«Negozio di animali»

Spazio di discussione su questioni di lessico e semantica

Moderatore: Cruscanti

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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Dalle mie parti ho visto un negozio di cibo e accessori per animali che si chiama Animaleria. Personalmente questa soluzione non mi dispiace affatto. :)

Ah, ovviamente anche quest’àmbito ha subíto l’influsso dell’inglese: oltre a pet shop, ho sentito anche, in una pubblicità per radio, pet food.
sara88
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Intervento di sara88 »

Grazie a tutti per l'accoglienza e per le risposte. Quello che mi chiedevo era, appunto, cosa rispondesse "il venditore di animali" alla domanda "che lavoro fai?". Pensavo davvero che esistesse una risposta più sintetica e più specifica di "il venditore di animali" o peggio ancora di "vendo animali". Pet shop è la traduzione letterale di "negozio di animali", quindi non essendo un termine specifico nemmeno in lingua inglese preferisco la versione italiana o magari animalaio. :)
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

sara88 ha scritto: Quello che mi chiedevo era, appunto, cosa rispondesse * "il venditore di animali" alla domanda "che lavoro fai?".
*Forse intendeva cosa risponderebbe. :wink:
sara88
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Iscritto in data: ven, 23 dic 2011 15:20

Intervento di sara88 »

ahahahahah queste vacanze di natale e i fumi dell'alcool mi hanno fatto male. Grazie per la correzione, da oggi non ci sono più scuse :D
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Sandro1991 ha scritto:
sara88 ha scritto: Quello che mi chiedevo era, appunto, cosa rispondesse * "il venditore di animali" alla domanda "che lavoro fai?".
*Forse intendeva cosa risponderebbe. :wink:
Secondo me il congiuntivo e' giusto. Da' un significato diverso alla frase, e' come dire "Mi chiedevo cosa ci facesse li'", che e' una frase corretta.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

No, ha ragione Sandro. Il congiuntivo imperfetto non regge in questa frase, perché stabilisce un rapporto di contemporaneità nel passato: Mi chiedevo [in quel momento] cosa rispondesse [in quel momento] (cosa stesse rispondendo); mentre qui si vuole esprimere un rapporto di posteriorità, seppur virtuale, indicato dal condizionale. ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

giulia tonelli ha scritto:Secondo me il congiuntivo e' giusto. Da' un significato diverso alla frase, e' come dire "Mi chiedevo cosa ci facesse li'", che e' una frase corretta.
Perché usa l'apostrofo al posto dell'accento? ha i tasti della è e della à rotti? :mrgreen:

Non è una pedanteria, beninteso. Che la nostra tastiera sia un obbrobrio è cosa nota, ma, quei pochi caratteri che ci sono... s'hanno d'adoprare ammodo. Non se la prenda... poi, è anche cacografico e', non crede?
Ultima modifica di Sandro1991 in data mar, 27 dic 2011 2:16, modificato 1 volta in totale.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sandro1991 ha scritto:...s'hanno d'adoprare ammodo.
Noterella a piè di pagina (:D): non si può elidere la preposizione da, tranne che in poche locuzioni cristallizzate, come d’ora in poi, d’altra parte, ecc. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

…Tanto piú che qui io forse userei a: s’hanno a adoprare ammodo, come nel pisano s’ha a dì d’andà? :D
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Sandro1991
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Intervento di Sandro1991 »

Marco1971 ha scritto:...non si può elidere la preposizione da, tranne che in poche locuzioni cristallizzate, come d’ora in poi, d’altra parte, ecc.
Nol sapevo, gentile Marco; grazie della preziosa noterella. ;)

A essere sincero ho pure cercato su Google libri; leggendo d'adoperare in Pellico e Nievo, ho concluso, frettolosamente, che era corretto, non pensando che quel d' fosse un di. :oops:
Infarinato ha scritto:Tanto piú che qui io forse userei a: s’hanno a adoprare ammodo, come nel pisano s’ha a dì d’andà?
Mi sono semplicemente basato sul classico non s'ha da fare manzoniano... ora che me lo fa notare, non so quale sia quella corretta... (ma forse entrambe. :D)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Sandro1991 ha scritto:Mi sono semplicemente basato sul classico non s'ha da fare manzoniano... ora che me lo fa notare, non so quale sia quella corretta... (ma forse entrambe. :D)
Diciamo che s’ha a fare è prettamente toscano; nella lingua sovrarregionale si dirà si ha da fare. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Infarinato »

:? Forse oggi, ma avere a è ben rappresentato nella nostra letteratura (cfr. Treccani, s.v. «avere²», accezione 5e, anche per un esempio manzoniano :)), e d’altra parte direi che, sempre oggi [perlomeno nella lingua parlata], i due costrutti rimangono ristretti all’Italia centrale…

Piuttosto, mi sembra che, oggigiorno, mentre aversi a consente un uso passivante, aversi da registri solo quello impersonale puro. E.g.:
  • S’ha a/da mangiare la pasta.
  • S’ha a/da mangiare i fagiolini.
  • S’hanno a/??da mangiare i fagiolini.
Che ne dite? È solo una mia impressione? :roll:

(Inoltre, almeno in toscano moderno, nelle frasi precedenti avere a ha una sfumatura piú immediatamente interpretabile come «esortativa» piuttosto che «deontica», mentre avere da è decisamente deontico.)
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Personalmente ritengo del tutto accettabile la frase cui hai apposto il doppio punto interrogativo... Per quanto riguarda la frequenza in letteratura, la mia ricerca mi dà questi risultati:

s’ha a: 149
s’ha da: 408

Una netta prevalenza, dunque, della costruzione con da. :)

Per s’hanno da, abbiamo buone attestazioni (48 in tutto il repertorio BIZ[a], dal Tre al Novecento):

Han fatto malissimo, e se non vanno confusi cogli altri scrittori vernacoli, certo però non s’hanno da tenere per italiani ma per toscani o fiorentini o sanesi, e per iscrittori non già nazionali, ma provinciali, ovvero anche, se così posso dire, oppidani. (Leopardi, Zibaldone)

E realmente si può ben odiare molte persone in una volta; perché invece non s’hanno da poter amare? (D’Azeglio, I miei ricordi)

E chi la chiamerà quella sfacciata? Ma che esperienza poi, che esperienza può aver lei, se ancora... in nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo. S’hanno da vedere di queste cose ai giorni nostri? in un paesello come il nostro? Vih... vih... vih... (Pirandello, Donna Mimma)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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