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«La» o «quella»?

Inviato: sab, 19 mag 2012 15:11
di Andrea Russo
In Prima lezione di stilistica, di Pier Vincenzo Mengaldo, leggo:
«Naturalmente l'enjambement è in linea di massima più rilevante in tradizioni poetiche nelle quali è per costituzione più raro, e moderno, come la francese» (sottolineatura mia).

Non sarebbe stato meglio scrivere «come quella francese»? Cosí com'è la frase non mi suona affatto bene. Se fosse scritta in ispagnolo non ci sarebbe nessun problema (giacché sarebbe costruzione tipica e normalissima), ma in italiano è perlomeno un uso marcato, credo.

Che mi dite? :roll:

Inviato: sab, 19 mag 2012 15:13
di Brazilian dude
In spagnolo e in portoghese sarebbe normalissima, con aquela/aquella sarebbe anche possibile, ma molto meno comune.

Inviato: sab, 19 mag 2012 15:39
di Marco1971
È un uso letterario, come in questo passo del Discorso o dialogo intorno alla nostra lingua di Machiavelli:

A volere vedere, adunque, con che lingua hanno scritto gli scrittori in questa moderna lingua celebrati, delli quali tengono, senza discrepanza alcuna, il primo luogo Dante, il Petrarca e il Boccaccio, è necessario metterli da una parte, e dall’altra parte tutta Italia; alla qual provincia, per amore circa la lingua di questi tre, pare che qualunque altro luogo ceda; perché la spagnuola e la francese e la tedesca è meno in questo caso presuntuosa che la lombarda.

Provate a sostituire questi la con altrettanti quella e mi direte quale versione suona meglio. ;)

Inviato: sab, 19 mag 2012 16:52
di Andrea Russo
Grazie a entrambi! :D
Per il passo di Machiavelli: è vero, sarebbe troppo pesante ripetere quattro volte quella. Propongo un'altra versione (non so se sia umanamente possibile!):
A volere vedere, adunque, con che lingua hanno scritto gli scrittori in questa moderna lingua celebrati, delli quali tengono, senza discrepanza alcuna, il primo luogo Dante, il Petrarca e il Boccaccio, è necessario metterli da una parte, e dall’altra parte tutta Italia; alla qual provincia, per amore circa la lingua di questi tre, pare che qualunque altro luogo ceda; perché quelle spagnuola e francese e tedesca sono meno in questo caso presuntuose che quella lombarda.



Inoltre, a proposito di spagnolo: in «è meno in questo caso presuntuosa che la lombarda» quel che usato in una comparativa è dovuto all'influsso dello spagnolo o è un uso che prima le due lingue condividevano (e che poi in italiano s'è perso)?

Inviato: sab, 19 mag 2012 17:28
di Marco1971
Questo che è tuttora possibile in italiano moderno. Rimando alla grammatica di Serianni (V.58).

Inviato: sab, 19 mag 2012 17:58
di Andrea Russo
Be', certo, ma non in questo caso.
Grazie per il rimando a Serianni (tra l'altro proprio a V.58b c'è un bel «sé stesso» che fa piacere leggere!).

Inviato: sab, 19 mag 2012 18:50
di Marco1971
Anche in questo caso, caro Andrea, come forma minoritaria, ma del tutto corretta. Traggo i miei esempi dai quotidiani.

Già solo per questa ragione, sarebbe opportuno un segnale piú forte che la semplice multa. (R, 05.03.2012)

Comincio davvero a pensare che dietro questa storia ci sia qualcosa di molto piú grande che il dramma di tanti malati... (C, 15,02.1998)

Per quanto piú piccolo di qualsiasi altra nazione dell’Africa settenrionale, e piú piccolo che il Galles, il Sahara, secondo gli scienziati, potrebbe... (S, 23.07.2008)

Inviato: sab, 19 mag 2012 22:47
di Andrea Russo
Mi rimangio quello che ho detto, anche se non lo userò comunque (tranne che nei tre casi segnalati da Serianni)! :D

Inviato: dom, 20 mag 2012 8:07
di Brazilian dude
È strano che in italiano si usi normalmente una preposizione nelle comparative. Tutte le altre lingue romanze usano la congiunzione equivalente a che. In latino si usava quam o si metteva la cosa con cui si paragonava nell'ablativo. La maggioranza delle lingue che conosco usa una congiunzione simile a che. Le sole eccezioni che mi vengono in mente sono il polacco, che accanto alla costruzione con che usa anche una con la preposizione od e il genitivo (con un significato simile a quello di di o da), e l'ungherese, che può mettere il nome con cui si paragona nell'adessivo (vicino a qualcosa).

Si può forse argomentare che in inglese than si potrebbe considerare una preposizione, giacché molto spesso è seguito da un accusativo.

La preposizione di in italiano in questo caso sarà un'influenza del superlativo latino, che si poteva costruire con il genitivo, con le preposizioni de, e o ex, seguite dal dativo, o con la preposizione inter seguita dall'accusativo?

Inviato: dom, 20 mag 2012 11:26
di u merlu rucà
Un interessante studio sulla frase comparativa in italiano antico.
Se non ho capito male, la situazione era invertita, con il che maggioritario e il di minoritario, anzi il di era usato solo con i pronomi personali.
http://www.ciscl.unisi.it/doc/doc_pub/comparativa.doc

Inviato: dom, 20 mag 2012 14:00
di Infarinato
Sí, e opzionalmente con sintagmi introdotti da numerali: si veda la Grammatica dell’italiano antico di Renzi e Salvi —sono «in transito» e non posso dare riferimenti piú precisi al momento…

Inviato: dom, 20 mag 2012 17:24
di Marco1971
Tornando brevemente all’italiano moderno, vediamo che il Treccani menziona la possibilità del che nel caso in cui s’introduca un nome come termine di paragone (in fondo alla voce comparazione). Riporto solo il brano che interessa.

Nella comparazione di maggioranza e di minoranza, il secondo termine di paragone è introdotto dalla prep. di, più raramente dalla cong. che, se segue un nome («il piombo è più pesante del ferro»; «i fatti sono più efficaci che le parole»; sempre di davanti a pronome: «sono più alto di te»); dalla cong. che negli altri casi («è meglio tentare che dichiararsi vinti»; «lo spettacolo era più istruttivo che divertente»).

Naturalmente, nell’insegnamento dell’italiano L2 ci si attiene al solo di quando segua un nome, perché insegnare una lingua straniera significa semplificare e presentare il modello predominante.

Inviato: dom, 20 mag 2012 17:53
di Infarinato
Infarinato ha scritto:Sí, e opzionalmente con sintagmi introdotti da numerali: si veda la Grammatica dell’italiano antico di Renzi e Salvi —sono «in transito» e non posso dare riferimenti piú precisi al momento…
Eccoli: G. Salvi & L. Renzi (a cura di), Grammatica dell’italiano antico, Bologna 2010, «Il Mulino», vol. II, cap. 28, pp. 1135–8. Appare chiaro come dai pronomi e dai sintagmi introdotti da numerali il di si sia poi esteso a tutti gli altri sintagmi nominali.

Comunque, l’italiano non è il solo, fra le lingue romanze, a usare un continuatore di de per il secondo termine di paragone (e poche sono le lingue che usa[va]no un continuatore di quam —di quam, non di quid ;)): si veda, ad esempio, quest’articolo di Salvi, p. 34.

Inoltre, a complemento dell’interessante «carrellata» di Brazilian dude sarà bene ricordare che anche una lingua classica come il greco antico ricorreva al genitivo per il secondo termine di paragone (a patto che il primo fosse al nominativo o all’accusativo), il che si spiega probabilmente col valore [occasionalmente] ablativale del genitivo greco (essendo, com’è noto, ablativo, locativo e strumentale indoeuropei confluiti in genitivo e dativo greci).

Inviato: dom, 20 mag 2012 18:19
di Brazilian dude
Non si dice in spagnolo (almeno io non l'ho visto) qualcosa come Pedro es más alto de lo que Ana. Si dice Pedro es más alto que Ana.

In portoghese si può usare do que o semplicemente que: Pedro é mais alto (do) que Ana. Come si vede, si può omettere la preposizione articolata do, ma non la congiunzione che.

Decât invece si usa in rumeno: Petru este mai înalt decât Ana.

Ovviamente parlo dello stato attuale delle lingue. Come si comportavano prima non ho la minima idea.