Inviato: sab, 19 set 2009 14:42
completo ecclesiastico?
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Casula e piviale sono abiti liturgici, non ecclesiastici. Per fare un parallelismo che chiarisca: sarebbe come pensare ad un giudice della Corte Costituzionale che andasse regolarmente al lavoro con lʼermellino...Carnby ha scritto: mar, 05 giu 2007 1:02 La traduzione di clergyman con abito ecclesiastico non mi convince. Con abito ecclesiastico si può intendere anche la tonaca, la casula e il piviale. Dalle mie parti, clergyman si adattava in crèsima, anche se non c'entrava nulla con il sacramento della Confermazione.
Essendo un abito maschile del tutto tradizionale, a meno del collarino sulla camicia (e del cosiddetto collo romano nella camicia), che ovviamente è usato anche nella talare ma questʼultimo abito ecclesiastico è nettamente diverso da un abito comune maschile, direi che sarebbe auspicabile adottare un nome che richiami proprio immediatamente tale elemento caratterizzante.umanista89 ha scritto: mar, 15 gen 2008 22:22Abito ecclesiastico mi pare un'espressione troppo generica, infatti si potrebbe riferire tanto al clergyman quanto alla talare. Occorrerebbe invece un termine o un'espressione italiana che traduca clergyman in modo da distinguerlo da «talare».
Alla luce di ciò temo che «completo clericale» resti la scelta preferenziale.La Conferenza Episcopale Italiana, considerando la opportunità che l’abito ecclesiastico, pur nella tutela della dignità sacerdotale, possa venir adattato alle esigenze della vita contemporanea e alle nuove condizioni dell’apostolato, in conformità allo spirito del CIC can. 136 § 11, desiderando assicurare ai sacerdoti – anche in questa materia – uniformità di disciplina, a loro personale vantaggio e ad edificazione della comunità, conferma che l’abito talare rimane la veste normale dei sacerdoti e anche dei religiosi.
Esso è d’obbligo:
a) nella propria chiesa;
b) negli Istituti ecclesiastici;
c) nell’esercizio del sacro ministero;
d) nelle funzioni liturgiche, anche se tenute fuori chiesa;
e) nella sacra predicazione;
f) nell’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali;
g) nell’insegnamento religioso nelle scuole.
La Conferenza Episcopale stabilisce che sia consentito a tutti i sacerdoti di cambiare l’abito talare con il clergyman, consistente in: giacca e calzoni di stoffa nera (o grigio-ferro scuro) e collare ecclesiastico, in caso di viaggi, di escursioni, di uso di macchina da trasporto, ecc., cioè quando lo richieda la comodità in un’azione profana.
In qualunque ambiente e circostanza, entro e fuori Diocesi e all’estero, come in occasione di ferie, il suddetto abito, “utpote sacerdotii signum”, dovrà essere indossato, in pubblico, completo: così che esso risulti per tutti i sacerdoti unico e ben caratterizzato, e gli ecclesiastici abbiano a poter essere riconosciuti come tali.
La Conferenza Episcopale Italiana esorta infine i sacerdoti a tener presenti – nell’uso del clergyman – le diverse situazioni dei luoghi, gli usi e le consuetudini, la sensibilità della popolazione e, memori delle parole dell’Apostolo: “Omnia mihi licent, sed non omnia expediunt; omnia mihi licent, sed non omnia aedificant” (I Cor. 10, 22-23), sappiano comprendere e attendere sino a che i fedeli affidati alle proprie cure siano preparati alla nuova prassi.”
Fonte: Enchiridion CEI. 1. Decreti, dichiarazioni, documenti pastorali per la Chiesa italiana (1954-1972), pagg. 649-652, della EDB.
Testo riportato nel diario in Rete Cooperatores Veritatis e nel Quaderno 2779, anno 117, del 2 aprile 1966, de La Civiltà Cattolica, il quindicinale gesuita.
1 La nota è del 1966 quindi fa riferimento al Codice di Diritto Canonico (CIC in latino) del 1917, e non a quello attualmente in vigore del 1983