Re: «Führer» e «caudillo»
Inviato: sab, 24 dic 2022 12:15
Se fosse concessa l’onomaturgia, direi furiere per Führer.
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Questo è vero, ma c'è anche da considerare che /fy̍rer/ non è una pronuncia italiana, è meglio adattarla se proprio si vuole usare quel titolo.Rollo Tomasi ha scritto: sab, 24 dic 2022 13:24 Ma in realtà, per come la vedo io, si potrebbero tranquillamente lasciare in originale, dal momento che sono caratteristici di quei paesi e soprattutto, identificano esclusivamente due individui in particolare, infatti vengono usati unicamente per riferirsi a Franco ed Hitler e non ad una generica carica politica, che oltretutto non ha predecessori o successori a cui essere attribuita.
Di fatto, sono dei sostituti del nome reale, quindi si potrebbero considerare quasi come dei nomi propri e lasciarli così.
Gli italiani però dicono "fjurer", generalmente.Lorenzo Federici ha scritto: sab, 24 dic 2022 13:43 Questo è vero, ma c'è anche da considerare che /fy̍rer/ non è una pronuncia italiana, è meglio adattarla se proprio si vuole usare quel titolo.
Mi pare che trascuri, in questo suo argomento, il peso del latino in quanto lingua della diplomazia europea fino all’età moderna. Va chiarito poi che tra i titoli da lei citati non compaiono molti calchi: abbiamo prestiti (marchese, duca, forse conte) e latinismi (imperatore, titolo ripreso da Carlo Magno al latino).G. M. ha scritto: ven, 23 dic 2022 22:50Provo a rispondere io: perché ragià è una parola che appartiene al mondo estraeuropeo "esotico", i cui termini sono adattati più spesso di quanto si faccia per ciò che è "europeo": dove l'Europa è ciò che identifichiamo (o storicamente abbiamo identificato) come la nostra civiltà, in cui si condividono usi, consuetudini, religioni, filosofie, modi di fare e ragionare (e, nella pratica, anche titoli nobiliari, regnanti, guerre, scismi, dinastie che a volte governano un paese e a volte governano l'altro, ecc.). Tradizionalmente, anche per questo carattere di unione, di condivisione implicita, nelle lingue europee (almeno quelle maggiori con cui ci confrontiamo di solito) i concetti "europei" sono stati più calcati, quelli "esotici" più adattati: così appunto più o meno tutti abbiamo (avuto) europeamente marchesi, principi, re e regine, imperatori, conti, duchi; mentre nel mondo "esotico" troviamo anche maragià, scià, visiri, emiri, califfi, valì, negus[si?], scioguni, sultani, eccetera (anche se alcuni di questi, dal punto di vista della funzione, si sarebbero probabilmente potuti rendere in italiano con calchi anziché adattamenti).G.B. ha scritto: ven, 23 dic 2022 18:33 [...] bisogna valutare che il titolo di «duce [del fascismo]» racchiuda in sé le valenze che hanno i titoli stranieri che con «duce» si vuole tradurre e, in secondo luogo, che questi non presentino caratteri esotici che «duce» non ha. Glie la faccio io una domanda: perché, secondo lei, non si è tradotto [sistematicamente] il titolo indiano rājan-, ma si è preferito adattare [non sistematicamente] in ragià?
La Spagna e la Germania, da questo punto di vista, non sono certo terre "esotiche", nemmeno "di confine" (come potrebbero essere sotto certi aspetti i paesi dell'Europa orientale, variamente intesa: un esempio) ma sono anzi nazioni cardine dell'Europa occidentale, come l'Italia.
La definizione che lei ha formulato di duce, mi pare si sovrapponga a quella di dittatore. Vi rientrerebbe pure Kim Jong Un, volendo, eppure il titolo di cui il popolo nordcoreano l'ha fregiato è capo supremo. Uno può dire che i dittatori europei della prima metà del Novecento siano tutti, con un certo grado di approssimazione, duci e se lo dicesse la comunità degli storici, starebbe bene; gli è che non lo fa. Ma, se anche lo facesse, dubito che con quella parola essa tradurrebbe, finalmente, caudillo e per i motivi detti nel mio intervento precedente e per amore della disciplina, che esige precisione, internazionalità ecc. ecc.G. M. ha scritto: ven, 23 dic 2022 22:50 Mi pare che i concetti di duce, Führer e caudillo [...] presentino un'alta coincidenza: in una dittatura, l'uomo forte al comando del paese, guida carismatica della nazione e in cui la nazione s'identifica, assimilato a un condottiero militare nei simboli e negli atteggiamenti (coraggio, virilità, forza, l'uniforme, ecc.). Naturalmente potranno esserci differenze minori, come ci sono sempre tra un caso e l'altro, tra un paese e l'altro, tra un'epoca storica e l'altra; ma mi pare che queste riguardino solo la superficie, mentre il concetto alla base, la sostanza che i tre termini vogliono indicare, sia proprio lo stesso nei tre casi. E, osservata appunto la natura pienamente europea delle due nazioni, il calco mi sembra la soluzione più in linea con la tradizione.
Non capisco questo punto, può spiegarmi meglio?G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 Mi pare che trascuri, in questo suo argomento, il peso del latino in quanto lingua della diplomazia europea fino all’età moderna.
Non mi sono fatto capire: volevo dire che, una volta considerate italiane quelle parole, comunque siano arrivate, sono state usate per rendere i titoli degli altri paesi (europei) e non si sono coniati con adattamenti termini più specifici come —invento— *rei per il re di Spagna, *chingo per il re d'Inghilterra, *prinzo per un principe tedesco, o simili. Questo non solo nella direzione dalle altre lingue all'italiano, ma (in generale, con eccezioni sempre possibili) vicendevolmente fra tutte le lingue europee occidentali (e immagino spesso anche orientali, ma non le conosco): king of Italy, non *re of Italy, eccetera.G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 Va chiarito poi che tra i titoli da lei citati non compaiono molti calchi: abbiamo prestiti (marchese, duca, forse conte) e latinismi (imperatore, titolo ripreso da Carlo Magno al latino).
Nulla da eccepire.G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 Perché, da una parte, possiamo dire che la Cina, in alcune sue fasi, si sia composta di feudi, vi regnasse un imperatore e dall'altra, però, fosse amministrata da mandarini e non da semplici funzionari?
La risposta è tutt'altro che semplice e va forse ricercata in quella dialettica terminologica tra storici (che hanno ritenuto quelle parole onomasiologicamente adeguate allo studio e alla descrizione dei fatti) e Uso.
Certo, c'è una buona sovrapponibilità (anche perché di quello si tratta), se il dittatore sceglie di essere pubblicamente una figura di quel tipo, ma una cosa è il termine "tecnico", "neutro", descrittivo (dittatore), un'altra è il titolo più o meno formalmente assegnato[si], che si vuole onorifico e solenne (duce): appunto come nel caso del capo supremo che lei cita. Similmente, rubando le parole a un altro filone, sempre parlando dello stesso paese:G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 La definizione che lei ha formulato di duce, mi pare si sovrapponga a quella di dittatore. Vi rientrerebbe pure Kim Jong Un, volendo, eppure il titolo di cui il popolo nordcoreano l'ha fregiato è capo supremo.
Come sempre, noi qui ragioniamo di possibilità: se gli storici già lo facessero, il filone non sarebbe stato aperto... Per quanto spesso purtroppo improbabili, in questo frangente storico, sono possibilità comunque interessanti da valutare (almeno per me). E in futuro, chissà...G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 [...] e se lo dicesse la comunità degli storici, starebbe bene; gli è che non lo fa. Ma, se anche lo facesse, dubito che con quella parola essa tradurrebbe, finalmente, caudillo e per i motivi detti nel mio intervento precedente e per amore della disciplina, che esige precisione, internazionalità ecc. ecc.
Se /fju-/ può andare bene, come in "fiuto", la /r/ finale resta un problema. Anche se accettassimo /fju̍rer/, bisognerebbe scriverlo "fiurer" e dovrebbe essere seguito sempre da un nome. A questo punto, meglio farne qualcosa come furiere come proposto da Carnby.brg ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:15Gli italiani però dicono "fjurer", generalmente.Lorenzo Federici ha scritto: sab, 24 dic 2022 13:43 Questo è vero, ma c'è anche da considerare che /fy̍rer/ non è una pronuncia italiana, è meglio adattarla se proprio si vuole usare quel titolo.
Intendevo dire che forse non occorre invocare l'unità di cui parla: basta il fatto che i documenti ufficiali fossero in latino. In ogni modo, una minuzia.G. M. ha scritto: sab, 24 dic 2022 15:38Non capisco questo punto, può spiegarmi meglio?G.B. ha scritto: sab, 24 dic 2022 14:53 Mi pare che trascuri, in questo suo argomento, il peso del latino in quanto lingua della diplomazia europea fino all’età moderna.
Mi pare che l'uso del latino (come lingua comune) rientri nel mio discorso sull'"unità" del mondo europeo contrapposto al mondo "esotico".
Appunto: ciò su cui non concordiamo è la scelta di duce, che in Italia ha una storia —non che sia la storia il fattore dirimente, ma certo influisce sulle valenze della parola— non coincidente con quella di caudillo in Ispagna (di Führer non so dire).G. M. ha scritto: ven, 23 dic 2022 22:50 ...ma una cosa è il termine "tecnico", "neutro", descrittivo (dittatore), un'altra è il titolo più o meno formalmente assegnato[si], che si vuole onorifico e solenne (duce): appunto come nel caso del capo supremo che lei cita.
[...]
Per dire che la traduzione di un titolo (più o meno formale) non deve per forza corrispondere a ciò che l'oggetto trattato è poi concretamente (o a ciò che noi consideriamo essere concretamente).
Colgo l'occasione di correggermi: Kim Jong-un.
Ciò non è del tutto vero. Ad esempio "margravio" non è nient'altro che l'adattamento del tedesco "Markgraf", cioè "marchese", ed è usato esclusivamente per l'area germanica, poi ci sono "etmano"/"atamano", "zar", "eparca" ed altri principalmente per le aree germanica, slava e greca. Certamente in area romanza e Sacro Romano Impero i titoli son sempre quelli.G. M. ha scritto: sab, 24 dic 2022 15:38 Non mi sono fatto capire: volevo dire che, una volta considerate italiane quelle parole, comunque siano arrivate, sono state usate per rendere i titoli degli altri paesi (europei) e non si sono coniati con adattamenti termini più specifici [...]
Riporto tutta la breve voce per comodità:
Mi sembra, insomma, che se facessimo il "calco di ritorno" gl'ispanofoni non sarebbero particolarmente perplessi.
- Persona que guía y manda a un grupo de personas, especialmente a un ejército o gente armada: el caudillo de una tribu; caudillos militares.
- Título con que se adaptó en español la voz alemana führer y la italiana duce: Francisco Franco recibió comúnmente los títulos militares de Caudillo y Generalísimo.
Non si preoccupi… in realtà nemmeno io: per qualche ragione conoscevo già la parola.
Certo: infatti non ho dichiarato una regola assoluta, ma ho solo voluto far notare una tendenza, chiara anche se con le sue oscillazioni, e naturalmente più sfumata via via che ci allontaniamo da “noi” e entriamo nella zona di transizione:brg ha scritto: sab, 24 dic 2022 20:22 Ciò non è del tutto vero. Ad esempio "margravio" non è nient'altro che l'adattamento del tedesco "Markgraf", cioè "marchese", ed è usato esclusivamente per l'area germanica, poi ci sono "etmano"/"atamano", "zar", "eparca" ed altri principalmente per le aree germanica, slava e greca. Certamente in area romanza e Sacro Romano Impero i titoli son sempre quelli.
G. M. ha scritto: nelle lingue europee […] i concetti "europei" sono stati più calcati [di quanto si sia fatto con quelli "esotici"], quelli "esotici" più adattati [di quanto si sia fatto con quelli "europei"] […]
[…] terre […] "di confine" […] potrebbero essere sotto certi aspetti i paesi dell'Europa orientale, variamente intesa: un esempio […]