«Àlacre » o «alàcre »

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«Àlacre » o «alàcre »

Intervento di PersOnLine »

Qual è la giusta accentazione di alacre: tutti i dizionari attestano entrambe le pronunce senza riserve, tranne il Treccani che definisce quella piana "meno corretta"?
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Infarinato
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Re: «Àlacre » o «alàcre »

Intervento di Infarinato »

PersOnLine ha scritto:Qual è la «giusta» accentazione di alacre…?
Àlacre, che è la pronuncia «etimologica» (in latino la seconda a è breve).
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bubu7
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Re: «Àlacre » o «alàcre »

Intervento di bubu7 »

PersOnLine ha scritto:Qual è la giusta accentazione di alacre?
In questo caso non parlerei tanto di accentazione "giusta" quanto, come fanno più o meno esplicitamente la maggior parte dei migliori dizionari, di accentazione più o meno comune.

Mi stupisce la posizione del Treccani in linea, in contrasto anche con quanto riportato nella sua prima edizione cartacea: "meno com[une] alàcre". Lo stesso DOP, fin dalla sua prima edizione, usa la dicitura "meno comune" riportando due esempi di D'Annunzio, uno per ogni diversa accentazione.

Approfondendo l'analisi storica vediamo che stiamo parlando di una voce dotta che è attestata, nell'accezione moderna, dalla metà dell'Ottocento (il Carducci affermava: "non comune nell'uso, e sa troppo di lat[ino/inismo]").

Ricordiamo che dallo stesso termine latino (*alecris, variante di alacer) abbiamo avuto, in epoca remota, anche allègro (secondo le tesi più accreditate come prestito galloromanzo, secondo altri per evoluzione interna).

Oggi, che il termine viene maggiormente letto e ripetuto anche dalla gente comune, aumentano i dubbi su una pronuncia "faticosa" come àlacre ed è quindi favorita la variante piana che continua ad essere meno comune a causa della relativa scarsa diffusione del termine.

Nella storia delle lingue romanze lo scivolamento dell'accento è la regola quando nel latino volgare abbiamo la penultima vocale breve davanti al nesso occlusiva + liquida (es. lat. volg. alacre[m], con la seconda a breve). Le teorie avanzate per spiegare questo fenomeno sono state varie (cfr. Tèkavcic - Grammatica storica dell'italiano, par. 427) ma l'esito è quello descritto di sopra (come riportato, ad esempio per allègro, da REW 307).

Segnalo, per contrasto, l'aumento della diffusione di èdile rispetto a edìle: con l'intenzione di "nobilitare" un termine comune, spesso associato a ambiti considerati plebei, attraverso una pronuncia avvertita come dotta. Questa ritrazione dell'accento è dovuta a un fenomeno chiamato ipercorrettismo volto a contrastare la tendenza naturale descritta in precedenza.

Per concludere non mi sentirei di oppormi alla diffusione di alàcre parallela alla maggiore diffusione del termine nella lingua parlata. :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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bubu7
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Re: «Àlacre » o «alàcre »

Intervento di bubu7 »

bubu7 ha scritto: [...] Mi stupisce la posizione del Treccani in linea, in contrasto anche con quanto riportato nella sua prima edizione cartacea: "meno com[une] alàcre". Lo stesso DOP, fin dalla sua prima edizione, usa la dicitura "meno comune" riportando due esempi di D'Annunzio, uno per ogni diversa accentazione.
[...]
Ho segnalato l'anomalia alla redazione del Treccani in linea ipotizzando una svista dei compilatori per la voce alacre .
Come potete vedere la voce è stata corretta. :)
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Intervento di Decimo »

bubu7 ha scritto:Lo stesso DOP, fin dalla sua prima edizione, usa la dicitura "meno comune" riportando due esempi di D'Annunzio, uno per ogni diversa accentazione.
Apro una parentesi. Dev’esser chiaro che il secondo esempio di D’Annunzio non costituisce una prova a sostegno della «legittimità» della pronuncia piana. Non è infatti un passo in prosa, bensí un verso, il pentametro «barbaro» del seguente distico elegiaco:

Forte il mio spirito ardendo occupò il suo cuore profondo
come la fiamma alàcre abita l’urna cava.
(D’Annunzio, Elegie romane, «Elevazione», vv. 19–20)

Alàcre chiude il primo emistichio —un settenario—, e cade quindi prima della cesura. Ne concludo che l’accentazione piana è qui dovuta a un fenomeno di parossitonesi (analogo a tènebra/tenèbra; v. DOP, s.v.), e non a una qualche concorrenza di dizioni fuori di poesia. Le attestazioni, pertanto, vanno necessariamente cercate altrove.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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Intervento di bubu7 »

La sua osservazione è interessante, caro Decimo, e in parte condivisibile sebbene la conclusione, che sia una variante poetica come nel caso di tenèbra, mi sembri anch'essa forzata: invece di una licenza poetica potrebbe trattarsi di una precoce coesistenza delle due varianti.

La prova a sostegno della legittimità della variante meno comune è data dall'indicazione del DOP, "meno comune", concordante con quella dei maggiori vocabolari (ormai anche del Treccani in linea) anche se l'esempio riportato non è dei più felici. Si notino le diverse indicazioni del DOP per tenèbra che viene indicata come variante poetica (si confronti anche il DiPI).
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Intervento di Brazilian dude »

Fra le lingue romanze l'accentazione non è uniforme: in portoghese è sdrucciola (álacre) e in spagnolo piana (alacre).
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Intervento di bubu7 »

Brazilian dude ha scritto:Fra le lingue romanze l'accentazione non è uniforme: in portoghese è sdrucciola (álacre)...
Salve caro Brasilian. :)

Può fornirci qualche indicazione etimologica (data di prima attestazione, eventuale derivazione da altra lingua...) e sull'eventuale coesistenza di varianti di pronuncia?
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Intervento di Brazilian dude »

Ecco quello che scrive il mio dicionário etimológico da língua portuguesa:

álacre adj. 2g.'alegre, jovial, animado' XX. Do lat. alacer, alacris . Alacridade XVI. Do lat. alacritas -atis. V. alegre.

Sembra che álacre sia stato usato per la prima volta in portoghese nel secolo XX :shock: ma che il sostantivo alacridade già nel XVI.

Non posso dire se ci sono variazioni di pronuncia. Direi che è una parola rarissima in Brasile. Io la conosco solo dalle mie letture. Ho imparato bene la sua pronuncia a causa dell'accento grafico obbligatorio e non l'ho mai sentita pronunciata da nessuno.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie mille, caro Brazilian, le sue informazioni sono molto importanti.
L'ingresso recente nella lingua e l'accento obbligatorio sono due elementi che rendono poco probabile l'esistenza di varianti di pronuncia.

Ricordo che anche in italiano alacre è un termine raro nello scritto e ancor più nel parlato.
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Intervento di Decimo »

bubu7 ha scritto:Ricordiamo che dallo stesso termine latino (*alecris, variante di alacer) abbiamo avuto, in epoca remota, anche allègro
…e da ultimo allégro.
bubu7 ha scritto:(es. lat. volg. alacre[m], con la seconda a breve)
Il latino volgare non è il latino classico declinato all’accusativo, caro Bubu. Ma anche un’attestazione esplicita di alacrem sarebbe del tutto irrilevante, poiché àlacre è un ricupero ottocentesco: la sua dòtta digressione, pertanto, manca il punto, ché ricerca l’origine della dizione scorretta troppo indietro. La variante alàcre in poesia è dovuta alle ragioni espresse nel mio precedente intervento; nella lingua «corrente», invece, o —meglio— nello sfoggio occasionale di erudizione (dacché ad esso è confinata), la pronuncia piana è dovuta semplicemente all’attrazione di acre.
bubu7 ha scritto:Questa ritrazione dell'accento è dovuta a un fenomeno chiamato ipercorrettismo volto a contrastare la tendenza naturale descritta in precedenza.
No. La ritrazione dell’accento (e l’apertura della vocale tonica) nelle parole di recente introduzione nel parlato è oggigiorno l’unica tendenza naturale, bloccata solo dall’attrazione analogica. Tra l’altro, il fenomeno da lei esposto non solo è circoscritto storicamente al latino volgare, bensí anche foneticamente a una ben precisa struttura («penultima vocale breve davanti al nesso occlusiva + liquida»), che nulla hanno che vedere col tipo edile.
V’ha grand’uopo, a dirlavi con ischiettezza, di restaurar l’Erario nostro, già per somma inopia o sia di voci scelte dal buon Secolo, o sia d’altre voci di novello trovato.
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Intervento di bubu7 »

Decimo ha scritto: Il latino volgare non è il latino classico declinato all’accusativo, caro Bubu.
Lo so, caro Decimo, grazie comunque per averlo ricordato. Nella mia citazione lei si è soffermato sul dito che indicava la luna :wink: : la differenza del latino parlato rispetto al latino classico era lo spostamento dell'accento... Il tutto è riportato nella sezione etimologica del DELI, alla voce allegro (a meno della segnalazione con l'asterisco indicante che la voce non è attestata...).
Decimo ha scritto: Ma anche un’attestazione esplicita di alacrem sarebbe del tutto irrilevante, poiché àlacre è un ricupero ottocentesco: la sua dòtta digressione, pertanto, manca il punto, ché ricerca l’origine della dizione scorretta troppo indietro.
Forse non sono stato chiaro. La mia esposizione (nella quale era esplicitato che il nostro termine era attestato dall'Ottocento...) mirava a ritrovare analogie di comportamento che potessero in qualche modo giustificare quanto sta accadendo per la pronuncia di alacre.
Decimo ha scritto: ...nella lingua «corrente», invece, o —meglio— nello sfoggio occasionale di erudizione (dacché ad esso è confinata), la pronuncia piana è dovuta semplicemente all’attrazione di acre.
Non so se la presenza di acre possa aver contribuito allo spostamento dell'accento... In molti casi più fattori possono concorrere al risultato. A mio parere, appartenendo acre a un diverso campo semantico, la tendenza sarebbe piuttosto alla diversificazione delle pronunce che all'attrazione.
Decimo ha scritto: No. La ritrazione dell’accento (e l’apertura della vocale tonica) nelle parole di recente introduzione nel parlato è oggigiorno l’unica tendenza naturale, bloccata solo dall’attrazione analogica.
Come dicevo prima, molto spesso più fattori contribuiscono a un risultato. A me il suo no sembra troppo categorico: lei ha evidenziato una tendenza; io ho riportato una delle probabili motivazioni.
Decimo ha scritto:Tra l’altro, il fenomeno da lei esposto non solo è circoscritto storicamente al latino volgare, bensí anche foneticamente a una ben precisa struttura («penultima vocale breve davanti al nesso occlusiva + liquida»), che nulla hanno che vedere col tipo edile.
Quella su edile era una postilla da non collegare con l'analisi etimologica precedente...
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Intervento di Decimo »

bubu7 ha scritto:La mia esposizione (…) mirava a ritrovare analogie di comportamento che potessero in qualche modo giustificare quanto sta accadendo per la pronuncia di alacre.
Sta bene, ma glielo ripeto: la ricerca è impropria. Per pensare un’analogia storica, e suffragarla con dati, sarebbe necessario un campione apprezzabile; tuttavia, non ci sono —di là da alacre— esempi recenti di parossitonesi in parole sdrucciole con penultima sillaba «davanti al nesso occlusiva + liquida». Al contrario, si osserva il fenomeno opposto (questo sí ascrivibile a una tendenza reale) nella ritrazione d’accento in salúbresàlubre.
bubu7 ha scritto:A mio parere, appartenendo acre a un diverso campo semantico, la tendenza sarebbe piuttosto alla diversificazione delle pronunce che all'attrazione.
Può farmi degli esempi? (A me pare che lei usi la parola «tendenza» con troppa leggerezza.)
bubu7 ha scritto:Quella su edile era una postilla da non collegare con l'analisi etimologica precedente...
Rilegga bene quel che ha scritto. Ma mi rimetto alla sua onestà, sicché le chiedo scusa se ho accidentalmente frainteso.
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Intervento di Ladim »

[Su *èdile, non del tutto disprezzabile, e forse più economica, l’ipotesi di un livellamento [una spuria fascinazione] dipendente dalla sterminata serie degli aggettivi sdruccioli in -ile (sìmile, vendìbile, godìbile, risìbile, condivisìbile, fàcile, mòbile, amàbile, leggìbile etc.)].
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Intervento di bubu7 »

Decimo ha scritto: Sta bene, ma glielo ripeto: la ricerca è impropria. Per pensare un’analogia storica, e suffragarla con dati, sarebbe necessario un campione apprezzabile; tuttavia, non ci sono —di là da alacre— esempi recenti di parossitonesi in parole sdrucciole con penultima sillaba «davanti al nesso occlusiva + liquida». Al contrario, si osserva il fenomeno opposto (questo sí ascrivibile a una tendenza reale) nella ritrazione d’accento in salúbresàlubre.
Prendo atto del suo parere, anche se non lo condivido nella sostanza e nella presentazione categorica.

Sull'incertezza moderna di pronuncia di parole come alacre riporto una citazione di Amerindo Camilli da Pronuncia e grafia dell'italiano (Sansoni, 1965, par.79):
...abbiamo delle divergenze circa la posizione della sillaba forte: a) in alcuni nomi sdruccioli che possono divenir piani. Es. pàlpebra e palpèbra, ìntegro e intégro, àlacre e alàcre, geòmetra e geomètra. Si noti che tutte queste voci hanno l'ultima sillaba cominciante per «occlusiva + r».
Ecco una ripresa moderna della mia digressione sull'italiano antico! :wink:

Per la tendenza nell'italiano parlato contemporaneo alla ritrazione dell'accento sulla terzultima sillaba in parole trisillabe riporto una citazione da L'italiano contemporaneo di Paolo D'Achille (il Mulino, 2003, pag. 96):
...tale tendenza [...] va forse spiegata, almeno originariamente, come un fatto «ipercorrettistico», sviluppatosi per reagire alla tendenza a porre l'accento sulla penultima anche in parole trisillabe dotte dove tale pronuncia sarebbe erronea.
Come si vede, qualcosa di simile a quanto ho affermato in precedenza...

Sottolineo comunque che l'etimologo e abituato a convivere con le incertezze delle interpretazioni e, di conseguenza, affermazioni categoriche sconfinano spesso nel ridicolo.
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V. M. Illič-Svitič
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