«Ci se ne frega» e «ce ne si accorge»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:[S]i potrebbe dire che, nel caso in cui si rendesse la prima persona plurale coll'impersonale, sarebbe preferibile considerare ci come particella pronominale riflessiva (noi ci accorgiamo---> noi ci si accorge), mentre, qualora il soggetto impersonale della frase fosse la terza persona singolare, ci non sarebbe altro che la forma che il si impersonale assume davanti a un altro si [(egli) si accorge---> ci si accorge]?
No, non si potrebbe, ché francamente non ha molto senso. :P

Innanzitutto, nella costruzione del «si impersonale» il soggetto sintattico non c’è proprio (ovviamente, il soggetto semantico resta presente con un’interpretazione generica [noi, la gente etc.] o indeterminata [qualcuno]) (*) e il verbo è sempre nella forma della 3ª persona singolare, quindi non è proprio possibile distinguere i due casi cui Lei fa riferimento.

Lo ripeto: rimanendo in un àmbito sincronico, non c’è modo di sapere quale tra il ci e il si sia il riflessivo e quale l’impersonale (e ancor di meno in un dialetto come il veneziano, dove una sequenza del tipo si si è del tutto grammaticale: e.g., se se senta «ci si siede»!). Anzi, considerando quel che accade quando vi si frappone un verbo modale, si sarebbe quasi tentati d’interpretare il primo (quindi il ci) come impersonale e il secondo (il si) come riflessivo.

Tuttavia, la [probabile] trafila logica (in diacronia) noi laviamo ~ noi ci laviamo → noi si lava ~ noi ci si lava, nonché il fatto che in un ci si lava nel senso di «si lava lí» l’impersonale occupi la seconda posizione, c’inducono a ritenere che esso occupi la seconda posizione anche quando ci si lava è interpretato come «si lava sé stessi», ὅπερ ἔδει δεῖξαι. ;)

_____________________
(*) Il noi in noi ci si accorge, noi ci si lava etc. non è un vero soggetto sintattico, bensí un «morfema personale ridondante», come nelle lingue a clitico soggetto obbligatorio, quale il fiorentino si è venuto in effetti a configurare nel corso dei secoli (e.g., francese nous on mange; moi, je [ne] crois pas), o come il sintagma preposizionale a me in a me mi piace —intendiamoci: «sintatticamente ridondante», ma talora pragmaticamente necessario.

Semplificando, a volte si dice [impropriamente per l’italiano, ma correttamente sia per, e.g., il francese sia per il fiorentino moderno] che il soggetto [sintattico] dell’impersonale è il clitico si… In ogni caso, non è noi. ;)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Chiarissimo! La ringrazio assai! :)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Rispolvero questo filone, ché soltanto ora mi sono accorto di questo intervento di Marco: la si non urta per influsso fiorentino. In questo senso, non ce la si fa non potrebbe riacquistare un po' di credibilità? Comunque, in attesa che qualche anima pia possa svellere l'intimo mio dubbio, vi dico —cosí, tanto per dire— che la forma dialettale del costrutto incriminato è nu jje se la fa, che, in italiano, dovrebbe corrispondere a un ipotetico non ci se la fa. Tutto ciò non è forse bizzarro? Una forma ancora piú errata dell'originale, coll'inversione del clitico e del si impersonale. E non si capisce come mai, nel mio vernacolo, abbia preso piede questa variante. Misteri della lingua.
Avatara utente
Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Ivan92 ha scritto:Rispolvero questo filone, ché soltanto ora mi sono accorto di questo intervento di Marco: la si non urta per influsso fiorentino. In questo senso, non ce la si fa non potrebbe riacquistare un po' di credibilità?
Non posso parlare per Marco1971, ma credo proprio di no. Una frase "italiana" (nel senso di "concepita nell'ottica di un italiano sovraregionale") costruita con la si non urta l'orecchio fiorentino perché in fiorentino esiste una costruzione che suona allo stesso modo, pur essendo strutturalmente diversa. Quel la fiorentino è una ripresa del soggetto (e quindi non è un complemento oggetto, che è l'unica maniera in cui si può interpretare nella frase "italiana"). Una frase come "la tisana la si può bere" viene letta, da un fiorentino, come "la tisana, essa (sogg.) si può bere": pertanto sempre lo stesso ipotetico fiorentino accetterebbe "la tisana la si può bere" ma non "la tisana si può berla", dove i nodi vengono al pettine e l'equivoco tra la soggetto (fiorentino) e la complemento oggetto (italiano) viene svelato. Da un punto di vista "italiano", invece, le due frasi sono logicamente equivalenti (sebbene la seconda sia ancora più orrida).
Questo spiega anche perché la "tolleranza fiorentina" è concessa al femminile ma non al maschile: il corrispondente maschile del la "italiano " è lo, quello del la fiorentino è ei (e'), quindi il salvifico equivoco non è possibile.
Allo stesso modo, la costruzione "italiana" ce la si non è esportabile in fiorentino (e quindi non ha speranza di legittimazione) perché, col la soggetto fiorentino, l'ordine è la ci si, essendo la soggetto («Tua madre va sempre a far le compere alla "Coppe"?» «Sì, la ci si trova tanto bene»).
Poi, se ho scritto delle castronerie, qui c'è dovizia di toscani pronti a correggermi. :wink:
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Esauriente spiegazione, caro Animo Grato! :)
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