Pagina 3 di 4
Inviato: lun, 16 apr 2007 18:34
di Freelancer
Freelancer ha scritto:...le segnalo questo recente libro di Raffaella Bombi: La linguistica del contatto - Tipologie di anglicismi nell'italiano contemporaneo e riflessi metalinguistici; ne può leggere una recensione nell'ultimo numero di Studi Linguistici Italiani. Vedrà che i prestiti integrali sono solo una parte, e non la più importante, del rapporto d'interferenza complessivo in corso tra inglese e italiano.
Un breve estratto dal libro di cui sopra, per illustrare come il fenomeno di interferenza tra inglese e italiano si articola su più piani e non solo, né soprattutto, nell'accoglimento in italiano dei prestiti integrali; questi sono solo una parte del fenomeno complessivo e concorrono anzi alla sua evoluzione, che non si presenta esclusivamente a senso unico verso l'italiano.
Morfema di ritorno: il caso di -ese
L'interscambio linguistico anglo-italiano si fonda anche sul riutilizzo di originari tipi morfemici italiani i quali, acquisita una nuova funzione in ambito anglofono, una volta riportati in italiano, configurano interessanti casi di morfemi di ritorno. Mentre per i lessemi c'è una sufficiente letteratura, non altrettanto è possibile affermare per la tipologia del morfema di ritorno che occupa una 'casella vuota' nel panorama delle tipologie della linguistica del contatto. Un caso interessante è quello del suffisso -ese particolarmente produttivo nell'italiano contemporaneo per la designazione di varietà linguistiche che evocano le peculiari modalità epressive di gruppi politico-sociali (sinistrese, politichese), di mezzi di comunicazione (giornalese), di specifici settori professionali e tecnico-scientifici (burocratese), fino a difficilese e italiese. Impiegato tradizionalmente per formare aggettivi etnici, ad esempio Milano > milanese, Messina > messinese, il suffisso -ese acquisisce questa nuova accezione dall'angloamericano dove è utilizzato per creare neologismi designanti specifici linguaggi e varietà diafasiche. La rifondazione semantica porta il tipo formativo ad indicare uno stile linguistico originale o anche una varietà particolare: è con questa valenza, che si allontana dalla motivazione etimologica originaria per ricollegarsi a modelli angloamericani, che il morfema "ritorna" in italiano sempre attraverso fenomeni di interferenza linguistica*. Con un movimento circolare quindi il suffisso, che dall'italiano era entrato in inglese, ci viene restituito con la valenza innovativa: pertanto in analogia alla categoria del "prestito di ritorno" è possibile ipotizzare quella del 'morferma di ritorno'.
*Cfr. H. Marcand, The category and Types of Present-Day English Word-Formation: a Synchronic-Diachronic Approach. Nel ripercorrere le tappe che hanno portato alla sua diffusione in italiano, l'A. sottolinea che il tipo formativo inglese dipende a sua volta proprio dalla forma italiana -ese ed è utilizzato in inglese con la medesima valenza "belonging to a place" (cfr. Genoese e Milanese). Il suffisso conosce in ambito anglofono una rifondazione semantica in quanto, a partire, ad esempio, da Johnsonese e Carlylese, tecnicismi con cui si indicavano lo stile e la lingua tipici di Samuel Johnson e di John Carlyle, noti per utilizzare varietà di loro invenzione, il suffisso viene applicato a basi diverse per indicare un particolare linguaggio o stile spesso connotati nel senso ironico o dispregiativo ("a strangely peculiar style" or "a negatively characteristic jargon"). Sul modello dei derivati da nomi di autori, il suffisso amplifica il suo ambito d'uso e viene applicato anche a etnici, Americanese (OED, dal 1882) o a nomi comuni, journalese (OED, dal 1882).
Inviato: lun, 16 apr 2007 19:21
di Marco1971
L’estensione semantica per influsso straniero – entro certi limiti – può essere un arricchimento per la lingua, come nel caso da lei riportato del suffisso -ese.
Digitale per numerico invece è da respingere (come anche pesticida), perché «in contrasto col nostro sistema lessicale» (Castellani).
Inviato: mar, 17 apr 2007 6:08
di Freelancer
Marco1971 ha scritto:L’estensione semantica per influsso straniero – entro certi limiti – può essere un arricchimento per la lingua, come nel caso da lei riportato del suffisso -ese.
Digitale per numerico invece è da respingere (come anche pesticida), perché «in contrasto col nostro sistema lessicale» (Castellani).
Non si sclerotizzi sulle posizioni di Castellani.
Digitale discende dal latino
digitalis, e anche a tutt'oggi si conta usando le dita se necessario; l'estensione semantica quindi, anche se ci viene dall'inglese, non ha niente di strano.
Digitale è un semplice anglolatinismo, ne parlava già Bruno Migliorini nella
Storia della lingua italiana. Applicando lo stesso criterio di rigetto lei non dovrebbe usare
idrante,
inflazione,
metropolitana,
selezione, e così via.
Anche il
pest inglese di
pesticida viene dal latino
pestis, quindi ancora una volta niente di sorprendente né scandaloso. Inoltre
pesticida risponde a un'esigenza nomenclatoria e quindi a una necessità dei parlanti; si legga infatti la definizione di
pesticida nel Treccani: comp. di
pest "peste, pianta o animale dannoso" e -
cide "-cida" - Denominazione generica di prodotti, come insetticidi, nematocidi, rodenticidi, fungicidi, erbicidi, ecc., usati quali mezzi di lotta contro organismi animali dannosi o contro infezioni fungine o contro piante infestanti; è sostanzialmente sinonimo di
antiparassitario, rispetto a cui ha però un sig. più ampio.
Inviato: mar, 17 apr 2007 12:25
di Bue
Decimo ha scritto:Si sentirebbe inoltre, caro Bue, di trovare innaturale l'istinto di autoconservazione, o meglio – ponendola sotto una luce più strettamente sociolinguistica – il diritto di reazione all'espansione invasiva di un sistema linguistico estraneo?
No di certo. Premettendo che si tratta di un "istinto" poco diffuso, ahime', data la prova dei fatti, ritengo che il conservatorismo puristico sia uno degli aspetti in gioco. E' di questo, suppongo, che si occupa la sociolinguistica, ovvero di capire o osservare come in varie societa` e in vari paesi, ciascuno con la propria storia, la lingua subisca modificazioni spontanee o eterodirette, imposte con la forza (vedi franchismo in spagna) o con la cultura, recepite e fatte proprie o meno dalla popolazione. I fattori in gioco sono tantissimi, come sempre nelle cose umane. Ci sono forze che spingono nelle varie direzioni, e ogni sistema trova il proprio equilibrio - o meglio la propria traiettoria, trattandosi di un sistema dinamico e non statico - diverso a seconda delle "condizioni al contorno", per dirla alla maniera dei fisici.
Non sostengo affatto che le spinte puristiche vadano silenziate, tutt'altro. Ma i loro effetti non saranno uguali in tutti i casi.
Inviato: mar, 17 apr 2007 12:52
di Marco1971
Freelancer ha scritto:Digitale è un semplice anglolatinismo, ne parlava già Bruno Migliorini nella Storia della lingua italiana. Applicando lo stesso criterio di rigetto lei non dovrebbe usare idrante, inflazione, metropolitana, selezione, e così via.
Queste parole non stridono:
idrante dal greco (e si vedano i numerosi composti con
idro- ‘acqua’),
inflazione e
selezione dal latino,
metropolitana dal francese. Formati tutti con elementi che rientrano nel sistema lessicale italiano. Non cosí
digitale e
pesticida: in latino
digitus vale ‘dito’ e non ‘cifra’ (e che si conti sulle dita non cambia nulla),
pestis vale ‘peste, pestilenza, epidemia’ e, al figurato ‘flagello, peste, calamità, rovina, distruzione, sventura, morte’ e non ‘pianta o animale nocivo’.
Scrive il
Grand Dictionnaire Terminologique:
Il arrive que l’on utilise l’adjectif digital en français dans le sens de « numérique ». Cet usage, peu fréquent actuellement, est à déconseiller puisque digital se rapporte aux doigts et non aux chiffres (digit, en anglais).
E il
Trésor de la langue française:
Le terme de pesticide, d’origine anglo-saxonne, devrait être abandonné au profit de l’expression produit antiparasitaire à usage agricole, utilisée par l’Administration française dans les lois, décrets et arrêtés relatifs à la protection des cultures.
E giustamente il dizionario della Real Academia Española registra
pesticida nell’unico senso di «adj. Que se destina a combatir plagas» (usato anche come sostantivo).
Inviato: mer, 18 apr 2007 15:09
di giulia tonelli
Decimo ha scritto:Caro Bue, qual è dunque la sua posizione sulle accademie linguistiche spagnola e francese? Se la natura rispetta le proprie leggi per definizione, non può condannare il tentativo degli istituti linguistici delle altre lingue romanze di porre un argine all'eccedenza di forestierismi: perché si ostina a farlo con l'italiano?
Mi permetto di dire anch'io la mia su questo, anche se la domanda e' stata rivolta a un altro. A me non sembra che nessuno *condanni* i tentativi dell'accademia francese spagnola, e io personalmente non condannerei mai un tentativo dell'Accademia della Crusca di fare altrettanto, se lo facesse. Ma il punto e' questo: l'Accademia della Crusca non lo fa. E non e' che non lo fa perche' e' una banda di scioperati, non lo fa perche' in Italia non ci sono le condizioni (storiche, sociali, politiche, economiche) perche' un tentativo simile possa avere successo. In Spagna e' "naturale" che i giornali e la TV seguano le indicazioni della Real Academia, infatti lo fanno "naturalmente", mica c'e' una legge che li obbliga, mentre in Italia questo non succederebbe mai, per ragioni storiche e sociali.
Inviato: mer, 18 apr 2007 16:14
di Infarinato
giulia tonelli ha scritto:Ma il punto e' questo: l'Accademia della Crusca non lo fa. E non e' che non lo fa perche' e' una banda di scioperati, non lo fa perche' in Italia non ci sono le condizioni (storiche, sociali, politiche, economiche) perche' un tentativo simile possa avere successo.
I respectfully disagree. 
Non lo fa perché non cj ha i soldi, e non cj ha i soldi (questo, sí) perché «in Italia non ci sono le condizioni (storiche, sociali, politiche, economiche)» che spingano lo stato o il governo a finanziare iniziative di questo genere, che potrebbero invece avere un qualche (magari modesto: anche in Francia non tutte le raccomandazioni dell’Académie attecchiscono) successo.
D’altra parte, delle due l’una: o ci si rassegna (opzione del tutto legittima, per carità) o da qualche parte bisogna pur cominciare.
Finanziamenti (massicci) dovrebbero essere stanziati a favore d’un programma [a
lunghissimo termine] vòlto a valorizzare la cultura e la lingua italiana e a promuovere una conoscenza piú approfondita dell’italiano e delle lingue in generale. Ma si potrebbe anche cominciare a investire l’Accademia della Crusca della redazione [e dell’aggiornamento] d’una lista ufficiale di traducenti dei forestierismi di piú recente acquisizione (AMMA).
Inviato: mer, 18 apr 2007 16:32
di Bue
Comunque vorrei aggiungere che, come e` stato fatto notare tempo addietro sul forum dell'Accademia (ripeto quanto appreso in quell'occasione), per uno strano caso due lingue che sono o sono state dominanti nel mondo occidentale, il latino e l'inglese, sono lingue in cui non sono mai stati fatti interventi puristici d'autorita`...
A Decimo che mi chiede un giudizio sul fatto che Franza e Spagna hanno un'Accademia moralizzatrice, rispondo che la giudico un'opzione altrettanto rispettabile di quella della Gran Bretagna che - to my knowledge - non ne ha alcuna.
Detto questo, anch'io plaudirei a un'intervento della Crusca che, ne sono sicuro, sarebbe molto misurato e sensato.
Inviato: mer, 18 apr 2007 16:39
di Bue
Infarinato ha scritto:...e a promuovere una conoscenza piú approfondita dell’italiano e delle lingue in generale.
Mi ricorda tanto le "tre I" del programma di Berlusconi... Una delle tre I era "Inglese", e il risultato fu una
diminuzione del totale ore di inglese nelle scuole.
Inviato: mer, 18 apr 2007 17:32
di bubu7
Infarinato ha scritto:Non lo fa perché non cj ha i soldi...
A proposito di soldi!
Non sono convinto di questa sua tesi.
È strano poi che con tante Facoltà di Lettere, in nessuna un professore proponga un programma di ricerca per la creazione di una lista di traducenti.
Vengono proposti e finanziati (con quei pochi soldi che ci sono) i progetti più marginali in ambito linguistico: se l'
invasione dei forestierismi fosse considerata una priorità dai linguisti, almeno un professore universitario serio, tipo il Serianni, che proponesse un progetto per la creazione di una lista, lo si dovrebbe trovare...
Lo stesso Serianni, invece di scrivere, che ne so..., un libro sul linguaggio dei medici avrebbe potuto, con ben maggiore competenza ed efficacia della nostra, scrivere un libretto in cui proponeva una lista di traducenti.
Perché non lo ha fatto? Per mancanza di soldi? Non mi sembra credibile.
Ho l'impressione che il fatto di non proporre una lista di traducenti sia una scelta voluta dei nostri linguisti più illuminati.
Inviato: mer, 18 apr 2007 17:32
di giulia tonelli
Infarinato ha scritto:Non lo fa perché non cj ha i soldi, e non cj ha i soldi (questo, sí) perché «in Italia non ci sono le condizioni (storiche, sociali, politiche, economiche)» che spingano lo stato o il governo a finanziare iniziative di questo genere
Altrettanto rispettosamente, penso che siano vere un po' entrambe le cose, o forse sono due aspetti diversi della stessa cosa, vista da due lati diversi. In altre parole, mi pare siamo sostanzialmente d'accordo. Mi sembra che l'unico punto su cui potremmo essere ancora in disaccordo sia che io penso che, anche con massicci finanziamenti e un programma quale quello auspicato, un'iniziativa del genere in Italia avrebbe molto meno successo che in Spagna. A quanto ne so, in Spagna funziona piu' o meno cosi': viene fuori una parola nuova, tipo "
mouse". I giornali si mettono a scriverla come gli viene. *Tempestivamente* la Real Academia dice pubblicamente "Si dice
raton", e tutti i giornali si mettono a scrivere
raton, e la TV a dirlo, senza tante storie. Ecco, anche con tutti i finanziamenti del mondo, io non ce li vedo i giornali e i TG in Italia ad aderire in massa a delle indicazioni del genere senza innescare polemiche infinite che probabilmente vanificherebbero o ridurrebbero sensibilmente l'effetto di un simile intervento della Crusca.
Inviato: mer, 18 apr 2007 19:30
di Marco1971
Anche a me pare piú che altro una questione di soldi: quando scrissi al presidente dell’Accademia della Crusca, mi rispose che aveva tentato d’interessare i suoi colleghi linguisti al problema del barbaro dominio ma che non si poté far nulla per mancanza di fondi.
Inviato: mer, 18 apr 2007 20:05
di methao_donor
giulia tonelli ha scritto:Infarinato ha scritto:Non lo fa perché non cj ha i soldi, e non cj ha i soldi (questo, sí) perché «in Italia non ci sono le condizioni (storiche, sociali, politiche, economiche)» che spingano lo stato o il governo a finanziare iniziative di questo genere
Altrettanto rispettosamente, penso che siano vere un po' entrambe le cose, o forse sono due aspetti diversi della stessa cosa, vista da due lati diversi. In altre parole, mi pare siamo sostanzialmente d'accordo. Mi sembra che l'unico punto su cui potremmo essere ancora in disaccordo sia che io penso che, anche con massicci finanziamenti e un programma quale quello auspicato, un'iniziativa del genere in Italia avrebbe molto meno successo che in Spagna. A quanto ne so, in Spagna funziona piu' o meno cosi': viene fuori una parola nuova, tipo "
mouse". I giornali si mettono a scriverla come gli viene. *Tempestivamente* la Real Academia dice pubblicamente "Si dice
raton", e tutti i giornali si mettono a scrivere
raton, e la TV a dirlo, senza tante storie. Ecco, anche con tutti i finanziamenti del mondo, io non ce li vedo i giornali e i TG in Italia ad aderire in massa a delle indicazioni del genere senza innescare polemiche infinite che probabilmente vanificherebbero o ridurrebbero sensibilmente l'effetto di un simile intervento della Crusca.
Purtroppo qui mi è difficile dissentire.

In effetti l'eventuale progamma da finanziare dovrebbe essere a (molto) lungo termine (come giustamente diceva qualcuno più sopra; non me ne voglia se non vado a ricercare l'intervento specifico).
Non ci si potrebbero aspettare risultati immediati. Pian piano, tuttavia, credo che qualcosa di apprezzabile si potrebbe vedere.
Ma, ahimè, queste son per ora destinate a rimaner supposizioni.

Inviato: mer, 18 apr 2007 21:08
di Marco1971
In effetti, sono supposizioni.
Intanto né in Francia né in Spagna, credo, le accademie intervengono pubblicamente; né mi pare plausibile che in quattro e quattr’otto i mèdia adottino i termini sostitutivi da esse proposti. Semplicemente esistono delle commissioni terminologiche che raccomandano quali sono i termini preferibili; poi ognuno è libero di scegliere, mica mandano la gente in galera perché parla male. In definitiva io mi contento di questo: di sostituti riconosciuti ufficialmente che possa usare chi li vuole usare, senza la ricorrente e ingenua domanda: «È nel vocabolario?».
Inviato: mer, 18 apr 2007 21:18
di methao_donor
Ma a proposito di vocabolari, qualcosa dovrebbe essere fatto proprio in tal senso. E un'accademia normativa, in tal senso, potrebbe far moltissimo!
Se i sostituti cominciassero a comparire nei vocabolari, io son convinto che sarebbe tutta un'altra storia.
V'è un fiducia incondizionata nel detto strumento. Giusto pochi giorni fa ho avuto una discussione con un'amica a proposito di <<reboante>> (lo so, non c'entra coi forestierismi; ma penso si capisca qual è il punto) e ho dovuto patire non poco per convincerla, proprio perché il suo dizionario "ammette ambo le forme". :/
Naturalmente, molte persone del dizionario se ne fregano e adoperano i termini che sentono dire. Ma comparendo sul dizionario, sulla bocca di qualche <<dotto>> o <<semi>> ci finirebbe. Possibilmente su quella di qualche giornalista. E da qui, ecco che le cose possono farsi interessanti.