La situazione appare molto incongruente. Le mie ricerche nella LIZ[a] su soprac[c]itato, sopra[d]detto e sopran[n]ominato sono queste (fra parentesi quadre il numero di occorrenze):
sopraccitato: [3] AA.VV. Il Conciliatore, Manzoni;
sopracitato: [4] Marino, Alfieri, Leopardi, De Roberto;
sopraddetto: [67] Fioretti di San Francesco, Beccari, Bernardino da Siena, Machiavelli, Della Casa, Cellini, Goldoni, Baretti, Alfieri, Leopardi [43!];
sopradetto: [382, il 90% di Ramusio] Compagni, Villani, Boccaccio, Pucci, Sacchetti, Serdini, Bernardino da Siena, Poliziano, Leonardo da Vinci, Boiardo, Guicciardini, Aretino, Vasari, Straparola, Ramusio, Grazzini, Erizzo, Bargagli, Costo, Garzoni, Sarpi, Galilei, Croce (G. C.), Marino, Bartoli, Vico, Baretti, Da Ponte;
soprannominato: [31] AA.VV. Il Conciliatore, Rovani, Boito, Collodi, De Amicis, Imbriani, Capuana, Giacosa, Tozzi, Pirandello, D’Annunzio;
sopranominato: [12] Villani, Ramusio, Sarpi, Barbieri, AA.VV. Il Conciliatore.
Quali conclusioni possiamo trarre da tutto ciò? Prima di tutto, ricordiamoci che fino al Cinquecento almeno, la grafia era molto oscillante – e alcune oscillazioni permangono a tutt’oggi. Se consideriamo un autore attentissimo a tutti gli aspetti linguistici come Giacomo Leopardi, vediamo che usa costantemente sopraddetto, mentre scrive sopracitato: forse una voluta deroga, per dispetto contro l’Accademia della Crusca, nel cui vocabolario il Salviati introdusse le forme raddoppiate?
La mia conclusione sarebbe che sopra, per uniformità di scrittura e di pronunzia, dovrebbe sempre cogeminare (questi composti, anche quando sopra è avverbio, sono un tutt’uno, non c’è fra avverbio e participio alcuna pausa, né dislivello tonale). E l’uniformità ortografica assicura una migliore padronanza e dello scritto e del parlato.
Grafia dei neologismi formati con un prefisso cogeminante
Moderatore: Cruscanti
Sono d'accordo.Marco1971 ha scritto: La mia conclusione sarebbe che sopra, per uniformità di scrittura e di pronunzia, dovrebbe sempre cogeminare (questi composti, anche quando sopra è avverbio, sono un tutt’uno, non c’è fra avverbio e participio alcuna pausa, né dislivello tonale). E l’uniformità ortografica assicura una migliore padronanza e dello scritto e del parlato.

La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Onestamente non vedo gran contraddizione fra le attestazioni [piú o meno] antiche delle varianti con raddoppiamento e il ragionamento strettamente grammaticale del Fiorelli.Marco1971 ha scritto:La mia teoria, che sicuramente verrà smentita, sarebbe che la coscienza del valore avverbiale di sopra, quando preposto al participio passato con cui forma un nuovo aggettivo, non è/era avvertito…
Se si considera, poi, la conclusione dello stesso Fiorelli, nonché il fatto che i composti cui si riferisce sono tutti [abbastanza] recenti e la composizione «avverbio + participio» vi è ancora ben avvertita dai parlanti, non mi pare ci sia molto da aggiungere.

Siamo proprio sicuri che il parlante medio sappia distinguere il valore preposizionale e avverbiale di sopra?
Comunque lo stesso DOP dà come prima forma (quindi leggermente preferibile) sopraccitato e sopraddetto. 


Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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