A casa mia si dice «idea pellegrina», non «peregrina»… Siamo obsoleti?Marco1971 ha scritto:Infatti pellegrino è letterario, non obsoleto, e lo usa anche Carducci.

Moderatore: Cruscanti
No di certo. E' forse vietato andare in giro vestiti alla moda dell'Ottocento, o coi parrucconi secenteschi, o vestiti come Dante?Federico ha scritto:Ma è dunque vietato usare le parole nei loro significati meno comuni?Bue ha scritto:Quanti "pellegrino" in senso di "raffinato" si trovano, nei romanzi e nelle opere letterarie scritte (e pubblicate) oggi?
O tempora o mores, insomma...Marco1971 ha scritto:Oggi si parla e si scrive sciatto — generalmente.
Davvero non mi sembra un paragone pertinente: confrontare l'abbigliamento alla lingua, che è la depositaria della nostra storia e della nostra cultura?Bue ha scritto:No di certo. E' forse vietato andare in giro vestiti alla moda dell'Ottocento, o coi parrucconi secenteschi, o vestiti come Dante?
Non so, sei stato tu a dire che quelli moderni sono sciatti.Marco1971 ha scritto:Bisognerebbe definire cosa s’intende per contemporaneo. Dov’è il discrimine? Gli scritti di 49 anni fa sono moderni e quelli di 51 anni fa sono antiquati?
Se è per questo si possono ritenere "moderne" anche opere scritte in latino o in greco antico. Dobbiamo per questo metterci a scrivere in greco antico? Anche Shakespeare è modernissimo, a detta di molti. Ma in quanti testi anche letterari contemporanei si usa wherefore al posto di why, tanto per fare il primo esempio che mi viene in mente? O awful nell'accezione che aveva quando fu usato per descrivere la cattedrale di St.Paul appena costruita?Ma c’è testo piú moderno della Divina Commedia?
Sí e no: ci sono contesti e contesti, modi e modi. Non è possibile tracciare dei limiti e delle regole tanto rigidi.Bue ha scritto:non ci si deve limitare a sorridere di queste cose ma che sarebbe un preciso dovere della docente in questione far notare a persone del genere che scrivere così oggi deve essere considerato un errore, punto e basta.
Il riso fa bene alla salute: cosa in particolare del nostro sito ha cagionato un risparmio all'Ssn? Le proposte di traduzione, il linguaggio o che altro?Bue ha scritto:(Tra parentesi, ho consigliato a lei e ad altri amici letterati di visitare questo forum, l'hanno fatto e hanno detto di essersi divertiti molto.)
Quando ho letto questo ho avuto un vertiginoso attimo di déjà vu. Poi mi sono ricordato dove l'avevo letto. Ecco cosa scriveva Enrico Bianchi su Lingua Nostra nel 1941:Federico ha scritto: Comunque le correzioni dei professori al liceo non si dimenticano mai, vero? Mio padre mi racconta che in un tema aveva scritto qualcosa del genere «mi sono arrabbiato»: la professoressa gli disse che solo i cani si arrabbiano, e corresse in inquietato.
SPONTANEITÀ E PEDANTERIA
In uno di quei diari, che oggi nella scuola elementare hanno preso il posto - giustamente, io credo - del vecchio componimento, un bambino, narrando di una sua visita alle Gallerie fiorentine, aveva scritto: il viso della Madonna e altro che non ricordo. E il maestro, o la maestra, aveva notato in margine: “Trattandosi della Madonna, meglio volto”. La correzione mi spiacque, dirò piuttosto, mi riuscì penosa; ma il pensiero che fosse dovuta, più che a un sistema, alla particolare preferenza di un singolo, valse a rinfrancarmi.
Purtroppo, quel mio primo senso di pena era più che giustificato. In questi ultimi tempi, ho avuto occasione di leggere numerosi diari di bambini tra i sei e i nove anni, e ho dovuto convincermi che correzioni come quella di viso in volto sono, nella scuola elementare, non solo frequenti, ma pressoché normali. Un bambino scrive: Oggi ho fatto arrabbiare la mamma; e il maestro corregge: “dirai: ho fatto inquietare; arrabbiano soltanto i cani"; un altro: il babbo mi ha portato al cinematografo; e il maestro: “mi ha condotto; si porta soltanto in collo o sulle spalle"; un altro: ho passato le vacanze al mare; e in margine: “ho trascorso”; e un altro: non ho avuto tempo di far le lezioni; e in margine: “di eseguire i compiti”; e ancora: si mangiò sull'erba; e in margine: “mangiammo”; e infine: lo domandò alla mamma, e la mamma gli rispose; e in margine: “ed ella gli rispose; evita le ripetizioni”.
Gli esempi potrebbero seguirsi all’infinito; ma anche senza citarne altri, si può fin d'ora trarre una conclusione: alle parole e alle espressioni vive e vivaci, che il bambino trova sulla punta della penna, il maestro tende a sostituire parole ed espressioni barboge, di una lingua letteraria piatta e senza colore. Secondo questo criterio, lo scolaro scriverà bene, quando saprà conformarsi a quello che insegnano, o meglio insegnavano, le grammatiche e i vocabolari “canonici”di cent'anni fa; sarà rimproverato e condannato, se oserà esprimersi così come pensa, in quella lingua e con quello stile di cui si vale nei rapporti con la famiglia e con la società.
Sembra strano, ma è così.
E che sia stato così anche in passato appare per molti indizi. Chi sa quanti come me hanno notato che le lettere scritte dalle persone del popolo, operai o contadini, portano, insieme con errori svariati, segni evidenti di una compassatezza e di una rigidità, che non è davvero naturale in chi di grammatica non ha e non può avere che idee molto vaghe. II vezzo di sostituire parole e frasi “di lingua”a quelle comuni è rimasto in quelle menti, accompagnato da pregiudizi di ogni genere. È rimasto e, purtroppo, rimarrà; perché non è a dire quanto sia difficile che quei pregiudizi, una volta entrati nelle menti di bambini, trovino poi la via di uscirne.
Quando, più di cinquant'anni fa, io frequentavo le scuole elementari, c’insegnavano che non è buona regola cominciare un periodo con un gerundio; e uno dei miei maestri arrivava perfino a castigare severamente chi sgarrava. Più tardi, io mi accorsi della scempiaggine di quella norma (ricordo sempre la mia maraviglia quando, sfogliando Dante, mi capitò sotto gli occhi quel principio di canto: Guardando nel suo figlio....); ma essa dové essersi ben radicata nel mio cervello, se in questi .giorni, scorrendo per curiosità parecchie centinaia di pagine da me scritte e pubblicate negli ultimi decenni, non mi è riuscito di scoprirvi neanche un gerundio in principio di periodo. Tantum religio potuit....
Malinconie, si dirà. Non credo: questo pedantismo nella scuola, se è sempre dannoso, sembra a me dannosissimo nella scuola elementare, dove le regole s'imprimono nelle tenere menti dei bambini proprio “come figura in cera si suggella”. Nella scuola media, nell'Università, se il maestro è un pedante, i ragazzi se ne accorgono e, palesemente o nascostamente, gli danno la baia; nella scuola elementare tutto quello che il maestro insegna è oro colato.
Lasciare che il bambino, appena è in forze, cammini da sé, e guidarlo e sorreggerlo, non per impedire che cada, ma perché, cadendo, non si faccia troppo male, è norma da tutti riconosciuta e consentita. Lo stesso s'ha a dire per ciò che concerne l'insegnamento. Lo so che non è facile trovare il modo di accozzare insieme due cose che sembrano a prima vista inconciliabili: libertà e disciplina; ma proprio in questo deve mostrarsi l'abilità dell'insegnante, proprio da questo si deve vedere se egli è adatto al suo nobilissimo ufficio. Non per nulla, il mestiere del maestro è senza alcun dubbio il più difficile di tutti.
Lasciato a sé, il bambino potrà scrivere piccoli capolavori. Ecco come, senza aiuti e senza suggerimenti, svolgeva un suo tema sul Natale una bambina non ancora settenne, nella quale ho riposto tutta la mia compiacenza: “Giuseppe e Maria, cammina cammina, arrivarono a Betlem. Tutti gli alberghi erano pieni. Finalmente videro una stalla e ci andarono. Nella notte alla Madonna nacque Gesù bambino; era nudo e tremava dal freddo, ma lo riscaldarono col fiato l'asino e il bue. Intanto i pastori che dormivano accanto alle pecore furono svegliati dagli angeli che annunziavano ch'era nato Gesù. Allora i pastori andarono da Gesù”.
Quanto mi piacerebbe sapere scriver così.
ENRICO BIANCHI.
Utenti presenti in questa sezione: Amazon [Bot] e 2 ospiti