Io era; io pensava; io metteva ec. ec.

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Mantengomi
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Io era; io pensava; io metteva ec. ec.

Intervento di Mantengomi »

Io era oltremodo annoiato della vita, sull'orlo della vasca del mio giardino, e guardando l'acqua e curvandomici sopra con un certo fremito, pensava[...]

(Leopardi - Zibaldone, 83)

Come si definisce questa tecnica?

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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non si tratta d’una «tecnica», ma della forma normale dell’imperfetto nella prima persona singolare dalle origini all’Ottocento; la forma moderna in -o è d’introduzione recente.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Mantengomi
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Intervento di Mantengomi »

Sì, è una derivazione latina: quando si passò dall'imperfectum all'imperfetto, l'italiano, che doveva far cadere le consonanti finali, utilizzò le desinenze del presente.
Quindi laudabam, laudabas e laudabat sarebbero divenute, a causa della caduta della consonante: laudaba, laudaba e laudaba, non fu così poiché si utilizzarono le desinenze del presente [-o; -i; -a]. Tuttavia la forma latineggiante ha continuato ad essere in uso fino all'800, e tuttogiorno sopravvive.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

La forma latineggiante non fa piú parte della norma attuale; il suo impiego è riservato a scritti letterari arcaizzanti.

P.S. Ho spostato il filone nella sezione acconcia.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Brazilian dude
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Intervento di Brazilian dude »

Questa a della prima persona del latino permane in portoghese (falava), spagnolo (hablaba) e in catalano (parlava) e corrisponde anche alla terza persona singolare.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Rettifico: la forma in -o non è cosí recente, ma s’impose tardi nella lingua letteraria. Scrive Serianni (XI.72b):

Il tipo (io) amavo, analogico sulla 1a persona del presente indicativo, si diffonde molto presto nel fiorentino (fine del XIV secolo: cfr. MANNI 1979: 146), ma stenta ad essere accolto nella lingua letteraria; un impulso notevole al suo successo venne dal Manzoni che lo adottò larghissimamente nella seconda edizione dei Promessi Sposi (cfr. SERIANNI 1986b: 46-47).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Infarinato »

Mantengomi ha scritto:Quindi laudabam, laudabas e laudabat sarebbero divenute, a causa della caduta della consonante: laudaba, laudaba e laudaba
No, avrebbero dovuto dare lodava, lodave e lodava con regolare [monottongazione di au, spirantizzazione di b intervocalica e] palatalizzazione di a davanti a s, cosí come nel presente amas avrebbe dovuto dare (e infatti originariamente diede) ame, poi mutatosi in ami per analogia sulle altre coniugazioni, dove la -i era originaria.
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