Del genere dei forestierismi
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Ringrazio di cuore Infarinato, che ci ha fornito uno sguardo scientifico e illuminante sui fatti.
Vorrei solo dire che bubu7 sembra cogliere ogni occasione per «rivedermi le bucce», poiché, per quanto riguarda la questione machiavelliana sul genere, io avevo scritto «E scommetterei che», il che non implica certezza assoluta, come ben sa chi sa ben.
D’altra parte l’ormai famoso motto è inserito nell’articolo del Castellani proprio per parlare di adattamenti fonetici (e il significato di adattamento se lo cercherà ognuno per conto suo). Per quanto si possa non amare una persona, non mi par saggio disconoscerne le abilità, riconosciute dalla comunità scientifica in cui opera (verbo caro a bubu7, come anche il sostantivo processo) — cosa che bubu7 non ha fatto, lo preciso prima che mi si dica il contrario.
Mi augurerei, in futuro, maggiore diligenza nel leggere.
Vorrei solo dire che bubu7 sembra cogliere ogni occasione per «rivedermi le bucce», poiché, per quanto riguarda la questione machiavelliana sul genere, io avevo scritto «E scommetterei che», il che non implica certezza assoluta, come ben sa chi sa ben.
D’altra parte l’ormai famoso motto è inserito nell’articolo del Castellani proprio per parlare di adattamenti fonetici (e il significato di adattamento se lo cercherà ognuno per conto suo). Per quanto si possa non amare una persona, non mi par saggio disconoscerne le abilità, riconosciute dalla comunità scientifica in cui opera (verbo caro a bubu7, come anche il sostantivo processo) — cosa che bubu7 non ha fatto, lo preciso prima che mi si dica il contrario.
Mi augurerei, in futuro, maggiore diligenza nel leggere.
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Bella domanda, caro Freelancer, cui purtroppo non so rispondere. Si tratta verosimilmente d’un capitolo delle dispense d’un docente dell’Università Cattolica, ma di piú non sono riuscito a reperire… Cercavo un testo serio, disponibile in rete, che trattasse dell’argomento, e ho trovato questo, per cui ho dato il collegamento senza preoccuparmi troppo di chi fosse l’autore…Freelancer ha scritto:È possibile sapere chi è l'autore di questo saggio? Grazie in anticipo.Infarinato ha scritto:per una classificazione dei vari tipi di adattamento si veda, ad esempio, questo saggio).
Caro Infarinato, la ringrazio delle sue osservazioni.
Non capisco però alcuni punti della sua argomentazione che riporto di seguito estremamente semplificata (col rischio ovviamente di travisarla).
Lei afferma che, in italiano, tra adattamento integrale e fonetico non c’è differenza.
Poi specifica le tre parti di cui è costituito l’adattamento integrale: fonologico, fonotattico e morfologico.
Quindi definisce come adattamento fonetico, la somma dei primi due.
Poi ribadisce che l’adattamento integrale è la somma dei tre.
Poi afferma che nel contesto dei tempi di Machiavelli l’adattamento fonetico è anche morfologico e quindi integrale.
Quindi conclude:
Non sarebbe più corretto concludere che le conversioni a cui allude Machiavelli sono quelle integrali, portando il risultato Marco-Bubu sullo 0-2?
Non capisco però alcuni punti della sua argomentazione che riporto di seguito estremamente semplificata (col rischio ovviamente di travisarla).
Lei afferma che, in italiano, tra adattamento integrale e fonetico non c’è differenza.
Poi specifica le tre parti di cui è costituito l’adattamento integrale: fonologico, fonotattico e morfologico.
Quindi definisce come adattamento fonetico, la somma dei primi due.
Poi ribadisce che l’adattamento integrale è la somma dei tre.
Poi afferma che nel contesto dei tempi di Machiavelli l’adattamento fonetico è anche morfologico e quindi integrale.
Quindi conclude:
Devo confessare che questa sequenza, e soprattutto la conclusione, mi disorienta un po’....è assolutamente legittimo affermare che le «conversioni» cui allude sono essenzialmente «fonetiche».
Non sarebbe più corretto concludere che le conversioni a cui allude Machiavelli sono quelle integrali, portando il risultato Marco-Bubu sullo 0-2?
Caro Marco,
trovare qualcuno che “riveda le bucce” dovrebbe essere una delle massime aspirazioni di uno che “ama la verità”. Evidentemente lei appartiene invece a coloro che amano che gli sia dato ragione, se preferisce attaccarsi ai cavilli invece di cogliere il nocciolo della questione.
Poiché la discussione era cominciata col suggerimento di Freelancer che il cambiamento di genere andasse nella direzione auspicata dal Machiavelli col suo motto, e dalla sua contestazione che il Machiavelli si riferisse all’assimilazione fonetica, non vedo cosa c’entri tirare in ballo il Castellani. Il quale, nel luogo di Morbus anglicus in cui cita il motto, non mi sembra che, come afferma lei, stesse parlando, in particolare, di adattamenti fonetici. Egli parla di “toscanizzare” le parole straniere e di trasformarle secondo le leggi del sistema che le accoglie e di questo dà ampia dimostrazione nel suo articolo. Castellani cita quindi propriamente il motto di Machiavelli a differenza di quanto lei citi il Castellani…
Per quanto riguarda la diligenza nella lettura, cerco di fare del mio meglio, ma posso ovviamente sbagliarmi nelle interpretazioni dei brani.
Accolgo sempre con piacere critiche puntuali e argomentate, soprattutto quando esse mi portano a rivedere le mie convinzioni ma anche se dovessi finire per non condividerle…
trovare qualcuno che “riveda le bucce” dovrebbe essere una delle massime aspirazioni di uno che “ama la verità”. Evidentemente lei appartiene invece a coloro che amano che gli sia dato ragione, se preferisce attaccarsi ai cavilli invece di cogliere il nocciolo della questione.
Poiché la discussione era cominciata col suggerimento di Freelancer che il cambiamento di genere andasse nella direzione auspicata dal Machiavelli col suo motto, e dalla sua contestazione che il Machiavelli si riferisse all’assimilazione fonetica, non vedo cosa c’entri tirare in ballo il Castellani. Il quale, nel luogo di Morbus anglicus in cui cita il motto, non mi sembra che, come afferma lei, stesse parlando, in particolare, di adattamenti fonetici. Egli parla di “toscanizzare” le parole straniere e di trasformarle secondo le leggi del sistema che le accoglie e di questo dà ampia dimostrazione nel suo articolo. Castellani cita quindi propriamente il motto di Machiavelli a differenza di quanto lei citi il Castellani…
Per quanto riguarda la diligenza nella lettura, cerco di fare del mio meglio, ma posso ovviamente sbagliarmi nelle interpretazioni dei brani.
Accolgo sempre con piacere critiche puntuali e argomentate, soprattutto quando esse mi portano a rivedere le mie convinzioni ma anche se dovessi finire per non condividerle…
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Non c’è praticamente differenza, ché adattamento [«integrale»] significa adattamento «fonetico» (= adattamento «fonologico» [che c’è sempre, in qualsiasi lingua] + «fonotattico») + adattamento «morfologico», ma, in assenza del devotiano «terzo sistema fonologico» (com’era sicuramente ai tempi del Machiavelli), fonotattico implica morfologico (e morfologico implica sempre fonotattico in italiano —almeno per quanto riguarda le desinenze).bubu7 ha scritto:Lei afferma che, in italiano, tra adattamento integrale e fonetico non c’è differenza.
Ovviamente, a seconda della natura (fonetica, morfologica, etc.) del forestierismo, non tutte le fasi sono sempre necessarie all’ottenimento d’un adattamento integrale.
1-1.

E cosa significa toscanizzare una parola?bubu7 ha scritto:...non vedo cosa c’entri tirare in ballo il Castellani. Il quale, nel luogo di Morbus anglicus in cui cita il motto, non mi sembra che, come afferma lei, stesse parlando, in particolare, di adattamenti fonetici. Egli parla di “toscanizzare” le parole straniere e di trasformarle secondo le leggi del sistema che le accoglie e di questo dà ampia dimostrazione nel suo articolo. Castellani cita quindi propriamente il motto di Machiavelli a differenza di quanto lei citi il Castellani…
Non credo che sia necessario chiosare, se tutto il discorso del Castellani è proprio di natura fonetica...Arrigo Castellani ha scritto:Ecco il punto centrale della questione: i prestiti debbono esser subordinati al sistema che li accoglie, debbono trasformarsi secondo le leggi di quel sistema. [...]E per l’italiano tale capacità costante di trasformare i materiali stranieri nella sua propria sostanza è una necessità assoluta. [...] Ma spesso il francese può conservare la forma originaria d’una parola inglese senza che siano intaccate le sue strutture fonetiche.
Non direi proprio.Marco1971 ha scritto:...Non credo che sia necessario chiosare, se tutto il discorso del Castellani è proprio di natura fonetica...
Castellani parla di tutti i tipi di adattamento e sostituzione con parole italiane preesistenti o neologismi.
Pensi ai suoi tanto cari computiere e stàndaro.
Oppure ad abbuio al posto di blackout...
Certo se si tagliano e accostano parti diverse dell'articolo...
Ripeto, quando Castellani introduce il motto di Machiavelli, non sta parlando, in particolare, di adattamenti fonetici.
Caro Infarinato, condivido solo fino ad un certo punto il suo ragionamento, che in certe parti mi sembra un po' stiracchiato.
Del resto, lei stesso conclude:
Mi sembra quindi più corretto affermare che nel Discorso si parlasse genericamente di adattamenti integrali.
Del resto, lei stesso conclude:
Quindi, le diverse fasi, possono essere o meno presenti, a seconda della natura del forestierismo [e, aggiungerei, della fase storica].Infarinato ha scritto:Ovviamente, a seconda della natura (fonetica, morfologica, etc.) del forestierismo, non tutte le fasi sono sempre necessarie all’ottenimento d’un adattamento integrale.
Mi sembra quindi più corretto affermare che nel Discorso si parlasse genericamente di adattamenti integrali.
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«Stiracchiato» non è: ovviamente Lei è liberissimo di non condividerlo (in tutto o in parte)…bubu7 ha scritto:Caro Infarinato, condivido solo fino ad un certo punto il suo ragionamento, che in certe parti mi sembra un po' stiracchiato.
Certo, ma sono assenti solo quando non sono necessarie, perché il forestierismo risulta già adattato di per sé [relativamente a uno, a piú o eventualmente a tutti gli aspetti («adattamento banale»)].bubu7 ha scritto:Del resto, lei stesso conclude:Quindi, le diverse fasi, possono essere o meno presenti, a seconda della natura del forestierismo [e, aggiungerei, della fase storica].Infarinato ha scritto:Ovviamente, a seconda della natura (fonetica, morfologica, etc.) del forestierismo, non tutte le fasi sono sempre necessarie all’ottenimento d’un adattamento integrale.
Che, nei casi interessanti (i.e. «non banali»), coincidono con gli adattamenti fonetici.bubu7 ha scritto:Mi sembra quindi più corretto affermare che nel Discorso si parlasse genericamente di adattamenti integrali.

Le propongo di sostituire coincidono con gli con presuppongono.Infarinato ha scritto:Che, nei casi interessanti (i.e. «non banali»), coincidono con gli adattamenti fonetici.bubu7 ha scritto:Mi sembra quindi più corretto affermare che nel Discorso si parlasse genericamente di adattamenti integrali.
Pensi anche agli adattamenti di genere e numero.
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È proprio per questo che sopra ho parlato piú propriamente di «[co]implicazione» e piú su di possibilità [teorica] di lasciare [morfologicamente] inalterato il risultato di un adattamento fonetico.bubu7 ha scritto:Le propongo di sostituire coincidono con gli con presuppongono.
Pensi anche agli adattamenti di genere e numero.
Diciamo che la corrispondenza è tra adattamento fonetico e «forma base» dell’adattamento morfologico.
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Ho visto, per quel che importa, che si tratta del professor Giovanni Gober, docente di lingua tedesca e di linguistica generale.Infarinato ha scritto:Bella domanda, caro Freelancer, cui purtroppo non so rispondere. Si tratta verosimilmente d’un capitolo delle dispense d’un docente dell’Università Cattolica, ma di piú non sono riuscito a reperire… Cercavo un testo serio, disponibile in rete, che trattasse dell’argomento, e ho trovato questo, per cui ho dato il collegamento senza preoccuparmi troppo di chi fosse l’autore…Freelancer ha scritto:È possibile sapere chi è l'autore di questo saggio? Grazie in anticipo.Infarinato ha scritto:per una classificazione dei vari tipi di adattamento si veda, ad esempio, questo saggio).
Come? Ho scaricato il file .doc per leggerlo con più comodo; la finestra Proprietà ne riporta il nome: Jean-Pierre Gober.
Da notare che lui o chi per lui ha adattato il suo nome per l'inserimento nell'elenco dei docenti.
Tornando al discorso iniziale, che riguardava il genere di affaire...
Da La Crusca risponde (p. 20):
Da La Crusca risponde (p. 20):
Chi di voi vorrà contraddire Luca Serianni?4. È lecito usare nel linguaggio scritto termini stranieri invece dei corrispondenti vocaboli italiani?
È difficile dare una risposta perentoria. Invece di “liceità” potremmo forse parlare di “buon gusto”. Molte volte il termine straniero risponde a una semplice ostentazione snobistica e rivela, più che le aperture internazionali, la pigrizia, il provincialismo e magari la superficiale cultura di chi scrive. L’uso avventato di forestierismi inutili può giocare anche brutti scherzi. Se lo scritto è destinato alla stampa, il tipografo talvolta storpia la parola straniera non familiare, facendo fare così brutta figura allo scrivente. Attenzione poi, se non si conosce più che bene una lingua straniera; chi dice o scrive “il brutto affaire degli appalti truccati” mostra una pratica assai approssimativa del francese: bisognerebbe dire “la brutta affaire” (affaire è femminile). Decisamente meglio, dunque, “il brutto affare”.
Luca Serianni

Affaire/affare
Certo non io. E seguiterò senz'altro a dire e scrivere l'affare Dreyfus, l'affare della collana, l'affare Stavisky.
Anche perché proprio non mi riesce di dire e scrivere "l'affaire della collana [e simili] è stata" .
Del resto, esistendo il traducente italiano "affare", non sento la necessità di ricorrere al vocabolo francese.
Anche perché proprio non mi riesce di dire e scrivere "l'affaire della collana [e simili] è stata" .
Del resto, esistendo il traducente italiano "affare", non sento la necessità di ricorrere al vocabolo francese.
Chi c’è in linea
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