Di solito ci si libera da qualcosa (si veda l’abbondante esemplificazione nel Treccani in linea), ed è questa la costruzione normale. Sono giunto a una conclusione semplice: ci si libera da cose perlopiú profonde, dolorose, importanti, e ci si libera di cose o persone poco importanti o materiali (liberarsi della giacca, d’un seccatore). Trovo una specie di conferma nello stesso Treccani, che sottolinea anche una bellissima sfumatura tra liberarsi dagli avversari e liberarsi degli avversari:
liberarsi dagli avversarî, sottrarsi alla loro forza; ma, liberarsi degli avversarî, togliere loro la possibilità di nuocere, o anche privarli della vita; in genere, liberarsi di qualcuno, levarselo di torno: finalmente mi son liberato di quel seccatore! In senso più concr. e materiale, liberarsi di un peso, di un impaccio, liberarsi degli abiti, toglierseli di dosso.
Avvertite le sfumature?
«Liberarsi ‹da› e ‹di›»
Moderatore: Cruscanti
«Liberarsi ‹da› e ‹di›»
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
- Ferdinand Bardamu
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È una differenza che avevo avvertito anch'io e che lei ha ben espresso. Forse la preposizione da è usata in riferimento a cose di maggior momento per via dell'idea di separazione e allontanamento che porta con sé.
In questo modo, vien da dire che ci si libera dai nemici perché li si espelle con forza, dacché questi ci assediano.
In questo modo, vien da dire che ci si libera dai nemici perché li si espelle con forza, dacché questi ci assediano.
Non capisco: si dice che ci si libera di qualcosa di poco importante, però poco dopo s'afferma che, se ci si libera degli avversari, quest'ultimi vengono privati della loro vita. Togliersi di dosso una giacca non è come sventare una minaccia o, peggio ancora, uccidere una persona. Non è contraddittorio quel che dice il Treccani?
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