Io da quando ho scoperto «vendistica» non ne posso fare a meno, e cerco di usarla ogni qual volta io possa, perché mi piace troppo. Alle mie orecchie è una parola perfetta, perché centra in pieno la questione di cui si occupa tale attività: vendere tutto, a tutti, sopra ogni altra cosa. Cerco anche di tramandare la sua origine citando l’articolo di Castellani —si veda il filone summenzionato—, dato che è un termine sconosciuto ai piú (almeno nel mio campione statistico di conoscenti). È una parola troppo bella per cadere nel dimenticatoio, e la trovo geniale.
Purtroppo, solo «mercatistica» sembra
esistere in forma scritta, e anch’essa a sua volta diventa
inesistente se paragonata a «marketing»; anche il numero di risultati di Google sulle sole pagine in italiano parla chiaro: oggi poco meno di
10 000 risultati contro i
155 000 000, e addirittura i soli
134 risultati per «vendistica».
Poi, non tutti sarebbero d’accordo nel definire «vendistica» una bella parola:
E come rendere happening o marketing?
«Un tempo fu proposto l’orribile vendistica; mobbing, western, e tanti altri termini sono praticamente intraducibili».
(R. Gervaso, Arcangeli: il congiuntivo va difeso contro un tv fatto di frasi fatte e slogan, in “Il Messaggero”, 19 aprile 2010; consultabile
qui. Menomale che ce lo dice Massimo Arcangeli che sono intraducibili, altrimenti avrei potuto pensare —sia mai— che questa nostra lingua sia ancora viva e possa produrre traducenti degni di tale nome come tutte le altre.

)
La ragione mi suggerirebbe di rassegnarmi, perché anche la
Treccani chioserebbe:
M. Fanfani, “Neopurismo” in Enciclopedia dell’italiano (2011), ha scritto:Le sostituzioni e gli adattamenti proposti dallo studioso sono interessanti e spesso ingegnosi – guisco per whisky, fubbia [fu(mo)+(ne)bbia], per smog [smo(ke)+(fo)g], intredima per week-end, guardabimbi per baby-sitter, ubino per hobby, vendistica per marketing, velopàttino per windsurf – ma destinati in partenza all’insuccesso, proprio per ciò che, specie sul versante applicativo, il neopurismo prevedeva.
Inoltre, in un recente articolo, Maurizio Trifone scrive (p. 15):
Nessuna delle originali creazioni di Castellani è riuscita ad attecchire. Del resto lo studioso era perfettamente consapevole che qualsiasi tentativo di italianizzazione sarebbe fallito senza il contributo e il sostegno dei centri linguistici pubblici, quali la scuola, gli organi di informazione e la pubblica amministrazione […]
(M. Trifone, Tradurre o non tradurre le parole straniere, in “Italianistica Debreceniensis”, XXIX (2023), pp. 8–37.
https://doi.org/10.34102/itde/2023/13577. Consiglio caldamente a tutti la lettura dell’intero articolo, specialmente ai «non addetti ai lavori» come me.)
Sagge parole. Della scuola, dei giornali, e delle istituzioni pubbliche in codeste questioni linguistiche, infatti, non c’è quasi mai traccia; e quando ci sono, spesso e volentieri vanno nella direzione opposta.
Probabilemente non sarà mai un termine
trendy in tendenza, e il mio desiderio che attecchisca è solo
wishful thinking una speranza infondata, ma fin quando sarò vivo, farò prevalere le ragioni del cuore a quelle della ragione, e continuerò a pronunciare e scrivere «vendistica» sempre. Viva la vendistica, viva l’italiano vivo!