Nel mio dialetto, per esempio, il soggetto clitico è obbligatorio. Posso immaginare una traduzione della frase di Hugo a cavallo tra dialetto e italiano: «’No scòjo l’è ’na tempesta pietrificata». Un pastrocchio improponibile, naturalmente.

Moderatore: Cruscanti
Della tempesta di vento è riuscita ad arrivare sulle coste toscane? Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».Zabob ha scritto:Non vedo perché ritenerla una concessione propria di un linguaggio settoriale: qui quel della non è un art. partitivo ma una prep. articolata; è come dire "una parte di quella tempesta".
Non petrificada?Ferdinand Bardamu ha scritto:«’No scòjo l’è ’na tempesta pietrificata.
Qui non avrei dubbi.Zabob ha scritto:Presa a caso su Google libri:Domando a Don Lisander se tradurrebbe quel c'est de la folie "è della follia" o non, piuttosto, "è (una) follia" (e rinunciando all'ultima virgola).Se croire, au sens littéral strict, millionnaire quand on est sans domicile, c'est de la folie
È in effetti proprio quanto si può maggiormente ribattere a chi ne combatte l'uso, a mio avviso. In astratto e per analogia, non lo si dovrebbe bollare come errore... O almeno non come errore da matita rossa!Carnby ha scritto:Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».
Qualcosa non mi quadra: che cos'è quel v'è? Io avrei usato un più naturale c'è.Zabob ha scritto:Che ne dice di «In uno scoglio v'è della tempesta pietrificata»?
Che ne direbbe di «C'era una volta, in uno scoglio, della tempesta pietrificata...»? Potrebbe essere l'inizio di una fiaba visionaria.Zabob ha scritto:Mi correggo: meglio ancora: «Vi è, in uno scoglio, della tempesta pietrificata».
È vero: "in astratto"!Don Lisander ha scritto:È in effetti proprio quanto si può maggiormente ribattere a chi ne combatte l'uso, a mio avviso. In astratto e per analogia, non lo si dovrebbe bollare come errore...Carnby ha scritto:Se si può dire della pioggia/della neve ha raggiunto le coste, si può dire, a mio avviso, anche della tempesta: è solo che quel sostantivo non ci sembra «comune».
No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).Animo Grato ha scritto:Della tempesta ha raggiunto le coste è davvero stridente, e potrebbe passare…
Insisto che non mi suonerebbe tanto strano sentir dire un po' del temporale che ha causato danni in *** è arrivato anche qui. E tra temporale e tempesta non c'è tutta quella differenza.Infarinato ha scritto:No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).
Eh! eh!, Infarinato, che scherzi mi combina?Infarinato ha scritto:No, non potrebbe. L’abbiamo già detto: pioggia è sia numerabile sia non numerabile (la stagione delle piogge, ma anche un po’ di pioggia); tempesta è solo numerabile (le tempeste tropicali, ma non *un po’ di tempesta).Animo Grato ha scritto:Della tempesta ha raggiunto le coste è davvero stridente, e potrebbe passare…
Questa considerazione mi induce un po' a riflettere e a chiarire l'impressione che forse finora non sono riuscito bene a esprimere. Mi domando se, nel contesto del passo da cui è tratta la frase di Hugo, «tempête» non abbia una sorta di caratteristica speciale; se non sia considerata dal quel visionario scrittore, in altre parole, alla stregua di una sostanza di cui si possa isolare una parte, la quale, pietrificandosi metaforicamente, divenga scoglio. In questo caso, avremmo a che fare con un nome numerabile usato straordinariamente come un nome di massa, cioè come un nome con il quale è permesso usare il partitivo. Mi sono addentrato in un territorio un po' vago, me ne rendo conto; ma, d'altro canto, le prestidigitazioni della retorica possono agevolmente mutare qualcosa in qualcos'altro che lo ricorda.Luca Lorenzetti in [url=http://www.treccani.it/enciclopedia/nomi-di-massa_%28Enciclopedia_dell%27Italiano%29/]«Nomi di massa» (Enciclopedia dell’Italiano)[/url] ha scritto:Il fatto che in numerose lingue, pur con diverse manifestazioni, i nomi di massa siano distinti dai nomi numerabili ha posto a linguisti, filosofi e scienziati della mente il problema di stabilire se tale differenza sia di natura linguistica o rinvii, più generalmente, a una distinzione di natura cognitiva ed extralinguistica tra «sostanze» e «individui» (cfr. Chierchia 2010).
Qui, però, siamo nel campo non solo delle congetture — non avendo il contesto che precede e segue la frase di cui discutiamo — ma addirittura delle congetture sulle intenzioni dell’autore. Se una tale accezione di tempête sia balenata (e si sia súbito spenta) nella mente di Hugo, non potremo mai saperlo.Don Lisander ha scritto:Mi domando se, nel contesto del passo da cui è tratta la frase di Hugo, «tempête» non abbia una sorta di caratteristica speciale; se non sia considerata dal quel visionario scrittore, in altre parole, alla stregua di una sostanza di cui si possa isolare una parte, la quale, pietrificandosi metaforicamente, divenga scoglio.
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