La grammatica di Giuseppe Patota
Moderatore: Cruscanti
La grammatica di Giuseppe Patota
Ho appena cominciato a leggere (perché le grammatiche le leggo dalla prima all’ultima pagina) la Grammatica di riferimento dell’italiano contemporaneo (Novara, DeAgostini, 2006). Nelle prime pagine si annidano diverse inesattezze; spero siano le uniche:
1. L’esempio dato per il corrispondente inglese della nostra o aperta è lower... Non ha senso, visto che si pronuncia /'l@U@/. Tutt’al piú si poteva paragonare con cost (né capisco la necessità di paragone con suoni simili in altre lingue, non essendo un manuale precipuamente destinato agli stranieri).
2. «...la s tra vocali è sorda solo nelle parole casa, cosa, cosí e nelle parole formate con i suffissi -ese e -oso, -osa; in tutte le altre parole la s fra due vocali è – o meglio dovrebbe essere – sonora.» (p. 9) O ci si rifà alla pronuncia tradizionale, quella data dal DOP, o ci si rifà a quella moderna, data dal DiPI; qui chiaramente si prende a modello la prima, nella quale la s intervocalica è sorda in altre parole, come chiuso, mese, naso, peso, Pisa, pisello, posare, raso, riposo, riso, susina, ecc. Di converso vi sono parole in cui la s è sonora in -ese/-oso: cortese, francese, marchese, paese, palese; certosa.
3. A pagina 12 il simbolo fonetico per la zeta sonora è rappresentato da /tz/ invece che da /dz/...
4. A pagina 20 si legge: «...le vocali a, i, u hanno sempre e solo l’accento grave...» È vero soltanto per a, mentre i e u, come ben sa chi sa ben, nella tipografia piú curata recano l’accento acuto. Insomma qui bisognava menzionare la coesistenza dei due sistemi...
Un inizio un po’ deludente.
1. L’esempio dato per il corrispondente inglese della nostra o aperta è lower... Non ha senso, visto che si pronuncia /'l@U@/. Tutt’al piú si poteva paragonare con cost (né capisco la necessità di paragone con suoni simili in altre lingue, non essendo un manuale precipuamente destinato agli stranieri).
2. «...la s tra vocali è sorda solo nelle parole casa, cosa, cosí e nelle parole formate con i suffissi -ese e -oso, -osa; in tutte le altre parole la s fra due vocali è – o meglio dovrebbe essere – sonora.» (p. 9) O ci si rifà alla pronuncia tradizionale, quella data dal DOP, o ci si rifà a quella moderna, data dal DiPI; qui chiaramente si prende a modello la prima, nella quale la s intervocalica è sorda in altre parole, come chiuso, mese, naso, peso, Pisa, pisello, posare, raso, riposo, riso, susina, ecc. Di converso vi sono parole in cui la s è sonora in -ese/-oso: cortese, francese, marchese, paese, palese; certosa.
3. A pagina 12 il simbolo fonetico per la zeta sonora è rappresentato da /tz/ invece che da /dz/...
4. A pagina 20 si legge: «...le vocali a, i, u hanno sempre e solo l’accento grave...» È vero soltanto per a, mentre i e u, come ben sa chi sa ben, nella tipografia piú curata recano l’accento acuto. Insomma qui bisognava menzionare la coesistenza dei due sistemi...
Un inizio un po’ deludente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Che cosa dice a proposito del numero di lettere daell'alfabeto italiano: conferma le 26, o parla di 21 + 5 come fanno tutte le altre grammatiche?
È da un po' che m'era venuta la mezza idea di comparla, ma non certo prima d'averne preso una copia in biblioteca, però, stranamente, all'interno dell'intero circuito bibliotecario della mia provincia non ve ne è traccia - e ora mi sovviene il perché -; ma dopo queste anticipazioni, mi sa che comunque aspetterò una seconda edizione "riveduta e corretta".
È da un po' che m'era venuta la mezza idea di comparla, ma non certo prima d'averne preso una copia in biblioteca, però, stranamente, all'interno dell'intero circuito bibliotecario della mia provincia non ve ne è traccia - e ora mi sovviene il perché -; ma dopo queste anticipazioni, mi sa che comunque aspetterò una seconda edizione "riveduta e corretta".
Per l’alfabeto dice:
L’alfabeto italiano comprende ventuno lettere o grafemi, a cui si aggiungono cinque grafemi che compaiono solo in parole straniere o in casi particolari: j, k, w, x, y.
L’alfabeto italiano comprende ventuno lettere o grafemi, a cui si aggiungono cinque grafemi che compaiono solo in parole straniere o in casi particolari: j, k, w, x, y.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Re: La grammatica di Giuseppe Patota
Purtroppo per quanto riguarda il corretto accento acuto sulle vocali "i" e "u" dobbiamo rassegnarci...Marco1971 ha scritto:4. A pagina 20 si legge: «...le vocali a, i, u hanno sempre e solo l’accento grave...» È vero soltanto per a, mentre i e u, come ben sa chi sa ben, nella tipografia piú curata recano l’accento acuto. Insomma qui bisognava menzionare la coesistenza dei due sistemi...
Sia il DOP sia il Sabatini Coletti sia il Gabrielli sia il Treccani, tutti vocabolari in rete, scrivono così (con tanto di accento grave errato)
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
Non critico l’uso del grave su i e u (è l’uso maggioritario); critico la formulazione, in una grammatica «di riferimento», che proscrive l’acuto su queste due lettere. Luca Serianni espone chiaramente i due sistemi.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Altre imprecisioni un po’ ovunque: affermazioni categoriche non sfumate. Ad esempio per i plurali doppi, si afferma che labbri si adopera solo nel senso di ‘orli’, ‘bordi’, mentre nella lingua letteraria si può impiegare anche per labbra, come nel famoso esempio montaliano «accosto il volto a evanescenti labbri» (e ricorre spesso presso Elsa Morante). Insomma, si tratta di una grammatica incompleta, che non permette di padroneggiare tutte le sfumature della nostra lingua.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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- Iscritto in data: sab, 06 set 2008 15:30
L'espressione "grammatica di riferimento" è, mi sembra, una sorta di calco sul sintagma inglese reference grammar, che però meglio si tradurebbe con la locuzione "grammatica di consultazione". In questo caso si eviterebbe anche l'obiezione da lei prospettata.PersOnLine ha scritto:Lascia perplessi il fatto che si autodefinisca "grammatica di riferimento", normalmente non dovrebbero essere altri a definirla tale?
Teo Orlando
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
Serianni (I.179.) li riporta entrambi, specificando però che il più raccomandabile è il seguente:Marco1971 ha scritto:Non critico l’uso del grave su i e u (è l’uso maggioritario); critico la formulazione, in una grammatica «di riferimento», che proscrive l’acuto su queste due lettere. Luca Serianni espone chiaramente i due sistemi.
à, ì, ù, é, è, ó, ò.
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Il fonetista, prof. Luciano Canepàri, e il linguista Aldo Gabrielli non hanno dubbi: sulla "i" e sulla "u" gli accenti debbono essere acuti (í, ú).Andrea Russo ha scritto:Serianni (I.179.) li riporta entrambi, specificando però che il più raccomandabile è il seguente:
à, ì, ù, é, è, ó, ò.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
«Musa, tu che sei grande e potente, dall'alto della tua magniloquenza non ci indurre in marronate ma liberaci dalle parole errate»
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- Iscritto in data: dom, 23 ott 2011 22:37
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- Iscritto in data: mar, 19 set 2006 15:25
Ecco un collegamento. Perché lo vuole, se, come dice, non seguirà lo posizione indicata?
http://www.achyra.org/infarinato/files/iu.pdf
Le trascrivo anche ciò che dice il Gabrielli (dizionario linguistico pag. 24) in proposito
http://www.achyra.org/infarinato/files/iu.pdf
Le trascrivo anche ciò che dice il Gabrielli (dizionario linguistico pag. 24) in proposito
«...Negli altri casi useremo l'accento grave sulla 'a' ch'è sempre aperta per natura, e l'accento acuto sulle vocali 'i' ed 'u', che sono sempre chiuse per natura...»
Ultima modifica di Fausto Raso in data sab, 05 nov 2011 12:54, modificato 1 volta in totale.
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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Le motivazioni le apprende dal Gabrielli.Andrea Russo ha scritto:Perché vorrei sapere le motivazioni (suppongo fonetiche) che hanno portato a scegliere l'accento acuto su queste due vocali.
La ringrazio molto del collegamento, appena posso lo stampo (è troppo lungo per esser letto su schermo).
«Nostra lingua, un giorno tanto in pregio, è ridotta ormai un bastardume» (Carlo Gozzi)
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