La domanda è interessante e, secondo me, non è affatto banale, perché non mi sembra che esista una regola precisa al riguardo.
La risposta sembra immediata: oggi,
i-esimo si scrive preferibilmente col trattino. Ma non è sempre stato cosí, e in letteratura si trovano esempi anche bizzarri.
Alla voce
-esimo del
Treccani leggiamo:
In matematica, può essere aggiunto sia a un numero sia a una lettera o a un’espressione: 0-esimo (zeresimo, di posto zero), n-esimo (ennesimo, di posto n), i-esimo (iesimo), (n2 + 1)-esimo (ennequadratopiuunesimo), ecc.; anche scritto 0-mo, n-mo, i-mo, ecc.
Come interpretarlo?
Apparentemente, si scrive
i-esimo e si legge
iesimo, cosí come
0-esimo si legge
zeresimo, ecc.
Ma non è detto che non si possano scrivere anche per esteso, cioè
zeresimo,
iesimo e perfino
ennequadratopiuunesimo!
Se dobbiamo fidarci dei
dati di Google, sembra che
i-esimo col trattino sia un uso recentissimo, mentre prima si scriveva
iesimo o piú raramente
i esimo.
E questo vale anche per le altre posizioni: era possibile, dunque, trovare
grafie «illeggibili» come
jesimo,
kesimo e via dicendo (laddove, credo, le pronunce piú diffuse dovrebbero essere
geiesimo –o
iotesimo– e
cappesimo, non registrate nei dizionari).
Peraltro, in testi ottocenteschi si trovano stranezze come questa, in cui è scritto «dall'jesimo» con l'apostrofo:
Non riesco a immaginare come si potesse leggere una cosa simile: forse… «dall'illunghesimo»? O, piú probabilmente, «dall'iotesimo».
Insomma, in attesa di pareri piú autorevoli, io penso che si possa scrivere in entrambi i modi che propone, facendosi guidare dalle proprie preferenze (o, se si sta scrivendo un libro, dalle convenzioni della casa editrice).
