Caro
Ivan, queste sono le tipiche
cruscate, in cui la domanda iniziale diventa l'occasione di una discussione più ampia in cui si confrontano diverse posizioni.
Forse possiamo aggiungere qualche ulteriore elemento di riflessione.
Prima riporto qualche ulteriore dato.
A differenza dell'edizione a cui fa riferimento
Infarinato [quale?] l'edizione 2002 del
Sabatini Coletti riporta il verbo riflessivo come accezione del lemma
ingozzare e non come lemma a parte, sempre con la definizione 'mangiare in fretta e con avidità, riempirsi di cibo'; simile quindi all'accezione di
ingozzare 'trangugiare, mangiare qualcosa con avidità'; e non all'altra: 'riempire qualcuno di cibo, nutrirlo a forza'.
Analogo trattamento si ritrova nel
Garzanti 2007 (dir. scientifico Giuseppe Patota).
L'unico vocabolario, tra quelli nominati, che lemmatizza a parte il riflessivo è il
GRADIT. In questo caso si tratta però di una scelta particolare per l'opera lessicografica che lemmatizza a parte tutte le forme pronominali dei verbi come anche i participi passati (nella stesura delle voci in questione si prescinde quindi da indicare relazioni, sia sintattiche che semantiche, con le accezioni del lemma principale).
In sintesi non vi è alcun vocabolario, tra quelli nominati, che esplicita una relazione, a livello di definizione, tra il verbo riflessivo è l'accezione del verbo
ingozzare che traduce il concetto di 'nutrirsi a forza'.
Nessun vocabolario quindi, come sostenevo, privilegia l'aspetto sintattico su quello semantico. Nessun vocabolario pone cioè il riflessivo sotto l'accezione 'introdurre forzatamente il cibo' del verbo
ingozzare.
Come dicevo, il privilegiare l'aspetto sintattico su quello semantico, contrasterebbe con la natura stessa di "accezioni di un lemma" che consiste nel distinguere i vari
significati del lemma stesso.
Da ultimo rispondo al caro
Ferdinand.
Il Treccani ha scelto di privilegiare il piano semantico su quello sintattico, ma non vedo, personalmente, ragioni stringenti per farlo, né l’argumentum ad auctoritatem è valido per dimostrare la bontà di questa scelta. Che confusione potrebbe generare l’inclusione nella seconda accezione, se discutiamo di sfumature quasi impercettibili di significato.
Perché non sarebbe valido argomentare la scelta riferendosi a quanto riportato dai nostri migliori vocabolari? Se fossimo in una
chat potrei forse darle ragione ma per noi dilettanti i testi autorevoli non possono non rappresentare sempre un punto di riferimento per le discussioni.
In piú, anche la prima accezione ha in sé una cert’idea di forza e violenza (*), sicché il primo significato sfuma facilmente nel secondo. In ogni caso, il riflessivo non è certamente stato creato per l’ambiguità (apparente) di frasi come «ingozzo un’oca»; e la trattazione separata d’ingozzarsi che fa il GRADIT è una giusta via di mezzo, ché, anche semanticamente, ingozzare spaghetti e ingozzarsi di spaghetti non sono la stessa cosa: nel primo caso inghiotto avidamente un piatto di spaghetti, nel secondo mi riempio, con avidità e con una certa forzatura, soltanto di spaghetti. Come si vede, ingozzarsi di qualcosa implica un’idea di riempimento che l’accosterebbe piuttosto al secondo significato, perciò nemmeno la scelta semantica è cosí pacifica.
È naturale che i significati delle accezioni, per loro definizione, possano sfumare l'uno con l'altro (altrimenti sarebbero lemmi distinti!). Per quanto riguarda poi l'idea di 'forzatura e violenza', relativa al significato del verbo riflessivo, questa ipotesi rimane sostenuta solo da lei e
Infarinato, ma non si trova esplicitata in
nessuna accezione del riflessivo riportata dai vocabolari, mentre molti vocabolari esplicitano l'idea di forzatura riferita all'accezione di
ingozzare 'nutrire qualcuno di cibo'.