Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 23 ott 2021 17:05
Mi ero ripromesso di non intervenire per lasciare spazio ai suoi contributi, certamente piú interessanti e approfonditi dei miei semplici rimandi. Aggiungo soltanto un paio di considerazioni. Mi pare che la sua ipotesi sia molto elegante, ma sia difficile trovare riscontri solidi per dimostrarla. Ci sarebbe bisogno di fare una tale quantità di ricerche (senza la garanzia di un esito fruttuoso) da scoraggiare anche chi avrebbe il tempo per condurle.
In realtà, i suoi interventi sono sempre ben graditi ed estremamente utili oltre a risultare perfettamente centrati sull'argomento. Personalmente, non avevo considerazioni che non avessi già espresso, mentre l'interattività può sempre fornire a tutti nuovi spunti.
Approfitto per ringraziare doverosamente l'Infarinato che, mettendo a disposizione di tutti, le pagine del LEI che riguardano il contenuto in oggetto, praticamente ha consentito a tutti di prendere visione - in un testo di dimensioni abbordabili - di 170 anni di storia etimologica in merito. Un testo tale non può risultare - inevitabilmente - molto sintetico, ma consente ai lettori di poter essere posti al corrente di tutte le ipotesi formulate dagli studiosi nel corso del tempo, obiettivo, altrimenti, tutt'altro che immediato, dal momento che non tutti i loro testi risultano disponibili in rete.
Fortunatamente, per altro, la linguistica non è dogmatica, sicché ritengo personalmente doveroso mostrarsi perplessi rispetto ad alcune proposte di "dimostrazioni etimologiche" che operano al limite della contraddizione rispetto agli studi consolidati sulla linguistica italiana (e la relativa parte dialettologica). Detto altrimenti - in linguaggio "sistemico" -, se il veneziano e il genovese medievali presentano - della stessa parola - l'uno un esito in /ʧ-/ e l'altro una forma caratterizzata da /ʦ-/, credo che l'unica conclusione legittima che se ne possa trarre è che uno dei due esiti non può essere stato prodotto "internamente" al proprio "sistema". Altrimenti si dovrebbe sconfessare il parallelismo dei due "sistemi", studiato da più di due secoli dalle migliori menti della linguistica e ancora verificabile direttamente oggigiorno relativamente a una numerosità molto elevata di voci appartenenti ai due rispettivi lessici. Questo è un aspetto che balza agli occhi e al quale il LEI non accenna minimamente. Allo stesso modo non è affatto "normale" che genovese e toscano abbiano - entrambi - per la stessa parola /ʧ-/ come fonema iniziale. E neppure questo "particolare" anomalo viene preso in esame dal LEI. Firenze è una "città", ma Genova è una "sitæ"/si'tɛ:/<"çitâe" (ç =/ʦ-/<
ci- latino). Facciamo parlare direttamente la lingua, non i "giochi d'abilità" di tipo etimologico. Quando Genova ha /ʧ-/come Firenze, è solo perché di tratta d'un italianismo, cioè d'un prestito diretto dal livello della lingua colta, come, ad es., in "Cin-a" /'ʧiŋa/ = Cina ecc.. Quindi o il toscano ha preso il prestito dal genovese o vale l'opposto. Trattandosi d'una voce relativa alla marineria, potrei anche avere una mia opinione, ma Pisa, ad es., era una repubblica marinara ... Al contrario, ritengo incomprensibile la transizione evolutiva *céulesma>*cyúlesma>*clulesma>*clusma, la quale sembra contraddire la linguistica italiana. E' da /klu-/ che, evolutivamente, s'ebbe /kju-/ - tramite /kʎu-/>/kçu-/ -, non l'opposto. Ma ciò vale per il fiorentino. Veneziano e genovese non sembra siano passati per /kj-/, ma da /kʎu-/ s'ebbero /kçu-/>/tçu-/>/ʧu-/. Occorrerebbe accettare che si debba/possa trovare una spiegazione migliore/vera. Nell'ambito d'un approccio scientifico non si potrebbe procedere diversamente. Quanto lei scrive è vero, ma, se ben poche sono le attestazioni di
pleroma per equipaggio, quelle di
celeu(s)ma - relativamente allo stesso significato - sono, al momento, nulle. Allora, occorrerebbe indagare anche in questo senso, ma dubito fortemente che se ne troverebbero. Tuttavia, finché si ammettono etimi diversi per il genovese e il veneziano, occorre dire che l'ipotesi rappresentata per il genovese da
πλήρωμα non contraddice alcuna acquisizione conseguita dagli studi linguistici. Inoltre, se si nega che si tratti di un prestito dal genovese - che, ricordo, è un'ipotesi originariamente prescientifica - occorre riscontrare una spiegazione che vada bene almeno per veneziano, toscano e genovese, magari ricorrendo a prestiti, ma senza dover negare - nel caso specifico - il parallelismo veneziano-genovese, che risulta troppo evidente - se davvero la soluzione implica l'etimo
κέλευ(σ)μα - e che sarebbe velleitario non ammettere, se pure, personalmente, io non riesca a poter credere che
κέλευ(σ)μα si sia presentato in Italia due volte e con diverse "caratteristiche di plasmabilità".
Credo, inoltre, che anche lo studio di Franco Fanciullo dedicato a
celeu(s)ma - menzionato dal Toso, ma non accessibile in rete, se non erro - sia su base meramente speculativa. E basato sulla stessa "associazione mentale" del filologo tedesco Diez di 170 anni fa, in quanto neppure il Diez aveva a disposizione alcuna attestazione.
Se il Fanciullo avesse riferito delle attestazioni, penso che il LEI le avrebbe riportate. Quindi,
celeu(s)ma nel senso d'equipaggio - lasciando perdere che si tratti della sua prima o seconda "venuta" tra noi - credo sia, comunque, privo d'attestazioni. Mentre
pleroma, per altro confermato in questo significato dagli studiosi, qualcuna ce l'avrebbe ...
Normalmente l'etimo di una stessa parola è lo stesso per i diversi dialetti e le differenze sono proprio dovute a prestiti o all'evoluzione specifica dei diversi
sistemi che accolgono la stessa voce etimologica e la sottopongono ai propri processi evolutivi. I quali fanno del veneziano il veneziano, del genovese il genovese ... che s'ammette partano tutti da uno stesso etimo romanzo/latino. Ma se gli esiti del veneziano e del genovese in merito a
ce-, ci- e a
cl- sono identici e l'etimo è
c(e)leu(s)ma - quindi o
ce- o
cl- -, ammesso che sia vero che la prima /e/ abbia raggiunto lo zero fonico, che cosa si dovrebbe poter pensare per non doversi sentire "superstiziosi" o "dogmatici"?
Avevo ipotizzato, del tutto teoricamente, che l'esito genovese di
celeu(s)ma sarebbe stato
siòuma, ma non avevo mai potuto ascoltare una voce simile. Ricercando in rete ho riscontrato
siömma = cantilena noiosa, voce caratterizzata dalla palatalizzazione di
o, un tempo usata in un comune costiero non molto lontano dal capoluogo regionale. La voce è descritta in un articolo del prof. Fiorenzo Toso dell'Università di Sassari intitolato "Parole ritrovate" il cui testo si può trovare in questo
filone.
A questo punto sono, ad es., ancora più convinto che lo stesso etimo,
celeu(s)ma, non possa aver fornito due esiti così lontani, almeno in Liguria.
Ma anche "sciloma" e "ciurma", "ciromma" e "chiorma" ecc. rimangono semanticamente e foneticamente distanti.
Siccome ciò pare verificarsi in tutti gl'idiomi presi in considerazione, non sarebbe, allora, possibile ipotizzare che, anziché di due diverse
comparse dello stesso etimo - sia pure in "abbigliamenti" diversi -, possa trattarsi, banalissimamente, di due etimi differenti. Cui, semplicemente, nessuno abbia mai pensato a motivo di una perdurante
focalizzazione dell'attenzione. Come nei "giochetti" proposti dagli psicologi. O come quando, nei gialli, ci si accorge che i due fatti indagati vanno davvero attribuiti a due personaggi distinti.
Al contrario, gli studiosi mostrano di non aver capito che il "problema" dell'/s/ e dell'/r/ -citato in modo molto formale - non è altro che un falso problema in quanto - com'è oggettivamente attestato dalle scrizioni antiche - esiste un sistema linguistico in cui le due forme della parola altro non sono che "varianti libere". E, quindi, un solo sistema linguistico potrebbe giustificare tanto gli esiti in /r/ quanto quelli in /s/. Ma, non conoscendo nessuno quest'aspetto, nessuno ci ha mai pensato ... Come nessuno ha mai pensato che esiste/esisteva una grande parte d'Italia - non solo Napoli e Genova e la Sicilia - in cui gli esiti di
cl- e
pl- non risultano assolutamente distinguibili ... ed è un punto importante. Nemmeno il LEI si pone un dubbio in merito.
Formulato ancora diversamente. Sembra che, ormai, gli studiosi si siano resi conto di dover postulare - per le due categorie di voci diverse - etimi diversi. Solo che, non essendosi mai seriamente pensato a candidati distinti, si sostiene che i due etimi debbano conservare un certo grado di
correlazione tra loro.
E s'ipotizza una "seconda venuta" ...
Credo che, se, invece, si fosse riflettuto su
πλήρωμα o altri candidati che tuttavia, personalmente, non riesco a intravedere, si sarebbero potuti sempre ammettere due etimi distinti - il che confermerebbe, per altro, che un etimo solo non risulterebbe sufficiente a spiegare tutto -,ma a grado di correlazione nullo. La differenza è tutta qui ...
Ferdinand Bardamu ha scritto: sab, 23 ott 2021 17:05
Condivido i suoi dubbi sull’evoluzione fonetica proposta dal
LEI, a partire dall’etimo
CELEUSMA. In merito alla semantica, mi chiedo però se non sia plausibile ammettere un’estensione di significato per metonimia, da ‹canto di marinai› a ‹gruppo di marinai›. D’altronde
ciurma ha una
connotazione spregiativa e non è cosí strano ipotizzare il passaggio da ‹canto di marinai› (che non dev’essere stato proprio un coro di angeli) a ‹schiamazzo, gozzoviglia› —si veda il già citato
sciloma coi suoi derivati regionali— a ‹gruppo di marinai (che in quanto tali, secondo lo stereotipo, sono chiassosi) che schiamazzano e gavazzano›.
Condivido, sostanzialmente, le sue considerazioni e il fatto che la semantica sia certamente più "flessibile". Mentre ipotizzare - nell'etimologia - che un esito di derivazione diretta in veneziano, toscano o genovese sia fonematicamente e fonologicamente diverso da quanto, ormai, ampiamente noto "infrangerebbe le regole". E occorrerebbe, invece, indagare su una ragione specifica che valga a spiegare senza "violarle". Per altro, come avrebbe detto Freud: "Chi sono io per impedire un'associazione mentale? ...". "Chi siamo noi?" ... Ma per i fonemi si richiede maggiore oggettività/condivisibilità.
Per altro, solitamente, nelle "associazioni mentali" vale l'inverso. Il primo - in ordine temporale - è il significato funzionale. Segue quello metaforico. Ad es., Il bordello e, probabilmente, anche il chiasso - se pure, in questo secondo caso, non tutti concordino - avevano (e, in parte, conservano) l'accezione funzionale. E, quindi, dovrebbe essere stata la ciurma - oltre al significato funzionale, più importante - a fornire l'ennesimo sinonimo per rumore, frastuono, non l'opposto ... normalmente si va dal determinato concretamente al meno determinabile nel caso di accezione "metaforica" (bordello, chiasso ecc.) ...
Così anche nel caso di sinonimi più volgari.
E, comunque, non c'è, solitamente, alcuna variazione fonetica o relativa all'etimo ... Si pronuncia sempre bordello, indipendentemente dall'intenzione comunicativa ...
Mentre
sciloma e
ciurma fanno riferimento a etimi diversi - sia pure considerabili a correlazione significativa o a grado zero - ...
Per altro, s'era partiti dal genovese e, nel genovese dell'epoca - ho pubblicato i versi dell'Anonimo -, la voce non aveva quest'accezione. Si tratta di stile celebrativo e si rende onore all'
armiraio /ˌa:ŕmi'ŕaʤʤu/. Egli aveva a disposizione uno
stol /'ʃtø:(ŕ)/ = una flotta, composta da un determinato numero di navi. Ogni nave aveva la sua
ihusma = equipaggio, composto da combattenti valorosi e disciplinati. D'altronde, in Liguria, la voce equipaggio è un italianismo molto tardo. E, in italiano, è un francesismo tardo. Mi chiedo, allora, quale fosse il termine usualmente più impiegato per equipaggio in senso non deteriore.