«Cotto» e «cociuto»
Inviato: sab, 11 lug 2009 17:59
Fausto Raso ci segnala questa poco nota particolarità del participio passato di cuocere: in alcuni usi figurati s’adoprerebbe la forma cociuto. Riporto quanto in proposito scrive Aldo Gabrielli (Si dice o non si dice?, Milano, Mondadori, 1976, pp. 208-209):
[...] Ma proprio di questo participio sarà bene dire qualcosa di piú; perché accanto alla forma latineggiante còtto l’italiano ha foggiato un altro participio regolare che segue la coniugazione dei verbi in -ere: il participio cociuto (non cuociuto), sul modello di temuto.
Lo so, questo cociuto non è comune nell’uso, e molti perfino lo ignorano; però esiste, e ha una sua particolare funzione. Infatti, mentre còtto si usa solo nel significato proprio: «La minestra è cotta», o anche figurato riferito a passioni ardenti: «Era cotto d’amore»; l’altro participio, cociuto, s’usa come intransitivo nel significato figurato di «rincresciuto», «preso da dispetto» e simili. Si dice infatti «Quell’osservazione mi coceva», cioè mi rincresceva, mi indispettiva, mi bruciava; dovendo usare il participio passato, in questo senso dovremo sempre ricorrere a cociuto e non a cotto; diremo perciò «Quell’osservazione mi era molto cociuta», «Figure simili sarebbero cociute a tutti». Un esempio da Villa Beatrice di Cicognani: «L’esclusione aveva cociuto alla signora Isabella».
Qualcuno mi obietterà: cociuto, ma che brutto participio! A me però sembra che anche rincresciuto non scherzi (e rimando a quel che dirò tra poco per il procombuto).
È d’uopo tuttavia rilevare due cose: di questa forma regolare del participio passato di cuocere non si trova alcun esempio nella LIZ[a] (né la menziona il Battaglia sotto cuocere, e non si trova a lemma); il Treccani la marca «fig. e disus.». Tra i vocabolari dell’uso, trovo questi soli tre esempi:
«mi è cociuto il suo rimprovero» (Devoto-Oli [2004-2005])
«questo insuccesso gli è cociuto molto» (Garzanti [1987])
«la mortificazione subíta gli è cociuta molto» (De Agostini, ex Sàndron)
L’assenza di questa forma dalla grande tradizione letteraria c’induce a pensare a una formazione relativamente recente, e dalla scarsa fortuna: oltre al «disusato» del Treccani, si legge spesso nei dizionari «raro». In fondo disponiamo di cosí tanti sinonimi da poter fare tranquillamente a meno di questo innocente, ma cocciuto cociuto.
[...] Ma proprio di questo participio sarà bene dire qualcosa di piú; perché accanto alla forma latineggiante còtto l’italiano ha foggiato un altro participio regolare che segue la coniugazione dei verbi in -ere: il participio cociuto (non cuociuto), sul modello di temuto.
Lo so, questo cociuto non è comune nell’uso, e molti perfino lo ignorano; però esiste, e ha una sua particolare funzione. Infatti, mentre còtto si usa solo nel significato proprio: «La minestra è cotta», o anche figurato riferito a passioni ardenti: «Era cotto d’amore»; l’altro participio, cociuto, s’usa come intransitivo nel significato figurato di «rincresciuto», «preso da dispetto» e simili. Si dice infatti «Quell’osservazione mi coceva», cioè mi rincresceva, mi indispettiva, mi bruciava; dovendo usare il participio passato, in questo senso dovremo sempre ricorrere a cociuto e non a cotto; diremo perciò «Quell’osservazione mi era molto cociuta», «Figure simili sarebbero cociute a tutti». Un esempio da Villa Beatrice di Cicognani: «L’esclusione aveva cociuto alla signora Isabella».
Qualcuno mi obietterà: cociuto, ma che brutto participio! A me però sembra che anche rincresciuto non scherzi (e rimando a quel che dirò tra poco per il procombuto).
È d’uopo tuttavia rilevare due cose: di questa forma regolare del participio passato di cuocere non si trova alcun esempio nella LIZ[a] (né la menziona il Battaglia sotto cuocere, e non si trova a lemma); il Treccani la marca «fig. e disus.». Tra i vocabolari dell’uso, trovo questi soli tre esempi:
«mi è cociuto il suo rimprovero» (Devoto-Oli [2004-2005])
«questo insuccesso gli è cociuto molto» (Garzanti [1987])
«la mortificazione subíta gli è cociuta molto» (De Agostini, ex Sàndron)
L’assenza di questa forma dalla grande tradizione letteraria c’induce a pensare a una formazione relativamente recente, e dalla scarsa fortuna: oltre al «disusato» del Treccani, si legge spesso nei dizionari «raro». In fondo disponiamo di cosí tanti sinonimi da poter fare tranquillamente a meno di questo innocente, ma cocciuto cociuto.