Carnby ha scritto:Per quanto riguarda le lingue germaniche, ho sempre sentito dire che il primo elemento di werewolf/Werwolf sia wer(e), parola germanica che indica l'uomo maschio (cfr. lat. vir). Per quanto riguarda l'italiano, il DEI fa discendere (lupo) mannaro da *(lupus) hominarius che può significare sia "uomo-lupo" che "lupo mangiatore di uomini".
L'etimologia alternativa che lo collegherebbe al gotico
wasjan e all'anglosassone
werian col significato di "vestire" è proposta da
Chiesa Isnardi G., Il lupo mannaro come superuomo, in Il superuomo e i suoi simboli nelle letterature moderne, a cura di Zolla, La nuova Italia, Firenze, Vol. 3, pp. 11-37,
alle pp. 19-20. Non ho conoscenze per valutare quanto validamente.
La questione è comunque complessa, perché nel nostro concetto di "lupo mannaro" convergono secondo me varie entità mitologiche.
Innanzitutto i "guerrieri-lupo" della letteratura norrena, dei quali si trova traccia anche in Paolo Diacono,
Historia Langobardorum, come un misterioso gruppo di "guerrieri cinocefali": una sorta di setta guerriera iniziatica giovanile, legata a comportamenti bellici violenti e fuori controllo, forse sotto il controllo di sostanze psicotrope, e che incarnano il
furor, inteso appunto come modo di condurre l'azione bellica del singolo senza alcun controllo se non l'impulso della propria forza. Il
werewolf può essere di questa categoria.
E, dall'altra parte, gli individui che geneticamente "sono" uomini-lupo, e che in particolari condizioni o anche volontariamente, si trasformano in tale animale. Cito ad esempio il
bisclavret della Bretagna, ben descritto in un
lai di Maria di Francia. Questi non sono "guerrieri", bensì esseri umani che condividono una doppia natura.
Questa tipologia è già nota, con tutti i tratti caratteristici, in epoca romana. Nel
Satyricon (61-62), Petronio descrive con precisione un episodio di questo tipo:
"
Venimus inter monimenta: homo meus coepit ad stelas facere; sedeo ego cantabundus et stelas numero. Deinde ut respexi ad comitem, ille exuit se et omnia vestimenta secundum viam posuit.Mihi anima in naso esse; stabam tamquam motuus. At ille circumminxit vestimenta sua, et subito lupus factus est. .... Intellexi illum versipellem esse"
in cui il personaggio, in cammino di notte, giunto a delle tombe, si sveste, "segna il terriotorio" (per dirla con un termine comportamentale da canide) attorno alle proprie vesti e poi si trasforma e fugge. Successivamente attaccherà una fattoria facendo strage di animali e verrà ferito al collo con una lancia. Tornato a casa, il suo compagno di viaggio lo ritrova, uomo, a letto, con un medico che gli cura una ferita al collo. E deduce che è un "versipelle":
versipellis, e. Il termine, secondo il Georges-Calonghi, è usato da Plauto per indicare qualcosa che si trasforma, mentre anche in Plinio indicherebbe letteralmente il "lupo mannaro". Il medesimo dizionario latino non riporta invece l'aggettivo
hominarius, forse perché è tardoantico o altomedievale?...