Sinitico – ho appena controllato – non è nel GRADIT né nel Battaglia (e neanche nel supplemento 2004). Si tratta quindi d’un termine d’introduzione recente in italiano, e felicemente adattato (anche se non era difficile ).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Marco1971 ha scritto:Sinitico – ho appena controllato – non è nel GRADIT né nel Battaglia (e neanche nel supplemento 2004). Si tratta quindi d’un termine d’introduzione recente in italiano, e felicemente adattato (anche se non era difficile ).
Sarà anche «felicemente adattato» (per cui il purista strutturale è contento), caro Marco, ma morfologicamente non è ben formato (per cui il neopurista storce un po’ il naso): il suffisso -itico presuppone (sincronicamente o diacronicamente) un -ita o un -ite (al contrario dell’inglese -itic, che sembra godere di una sua autonomia)…
Ma, se si tratta di un adattamento dell’inglese (d’altronde Google Libri rivela che è nell’uso specialistico non proprio da ieri), la questione della corretta formazione non si porrebbe, a mio avviso. Si porrebbe se il termine fosse una formazione indigena. O sbaglio?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Non sbagli, ma (1) esistendo già sinico in italiano e (2) trattandosi d’una formazione colta in cui è ben individuabile la radice, ci si sarebbe aspettati una maggiore consapevolezza linguistica da parte di coloro che hanno introdotto/accettato il neologismo nella nostra lingua… Chiedo troppo?
Ah, avevo trascurato il fatto dell’esistenza di sinico. In tal caso sinitico mi appare sotto altra luce: buttiamolo via!
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Un altro dizionario in linea (non trovo piú il collegamento) dice che sinitic si è formato in inglese per analogia con semitic.
Forse avremmo dovuto dire anche *semico?
Attualmente, sinitico è maggioritario nei testi che trattano di linguistica, ma in rete ho trovato anche qualche articolo che parla di «lingue siniche».
Su Wikipedia invece, soltanto la versione in portoghese cita l'alternativo línguas* sínicas accanto a línguas* siníticas.
Nella versione russa, sembra che parlino semplicemente di lingue cinesi, ma non sono sicuro visto che non so il russo.
Ed è perfettamente accettabile, essendo sinico e sinitico formazioni dotte, che non hanno significati differenti da «cinese».
*P.S. aggiunte le s del plurale che mi erano sfuggite. Grazie a Brazilian Dude!
Ultima modifica di SinoItaliano in data lun, 26 mar 2012 15:33, modificato 4 volte in totale.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
SinoItaliano ha scritto:Un altro dizionario in linea (non trovo piú il collegamento) dice che sinitic si è formato in inglese per analogia con semitic.
Forse avremmo dovuto dire anche *semico?
Via, non faccia torto alla sua [e alla nostra!] intelligenza: si dice semita, no? *Sinita non esiste.
Chiedo scusa, non ci avevo pensato... (la stanchezza serale e la dieta mi fanno brutti scherzi. )
Anzi, avevo fatto questo ragionamento giorni prima quando leggevo il suo intervento, e poi mi è sfuggito qualche minuto fa quando scrivevo.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
Purtroppo adesso la maggior parte degli studi di ricerca sono condotti in inglese.
I traduttori spesso traducono male dall'inglese, con calchi linguistici, adattamenti diretti, senza pensare alle parole attestate nella propria lingua.
E queste traduzioni verranno usate anche da altri studiosi in materia, e passano cosí alle enciclopedie, su Wikipedia e perfino nel Treccani.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.