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«Nation-building»
Inviato: mer, 06 ago 2008 21:04
di Marco1971
Un anglicismo che manca anche all’ultimissimo aggiornamento del GRADIT (ma provvederanno a inserirlo nel prossimo) e che ho letto in un provocatorio articolo intitolato
L’Italia non esiste. E non serve a nulla (
La Voce di Romagna, 22.07.08) – sublimemente commentatomi in privato dal caro CarloB, che ringrazio anche in questa sede. Ecco la frase:
Ad attuare politiche di nation-building ci provò la classe dirigente post-unitaria e poi il fascismo, ma entrambi fallirono miseramente.
Niente corsivo (come anche per
melting pot e
élite, quest’ultimo orbato d’accento e usato al plurale con una ‘s’). Immagino, a questo punto, che tutti i lettori del giornale conoscano il significato del termine (facilissimo per chi sa l’inglese).
Freelancer sarà contento: non mi sognerei mai di ricavare da una siffatta parola un mostruoso adattamento come
nesciobbildi, nesciobbildingo, naziobbildi o
naziobbildingo, perché, spero che me lo riconosca, un po’ di gusto e di senno ce l’ho anch’io. Il concetto qui espresso mi pare cosí semplice che mi vergogno quasi a proporre
costruzione nazionale, locuzione già nell’uso (vedi
Google). Quattro sillabe contro otto; quattordici lettere (piú il trattino) contro venti (piú lo spazio): abbiamo già perso?
Inviato: gio, 07 ago 2008 0:16
di Freelancer
Non ho mai dubitato che lei abbia gusto e senno. Il mio discorso nell'altro filone non si riferiva all'uso snobistico o a effetto - tipico del giornalismo - o semplicemente dovuto a provincialismo, dei forestierismi. Né c'è dubbio, mi sembra, che questo concetto si possa esprimere in modo italianissimo. Tentarne un adattamento - non mi è chiaro se lei faccia ironia - significherebbe conferire a un sintagma magari transitorio, che lascerà il tempo che trova, più importanza di quel che meriti.
Inviato: gio, 07 ago 2008 0:26
di Marco1971
No, no, nessun’ironia, caro Roberto: sarebbe ridicolo, nel caso in oggetto, un adattamento! Ho solo voluto sottolineare, appunto, che non ricorro all’assimilazione, per le mie proposte, in maniera indiscriminata, ma solo quando ciò è necessario (e possibile, ché non è sempre) perché non c’è altra soluzione soddisfacente da tutti i punti di vista. E qui, mi sembra, costruzione nazionale è perfetto. No?
Inviato: gio, 07 ago 2008 1:02
di Marco1971
Mette conto dare la definizione del termine inglese (dal dizionario COBUILD):
nation-building Journalists sometimes use nation-building to refer to government policies that are designed to create a strong sense of national identity. [JOURNALISM] …calling for reconciliation and nation building after the bitter election campaign… This revolutionary expansion required energetic nation-building policies.
(Traduzione: I giornalisti usano talvolta nation-building per indicare politiche di governo volte a creare un forte sentimento d’identità nazionale.)
Esempio tratto da Google Books (Europa di confine di Enrica Rigo, p. 85, grassetto mio):
Diviene in questo modo facile “affrancare” la cittadinanza europea dal rischio di ricadere in quei processi di costruzione nazionale che hanno segnato, o continuano a segnare, il rapporto di appartenenza dei cittadini con i singoli paesi membri.
Inviato: gio, 07 ago 2008 16:12
di Carnby
Un po' agrammaticale ma ha il vantaggio della brevità: creanazione: «quei processi di creanazione che...».
Inviato: gio, 07 ago 2008 16:29
di Marco1971
Non direi «agrammaticale»: è al contrario una parola formata regolarmente da radice verbale + sostantivo, come ce n’è a migliaia in italiano. Avrebbe solo il lieve svantaggio di non esser supportata da una lunga serie (con
crea- ho trovato solo il gergale
creapopoli per «il pene»

), ma ciò non è determinante, e, se si tiene alla brevità e codesta neoformazione piace, ben venga!

Inviato: gio, 07 ago 2008 20:25
di CarloB
Interessante la definizione del COBUILD, che riserva l'uso di
nation-building ai giornalisti. Avrei pensato che avessero qualcosa da dire anche politologi, sociologi e storici

Viene segnalata una fonte precisa?
A proposito: di nulla, caro Marco.
Inviato: gio, 07 ago 2008 21:49
di Marco1971
Il COBUILD è un dizionario fondato sullo spoglio elettronico di milioni di fonti scritte e orali, britanniche e delle altre varietà d’inglese:
The Bank of English, che attualmente consta di oltre 450 milioni di parole e cresce in continuazione. Le indicazioni di tale dizionario sono quindi precisissime, perché procedono dall’analisi rigorosa dei dati. La marca [JOURNALISM] significa «usato prevalentemente nel giornalismo».
A mio avviso – anche per l’impostazione rivoluzionaria dell’opera, che definisce le parole con frasi di senso compiuto, usando, nella stessa definizione, il costrutto nel quale si trova piú spesso la parola definita – è il miglior dizionario monovolume di livello avanzato, con esempi reali tratti dalla
Bank of English, l’indicazione della frequenza assoluta d’uso e di tutte le reggenze e costruzioni possibili.
Inviato: gio, 07 ago 2008 23:09
di CarloB
Ottimo il COBUILD, che non conoscevo. Da procurarselo.
La mia sorpresa derivava dalla supposizione, non so ancora se vera o no, che l'espressione nation-building sia stata coniata da qualche politologo o sociologo. Ciò non toglie che lo stesso l'abbia usata in un editoriale o un commento per l'Economist o il Times, come i nostri Giovanni Sartori per il Corrriere o Ilvo Diamanti per la Repubblica. Dunque l'espressione viene trovata dai creatori della banca dell'inglese nel giornalismo, e una volta lanciata i giornalisti la riprendono e ripetono. Però l'origine può non essere giornalistica. Dico può, perché non so realmente chi abbia messo per la prima volta su carta nation-building.
Inviato: gio, 07 ago 2008 23:30
di Marco1971
L’
Oxford English Dictionary – salvo errore da parte mia – fa risalire la prima attestazione di
nation-building al 1913:
1913 N. M. Butler in Educational Rev. (N. Y.) Apr. 405 These six men are..the moving forces of the constructive nation-building of the American people.
Altro non so… Se non che
nation-builder precede (1907).
Inviato: gio, 07 ago 2008 23:36
di Infarinato
CarloB ha scritto:La mia sorpresa derivava dalla supposizione, non so ancora se vera o no, che l'espressione nation-building sia stata coniata da qualche politologo o sociologo.
Ecco la prospettiva storica:
L’[i]Oxford English Dictionary[/i], DRAFT REVISION June 2008, [i]s.v. [/i]«nation, [i]n.[/i]¹» ha scritto:nation-building n. and adj. (a) n. the creation of a new nation, esp. a newly independent nation; the encouragement of social or cultural cohesion within a nation; (b) adj. characterized by or relating to such activity.
1862 R. HATCH Bible Servitude Re-examined 243 Along with the progress of society and *nation-building, this trespass gradually progressed. 1913 Educ. Rev. (N.Y.) Apr. 405 These six men are..the moving forces of the constructive nation-building of the American people. 1913 Educ. Rev. (N.Y.) Apr. 406 The most prominent in the galaxy of our nation-building heroes. 1931 Economist 7 Mar. 486/1 One of the urgent needs of India is that the Provinces should have funds available for so-called ‘nation building’ services. 2000 N.Y. Rev. Bks. 24 Feb. 44/3 The Ukrainian government initially concentrated on ‘nation-building’—which meant creating a bureaucracy as large as possible, provided it was ‘national’.
Inviato: ven, 08 ago 2008 9:20
di CarloB
Molte grazie a
Marco e a
Infarinato per l'utilissima messe di informazioni.
Che riserva una (a me gradita) sorpresa: la prima menzione di
nation-building si deve dunque al reverendo Reuben Hatch, che a Cincinnati, Ohio, pubblicò nel 1862 un trattato (leggibile attraverso Google) per smentire l'affermazione dei filoschiavisti che la schiavitù fosse difendibile sulla base dei testi biblici. La data colloca il testo alla vigilia del proclama di emancipazione di Lincoln. La sorpresa mi è gradita perché sono argomenti che mi interessano e ho imparato qualcosa.
Certo, poi passò mezzo secolo prima che il termine venisse ripreso, in quella che sembra essere stata una rivista di pedagogisti e scienziati sociali fondata nel 1881 (informazione scovata sempre gugolando). Chissà se all'epoca da noi qualche politologo (penso anzitutto a Gaetano Mosca) lo fece suo e trovò il modo di tradurlo.
Un interrogativo a proposito della citazione fatta da Marco:
…constructive nation-building…
come stanno assieme
constructive e
-building? Come si potrebbe tradurre in italiano?
Efficace costruzione nazionale?
Inviato: ven, 08 ago 2008 10:18
di Infarinato
Marco1971 ha scritto:…nation-builder precede (1907).
Per spirito di completezza aggiungo che l’ultimo aggiornamento dell’
OED riporta anche per
nation-builder una citazione piú vecchia, che però è ora
posteriore alla prima attestazione di
nation-building:
L’[i]Oxford English Dictionary[/i], DRAFT REVISION June 2008, [i]s.v. [/i]«nation, [i]n.[/i]¹» ha scritto:1883 Cent. Mag. Sept. 718 It [sc. rude energy] is a quality very necessary in *nation-builders and the subduers of a savage continent.
CarloB ha scritto:Un interrogativo a proposito della citazione fatta da Marco:
…constructive nation-building…
come stanno assieme
constructive e
-building? Come si potrebbe tradurre in italiano?
Efficace costruzione nazionale?
Mi sembra una soluzione ragionevole.
Positivo,
propositivo e —ovviamente—
costruttivo qui non ci stanno… a meno di non tradurre
nation-building con una diversa [probabilmente piú lunga] locuzione italiana.
Inviato: sab, 09 ago 2008 18:54
di Infarinato
Carnby ha scritto:Un po' agrammaticale ma ha il vantaggio della brevità: creanazione: «quei processi di creanazione che...».
Ovviamente, si può sempre ricorrere al greco:
etnopoiesi, coi derivati
etnopo[
i]
eta e
etnopo[
i]
etico, per i quali non parlerei nemmeno di neoformazioni (o neoconiazioni) in senso pieno, ma solo di nuovi composti, di neologismi in senso blando, essendo prefisso e suffissi ampiamente attestati in italiano… e sfido chiunque a dirmi che non possono essere usati come tecnicismi o che non sono abbastanza «formali»!

Inviato: sab, 09 ago 2008 19:50
di Freelancer
Ma nation-building non è un tecnicismo, bensì una semplice locuzione che si può rendere agevolmente con costruzione nazionale come detto all'inizio, o eventualmente con altre locuzioni che chi scrive vorrà magari usare per variatio.
Riguardo poi al seguire questa chimera della brevità proponendo composti, greci o no, che a volte - posso dirlo? - rasentano l'assurdità, sperando così vanamente di rimandare al mittente tutti i forestierismi che arrivano e che vengono usati, magari a sproposito, ho già detto la mia più volte e non voglio ripetermi.