«Isengard» e «Isenmonde»

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G.B.
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Re: «Isengard» e «Isenmonde»

Intervento di G.B. »

G. M. ha scritto: ven, 26 gen 2024 11:02 Nell'universo di Tolkien si parlano lingue immaginarie che, in generale, non hanno collegamenti visibili con le lingue del nostro mondo (nel senso che non s'intende che siano "storicamente" o lessicalmente collegate; naturalmente nel crearle Tolkien si è anche ispirato ai suoni di questa o quella lingua reale).

In soldoni, nella finzione narrativa per cui il libro è scritto in inglese, Tolkien «traduce» molti elementi di queste lingue immaginarie in inglese, o in forme antiche o strane d'inglese, per replicare più o meno, per il lettore inglese, le sensazioni e le evoluzioni —talvolta trasparenti, talvolta opache— di questi elementi linguistici nel suo mondo rispetto alla «lingua comune» parlata dai personaggi principali nella finzione (resa con l'inglese nella «traduzione»).

Se vuole fare un salto in biblioteca, il tutto è spiegato nell'appendice F del Signore degli Anelli, in particolare la parte II, sulla traduzione. Ne riporto qualche brano…
Grazie!
brg ha scritto: ven, 26 gen 2024 13:50 Infatti ad un altro livello abbiamo il collegamento tra questo mondo fantastico e l'Inghilterra, che non è esplicito nel Signore degli Anelli, ma che ricorre continuamente nel materiale letterario pubblicato postumo, ma scritto precedentemente: gli antichi inglesi avrebbero avuto esperienza di questo mondo antidiluviano tramite l'incontro con gli ultimi degli elfi e da questa esperienza avrebbero tratto ispirazione per le loro composizioni letterarie.
Quindi c'è un collegamento. Grazie.
brg ha scritto: ven, 26 gen 2024 13:50 La finzione, così come viene presentata dall'autore, non deve però far perdere di vista la realtà del lavoro, quello che è e quello che è il suo argomento. Così come in Occhi di Gatto la storia principale, quella del tradimento e vendetta, è in realtà accessoria e posticcia a quello che nel racconto è un accidente, il romanzesco amore impossibile, che è il vero motore primo delle vicende, così nel Signore degli Anelli la traduzione della koinè terramezzana è finzione posteriore e secondaria alle celebrazioni della campagna inglese e della poesia epica anglosassone, nonché alle critiche verso la forza distruttrice e devastatrice della più gretta logica industriale, quasi di dickensiana memoria.
Non so se sia cosí secondaria (ma ripeto, mi manca il quadro completo):
L'Autore, in una sua lettera (cito dalla pagina di Wikipedia «Languages constructed by J. R. R. Tolkien»), ha scritto: what I think is a primary 'fact' about my work, that it is all of a piece, and fundamentally linguistic in inspiration. ... It is not a 'hobby', in the sense of something quite different from one's work, taken up as a relief-outlet. The invention of languages is the foundation. The 'stories' were made rather to provide a world for the languages than the reverse. To me a name comes first and the story follows. I should have preferred to write in 'Elvish'. But, of course, such a work as The Lord of the Rings has been edited and only as much 'language' has been left in as I thought would be stomached by readers. (I now find that many would have liked more.) ... It is to me, anyway, largely an essay in 'linguistic aesthetic', as I sometimes say to people who ask me 'what is it all about'.
G.B.
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G. M.
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Re: «Isengard» e «Isenmonde»

Intervento di G. M. »

G.B. ha scritto: ven, 26 gen 2024 18:08
G. M. ha scritto: ven, 26 gen 2024 11:02 Nell'universo di Tolkien si parlano lingue immaginarie che, in generale, non hanno collegamenti visibili con le lingue del nostro mondo […]
brg ha scritto: ven, 26 gen 2024 13:50 [A]bbiamo il collegamento tra questo mondo fantastico e l'Inghilterra, che non è esplicito nel Signore degli Anelli […]
Quindi c'è un collegamento.
Sì, sono stato un po' stringato (…non volevo travolgerla con troppe informazioni :mrgreen:).

Qualche collegamento c'è: arda 'reame, regione; (con la maiuscola, Arda) il mondo, la terra' (termine quenya) è il germanico Erd, earth; Eärendil viene dall'anglosassone; tengwa potrebbe venire dalla radice indeuropea di lingua e dell'inglese tongue… ma sono dettagli puntiformi: intendevo che non ci si deve aspettare che il quenya, il sindarin o il numenoreano siano imparentati alle lingue «germaniche» o «italiche» o «semitiche», ecc. (anche se, ovviamente, possono assomigliare alle une o alle altre come suoni o grammatica): le lingue di Tolkien sono in massima parte un'invenzione a priori.

Come diceva brg, l'idea che la Terra di Mezzo sarebbe il nostro stesso mondo in una leggendaria epoca preistorica è cosa quasi totalmente sublimata nel Signore degli Anelli: è detto nelle prime pagine del prologo, ma è un'informazione data in modo così vago e lieve, rispetto alla profusione di dettagli concreti, precisi e "tecnici" che segue nelle pagine successive, che appare come volutamente sfuggente, quasi a far sì che il lettore se ne dimentichi:
Hobbits are an unobtrusive but very ancient people, more numerous formerly than they are today; for they love peace and quiet and good tilled earth: a well-ordered and well-farmed countryside was their favourite haunt. They do not and did not understand or like machines more complicated than a forge-bellows, a water-mill, or a hand-loom, though they were skilful with tools. Even in ancient days they were, as a rule, shy of ‘the Big Folk’, as they call us, and now they avoid us with dismay and are becoming hard to find. […]

Their height is variable, ranging between two and four feet of our measure. They seldom now reach three feet; but they have dwindled, they say, and in ancient days they were taller. […]

Those days, the Third Age of Middle-earth, are now long past, and the shape of all lands has been changed; but the regions in which Hobbits then lived were doubtless the same as those in which they still linger: the North-West of the Old World, east of the Sea. [...]
brg
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Re: «Isengard» e «Isenmonde»

Intervento di brg »

G.B. ha scritto: ven, 26 gen 2024 18:08 Non so se sia cosí secondaria (ma ripeto, mi manca il quadro completo)[.]
Non voglio addentrarmi troppo in questioni che potrebbero portarci ben lontani dal semplice dato linguistico, ma il fatto è che Tolkien era un fanatico di filologia e quindi è abbastanza naturale che si lasciasse trasportare da questa sua profonda passione anche mentre esprimeva altro. È un po' come se ella interrogasse sulla poetica manzoniana un fanatico di Occhi di Gatto: quello troverebbe il verso di mettere le tre ladre pure in mezzo all'utile, al vero ed all'interessante. Non so se mi spiego.

Tolkien, presosi una qualche forma di bartonellosi tra le trincee della Prima Guerra Mondiale, dovette (leggasi: "ebbe la fortuna di") abbandonare i campi di battaglia e si ritrovò allettato e poi convalescente per mesi. In questo periodo di riposo forzato si mise a compilare le prime leggende del suo mondo immaginario, le mappe di tale mondo, la lingua elfica e l'alfabeto di quest'ultima. Tuttavia quando Tolkien iniziò a lavorare al Signore degli Anelli, dopo vent'anni che scriveva e riscriveva la sua mitologia di elfi, nani, uomini, draghi e via enumerando, aveva ben definito solamente le lingue degli elfi ed aveva iniziato a lavorare da poco, in concomitanza con la stesura dello Hobbit, a quelle nanesche. Buttò giù le altre lingue, inclusa la lingua in cui sarebbe stato scritto il fantomatico testo originale del Signore degli Anelli, solo dopo aver iniziato a lavorare al romanzo. Che questo lavoro filologico lo abbia motivato a completare l'opera, che lo abbia aiutato a definire meglio il suo mondo è tutto vero, ma l'architettura linguistica, inclusa l'idea della trasposizione, si è formata in corso di stesura e ci sono state anche ben altre ragioni discernibili per cui ha incluso quelle specifiche lingue, norreno e inglese antico, nel testo.

C'è infatti un altro punto che accomuna il Signore degli Anelli ad Occhi di Gatto (oh, ma allora è una fissazione!), ovvero che si tratta in un certo senso di due opere prime, perlomeno le rispettive prime opere di ampio respiro. In vita Tolkien ha visto pubblicati, della sua opera letteraria, solamente alcuni racconti, Lo Hobbit, che aveva scritto per intrattenere i suoi figli e che venne pubblicato un po' per caso, ed Il Signore degli Anelli. Di fatto, la richiesta di scrivere un seguito per lo Hobbit fu per Tolkien l'occasione della vita di poter esprimere tutte le idee, tutte le suggestioni, di poter affrontare tutti i temi, che gli giravano per la testa da trent'anni o giù di lì. Lo Hobbit e gli hobbit non erano stati inventati come elementi del suo universo mitologico, ma appena ebbe la possibilità di pubblicare quello che voleva, a patto che fosse un seguito del suo primo libro, non si fece problemi a ficcarceli a forza. Non è raro che, in un'opera prima, l'autore cerchi di racchiudere tutti i significati che sente di voler esprimere. Quindi la scelta di come tradurre il Signore degli Anelli, in cui le scelte linguistiche sono legate ed intrecciate ai temi del libro, è un po' la scelta di quali significati voler estrapolare dal testo: decidere se adattare o no, che cosa adattare e che cosa no, il come adattare sono tutte scelte che influiscono sulla resa dei vari significati dell'opera.
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