L'inesistenza del verbo «parire»

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PersOnLine
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L'inesistenza del verbo «parire»

Intervento di PersOnLine »

Forse vi sembrerà una domanda un po' sciocca, ma perché non esiste il verbo parire?

Dal De Mauro apprendo che esistono i verbi:

ap-parire
com-parire
dis-parire
s-parire
tras-parire

con dei prefissi (a-, con-, dis-, s-, tras-) che normalmente si usano per derivare nuovi termine da una parola madre, ma il verbo "parire" non compare in nessun dizionario, come mai?
Dario Brancato
Interventi: 71
Iscritto in data: mar, 25 set 2007 1:45

Re: L'inesistenza del verbo "parire"

Intervento di Dario Brancato »

Parire, caro PersOnLine, non esiste perché abbiamo già il verbo parere. Non si tratta, tuttavia, di una domanda sciocca e la risposta non è così ovvia come sembrerebbe. Per spiegare l'assenza (o meglio la mancata formazione) di parire, è necessario partire dalla pronuncia di pareo e composti (tutti della seconda coniugazione, con la -e della desinenza lunga): ebbene, in epoca imperiale la e si pronunciava sempre più come una semivocale j. Di conseguenza, accanto a pareo, compareo, ecc., si formarono, per analogia a venio, -ire, anche parjo, comparjo, da cui, per la nota legge fonetica di riduzione del nesso rj, si hanno le forme paio, compaio. La forma parire non è estranea all'italiano antico (sebbene io non ne abbia trovato riscontro su testi fiorentini), ma è possibile che essa coesistesse con quelle regolari parere, apparere (che è presente in Petrarca e Boccaccio). Una volta reciso il nesso semantico fra parere - che ancora in Dante ha il significato di 'apparire evidentemente' ("Tanto gentile e tanto onesta pare") - e i suoi composti, questi ultimi seguirono un'evoluzione che portò alla scomparsa degli allomorfi della seconda coniugazione.
Avatara utente
Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Le forme piú logiche, che continuano quelle latine, sono quelle in -ére, e infatti si trovano fin dalle origini, in concorrenza con quelle in -ire sino al Cinquecento.

Parire è sicuramente dovuto all’influsso della scuola siciliana (prima attestazione in Giacomo da Lentini e altri poeti siciliani), ripreso da Guittone d’Arezzo.

Do qui sotto le prime attestazioni di apparere, comparere, disparere, sparere e trasparere (ricavate dalla LIZ[a] 4.0).

E però dice e comanda la Legge, che a ciò provede, che la persona del padre sempre santa e onesta dee apparere alli suoi figli. (Dante, Convivio, Tratt. 4, 24) [Prima attestazione in Guittone d’Arezzo.]

Lo tribuno li iessìo denanti armato, e sì·llo fece iurare sopra lo cuorpo de Cristo e sopra lo Vagnelio de non venire contra allo tribuno e alli Romani, e de fare la grascia, e tenere le strade secure, e non recettare latroni né le perzone de mala connizione, anche de favorare alli orfani e alli pupilli, e non fraudare lo bene dello Communo, e comparere armato e senza arme ad onne soa petizione. (Anonimo romano, Cronica, cap. 18)

S’Amor medesmo n’avesse volere,
non disfarebbe in cor la sua pintura,
però che ’l fin amor non è figura
da poter mai disfarsi o disparere.
(Cino da Pistoia, Poesie, 6)

Tant’allegrezza nel meo core abbonda
di sì alto servaggio
che m’ha e tiemmi tutto in suo volere,
che non posa già mai, se non com’onda,
membrando il suo visaggio
ch’ammorza ogn’altro viso e fa sparere
in tal manera che là ’ve ella appare
nessun la può guardare,
e mettelo in errore.
(Orbicciani, Rime, canz. 11)

Se ’l primo fosse, fora manifesto
ne l’eclissi del sol, per trasparere
lo lume come in altro raro ingesto.
(Dante, Par., II, 79-81)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Marco1971
Moderatore
Interventi: 10445
Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Resta da chiarire perché i composti di parere hanno finito col conservare la sola, illogica forma in -ire... :roll:
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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