugenio Checchi (Tom) parlava nel 1920 di un "giardino fiabesco". E a qualcuno venne in mente che se féerie è uno spettacolo di fate, uno spettacolo da fiaba, la corrispondenza tra féerique e fiabesco è quasi perfetta.
Anche fantasmagorico può andare abbastanza bene per rendere féerique, ma senza che si alluda altrettanto nettamente alle fate o alle fiabe; basti ricordare che il nome di fantasmagoria fu coniato a Londra nel 1802 per indicare uno spettacolo di illusioni ottiche prodotto per mezzo di una specie di lanterna magica.
Neanche multitasking contiene, di per sé, come composto di multi- e tasking, l’idea di simultaneità delle azioni svolte. Eppure le è stata attribuita questa particolare valenza. Come non bisogna esagerare coi calchi, cosí non bisogna lasciarsi impressionare dal significato che una parola ha assunto in un’altra lingua, di cui una parola nostra potrebbe anche arricchirsi.Freelancer ha scritto:Il problema con i vari tuttofare, polivalente ecc. è che non hanno la connotazione di simultaneità nell'esecuzione...
Mi associo al bellissimo simultaneista.Infarinato ha scritto:Si potrebbe anche ripescare [dal gergo scacchistico] simultaneistaFreelancer ha scritto:Invece mi sembra che suoni già meglio Come essere multifunzionali che si presta di più al gioco linguistico…(…mi riferisco ovviamente all’uso figurato).
Sono, come tutti sanno, un devoto ammiratore di Bruno Migliorini, di cui indirettamente ho ereditato qualche insegnamento per interposto professore, se cosí posso esprimermi. Ma qui non posso fare a meno di chiedermi: se feerico (presente nel GRADIT e nel Battaglia, con esempi d’autore) non va bene per un motivo di comprensione, perché féerique (o féérique) sarebbe comprensibile? Voglio dire: l’introduzione d’una parola nuova nell’uso richiede quasi sempre un periodo di acclimazione; all’inizio si sente una parola, non si sa cosa vuol dire e ci si basa sul contesto per interpretare. Ora, che la parola sia cruda o rivestita, che differenza fa, per quanto riguarda la comunicazione? Nessuna, credo.Bruno Migliorini ha scritto:E ancora alcuni anni fa Bruno Barilli non seppe far di meglio che adattare la parola, in feerico: assai male, perché chi legge il vocabolo senza conoscere quello francese, non è in grado di capirlo.
A me suona orribile, e che sia inadatto lo dimostra il fatto che poi il traducente giusto è saltato fuori. È un tipico adattamento secondo il sistema fonomorfologico italiano ecc. ecc. come tanti altri proposti periodicamente ma che non convincono e non persuadono.Marco1971 ha scritto:Naturalmente fiabesco è un equivalente ineccepibile e perfetto (toglierei forse il ‘quasi’); ma questo non impedisce a due parole di convivere come sinonimi, e feerico /fe'Eriko/ suona molto musicale al mio orecchio, mi richiama etereo, e tutto ciò che si associa ai mondi fantastaci.
Lei sa bene che il punto non è come suona (e se a lei suona orribile, suona orribile; potrebbe non essere cosí per altri, è soggettivo). Il punto è: perché accettare féerique e non feerico? Perché la parola straniera suona forse meglio, specie se storpiata?Freelancer ha scritto:A me suona orribile, e che sia inadatto lo dimostra il fatto che poi il traducente giusto è saltato fuori. È un tipico adattamento secondo il sistema fonomorfologico italiano ecc. ecc. come tanti altri proposti periodicamente ma che non convincono e non persuadono.
Io non voglio (non avrei voluto) accettare né l'uno né l'altro. Avrei voluto un traducente adatto, che poi si è trovato. E la penso così per tutti i forestierismi.Marco1971 ha scritto:Il punto è: perché accettare féerique e non feerico? Perché la parola straniera suona forse meglio, specie se storpiata?
A me sembra invece che lei usi due pesi e due misure, visto che si piega a cose come computer e mouse ma rifiuta certi calchi o certe equivalenze che anche nell’originale forma non hanno tutti i requisiti per significare quel che significano.Freelancer ha scritto:Io non voglio (non avrei voluto) accettare né l'uno né l'altro. Avrei voluto un traducente adatto, che poi si è trovato. E la penso così per tutti i forestierismi.
Mi riferivo, chiaramente, a quei forestierismi non ancora ormai così radicati nell'uso. Ma non vorrei ricominciare i soliti discorsi. Volevo solo sottolineare che non si deve cercare subito il calco o l'adattamento; magari alla fine risulteranno la soluzione adottata da tutti, ma val la pena provare soluzioni diverse, non così immediate. Solo per questo respingo subito un multicompito, come pure tuttofare o polivalente; si può senz'altro far meglio. Simultaneista è un buon passo iniziale, come ho già detto. Perché non importa che il foresterismo non abbia intrinsecamente un certo significato; una volta che nella ingua originale abbia assunto una certa connotazione, anch'essa deve essere riprodotta nel corrispondente termine; non è possibile partire dal semplice calco e sperare che anch'esso assuma nel tempo la stessa connotazione. Così la penso io, almeno.Marco1971 ha scritto:A me sembra invece che lei usi due pesi e due misure, visto che si piega a cose come computer e mouse ma rifiuta certi calchi o certe equivalenze che anche nell’originale forma non hanno tutti i requisiti per significare quel che significano.
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