Sequenze consonantiche inaccettabili

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

Moderatore: Cruscanti

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Souchou-sama
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Intervento di Souchou-sama »

SinoItaliano ha scritto:Gentile Souchou-sama, lei è a conoscenza di qualche italiano regionale in cui "terre" venga pronunciato /'tere/?
Lo escluderei… Finora l’ho sentito solo in bocca a inglesi o altri stranieri. :) Al massimo, appunto, possiamo avere /ˈtɛre/ in Veneto, a Roma &c.
SinoItaliano ha scritto:Per esempio, a volte capisco meglio il napoletano stretto che non un italiano parlato con forte inflessione settentrionale, come mi è capitato una volta in una conversazione telefonica con un ufficio di Treviso; questo a causa dei tanti immigrati napoletani nella mia città e della diffusione del napoletano nei media.
Il Suo ragionamento mi pare pienamente valido, ma secondo me è anche vero che il napoletano è —entro certi limiti— un po’ meno oscuro di quanto non vogliano far credere i nordici, convinti che i loro accenti & dialetti siano, al contrario, chiaramente intelligibili. :D
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

SinoItaliano ha scritto:Suppongo in Veneto, ma non sono sicuro se lì pronuncino la e chiusa o aperta.
La e di tera, pronuncia del dialetto e dell’italiano regionale (trascurato), è aperta.
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SinoItaliano
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Intervento di SinoItaliano »

Grazie a Sochou e Ferdinand per la precisazione sul /ˈtɛre/ Veneto! :)

A Roma abbiamo il quartiere Torrino che ci sforziamo di pronunciare con la R doppia per non confonderlo col capoluogo piemontese. :D
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
fiorentino90
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Intervento di fiorentino90 »

u merlu rucà ha scritto:Nel mio dialetto una e in posizione tonica seguita da r+consonante è sempre aperta (vèrde; sèrcu "cerco")
In francese in una sillaba chiusa consonante, vocale, erre la vocale è sempre aperta. Questa regola non si può applicare all'italiano dove l'apertura delle vocali non dipende dalla consonanti che la seguono, ma, di solito, in una sillaba tonica chiusa la E preceduta da R anche in italiano standard è aperta - a parte le parole terminanti in -ermo (in cui la E è quasi sempre chiusa) e alcune accezioni quali cerchio, cerco, scherzo, verza, erta, verga e scherno. Lo stesso però non si può dire per la O seguita da R :!:
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Stimolato da una recente discussione, riesumo questo filone per tener finalmente fede a una promessa fatta piú di due anni fa…
Infarinato ha scritto:[C]ome giustamente nota il Castellani in un passo d’un articolo che mi riprometto di riportare alla prima occasione, anche i toscani piú giovani e «alla moda», pur non usando la «i pro[s]tetica», non realizzano mai un nesso quale, e.g., /instr/ come [instr], ma al piú come [ĩstr], quando non proprio come [istr]…
Ecco il brano:
Arrigo Castellani ha scritto:«La i prostetica davanti al nesso iniziale s + consonante, dopo una parola con finale in consonante, è di uso raro sia nel parlato che nello scritto (tendenza segnalata già da Migliorini 1983 [Lingua contemporanea, quarta ediz. rifatta, Firenze, Sansoni]), 70. Resiste, come formula abbastanza cristallizzata, per iscritto, ma ormai non s’incontrano quasi piú le forme in Isvezia, in Isvizzera, in istrada, per isbaglio». Verissimo. Ma non c’è diversità rispetto all’italiano normale, che dà la preferenza ai sintagmi senza i prostetica (pur ammettendo l’uso della i prostetica). La tendenza è comune alla Toscana, dove risale a epoca anteriore a quella che risulterebbe dalla formulazione del Sabatini.

[…]

Tutto questo rientra nell’ita­liano normale: conservazione, chi vuole, ma generalmente mancanza di i-. Siccome però i nessi composti da cons. + s complicata sono estranei alla fonetica toscana (e centro-meridionale) piú schietta, com’erano estranei a quella del latino volgare, nel parlato s’assiste a varie modificazioni: per stare con r di per attenuata, pe’ stare, pere stare.5

______________________

5. E cosí nõ stare, no stare, none stare. Invece con in la vocale che si frappone fra la n e l’esse complicata è sempre i, come vuole la vecchia regola (e soprattutto la presenza di i nella preposizione): in isciopero, che sento dire spesso a Firenze.
(Arrigo Castellani, Italiano dell’uso medio o italiano senz’aggettivi?, «SLI» XVII [1991], 233–56, ora in: Id., Nuovi saggi di linguistica e filologia italiana e romanza [1976-2004], «Salerno Editrice», Roma 2010, vol. I, pp. 205–27 [si cita da quest’edizione], p. 208.)
fiorentino90
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Intervento di fiorentino90 »

Infarinato ha scritto:Ecco il brano:
Arrigo Castellani ha scritto:Tutto questo rientra nell’ita­liano normale: conservazione, chi vuole, ma generalmente mancanza di i-. Siccome però i nessi composti da cons. + s complicata sono estranei alla fonetica toscana (e centro-meridionale) piú schietta
Spontaneamente, quindi da calabrese, dico [ĩstr], per stare con r di per attenuata (in dialetto direi ), non stare esattamente come no stare (in una pronuncia piú attenta nasalizzo la vocale).
fiorentino90
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Intervento di fiorentino90 »

Marco1971 ha scritto:Probabilmente perché il parlante medio del Settentrione è convinto di non avere tratti regionali.
Confermo, ma ò sentito anche un napoletano dire che i milanesi sono facilmente riconoscibili, mentre quando un napoletano parla in italiano (non in dialetto) non si capisce che è di Napoli.
Souchou-sama ha scritto:
PersOnLine ha scritto:Francamente, io non sento proprio le differenze di timbro, fra aperte e chiuse, quando uno parla – non me ne vanto, ma neanche me ne struggo
Allora Le auguro di non dover mai imparare una lingua straniera… :roll:
Non sono d'accordo. Da bambino/ragazzino sapevo già riconoscere l'e aperta/chiusa in francese, mentre in italiano solo nella tarda adolescenza ho cominciato a percepire la differenza (studiando dizione e fonetica). Il francese l'ho appreso sin dall'inizio nella pronuncia nazionale e con corsi di pronuncia. L'italiano l'ho appreso nella variante regionale calabrese (che non fa distinzione di timbro) e senza corsi di pronuncia.
Souchou-sama ha scritto:Aggiornamento: m’è sovvenuto un buon esempio. Sfido chiunque ad ammettere di non aver [avuto] problemi a capire alcune frasi pronunciate da coloro che confondono e /e/ & è /ɛ/.
L'unica difficoltà di comprensione che può verificarsi, basandomi sulla mia esperienza personale, è quando la congiunzione é viene pronunciata coll'e aperta.
Souchou-sama ha scritto:P.S. Deo gratias, i milanesi piú cólti stanno imparando a dire perché (che però resta solitamente [peɾˈkeˑ]). Ma io ho a che fare con docenti & studenti di Lingue, quindi non credo che come ambiente faccia testo… :(
Ho che fare, meglio che ho a che fare.
Souchou-sama ha scritto:
Marco1971 ha scritto:Nel doppiaggio della pellicola Le ore (The Hours), che ho ascoltato attentamente piú di cinque volte, ci sono attori della scuola romana e di quella milanese: quelli di quest’ultima usano il vocalismo fiorentino (avrèbbe vs avrébbe, ecc.).
L’induzione «avrèbbe &c → vocalismo fiorentino» mi pare affrettata, ottimistica. Probabilmente, molti doppiatori milanesi dicono avrèbbe, lèttera, trénta &c non tanto perché sia la pronuncia fiorentina, quanto perché è la loro pronuncia nativa. :D
Non è vero. I doppiatori e le voci pubblicitarie milanesi seguono il DOP, soprattutto la seconda edizione. Un professionista della voce, infatti, m'ha detto che ha imparato a dire gonna con l'o chiusa (essendo di Milano, direbbe gònna nella sua pronuncia nativa) e continua a pronunciare cosí, anche se alcuni doppiatori ora dicono gònna.
Infarinato ha scritto:anche i toscani piú giovani e «alla moda», pur non usando la «i pro[s]tetica», non realizzano mai un nesso quale, e.g., /instr/ come [instr], ma al piú come [ĩstr], quando non proprio come [istr]…
Ecco come il DOP pronuncia const e inst rispettivamente in constato e in instabile. E instr in instrumento.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Rispolvero questo filone per chiedervi: anche la sequenza -rsp- è inaccettabile in italiano?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

In quale parola o sequenza l'ha trovata?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Per esempio, interspazio.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

A me non crea difficoltà di pronuncia, direi che è accettabile.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Neanche a me ne crea. Però, all'apparenza, mi sembrava fosse poco italiana. :)
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Carnby
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Intervento di Carnby »

Ivan92 ha scritto:Però, all'apparenza, mi sembrava fosse poco italiana.
Non sembra, lo è. :)
La sequenza -rsp- non fa parte della fonotassi genuina italiana, anche se è tipica di molti tecnicismi ed è praticamente impossibile farne a meno.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio dell'informazione. :) E come avrebbe ovviato al problema? Interispazio? :D
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Mi viene in mente anche "perspicace".
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