Non mi convince molto quest’argomentazione. D’accordo, i francesi «traducono tutto» (è un male?), e il significato dei termini tradotti è «quello stabilito da una prassi internazionale che parla inglese». E con ciò? Occorre che un concetto, una prassi, un oggetto siano nati in Italia perché abbiano un nome italiano? Per questa ragione, dovremmo chiamare la cioccolata chocolatl o il pomodoro xitomatl?Antonio Gambaro, [i]L’italiano giuridico che cambia - Il punto di vista del privatista[/i] ha scritto:la ragione per cui nel sottosettore del diritto bancario e finanziario l’italiano giuridico ha adottato una terminologia inglese non è l’esterofilia del legislatore, è che nella lingua italiana mancano le parole per designare certi oggetti giuridici di nuovo conio. I francesi che hanno adottato la strategia opposta e traducono tutto, essendo vincolati a farlo dalla c.d. Loi Turbon, non si trovano in posizione diversa. Le parole che si leggono nei testi ufficiali francesi possono suonare familiari al francofono però quando si tratta di 'negocier des indices' il senso dell’operazione è quello stabilito da una prassi internazionale che parla inglese
La Crusca però ci potrebbe rispondere che «[l]e diverse nazioni europee singolarmente, e l’Italia in particolare, non hanno avuto né il tempo né il peso economico per contrapporre alternative nel settore della finanza e nella legislazione che lo regola». Queste, però, mi sembrano scuse. La traduzione di termini d’origine inglese comparirebbe in documenti italiani, la cui circolazione, ovviamente, è limitata all’Italia. Il peso economico servirebbe se fossimo noi a voler imporre qualche concetto nostrale agli altri. Quanto al tempo, be’, quanto tempo occorre per tradurre una parola?
La conclusione dell’articolo è questa:
Il problema, infatti, non è solo degli specialisti che s’abbandonano alla corrente; è anche e soprattutto dei tiggí e dei giornali che danno per scontato che tutti capiscano l’inglese, e l’inglese tecnico per giunta. Nell’articolo si ricorda che in Ispagna spread «si trova soprattutto all’interno degli articoli in corsivo e con traduzione tra parentesi, mentre nei titoli appare spesso il corrispettivo in lingua spagnola prima de riesgo». È cosí difficile fare altrettanto?Matilde Paoli ha scritto:Attualmente, se nella comunicazione “normale” o in ambiti specialistici di lunga tradizione nel nostro Paese, di fronte all’uso di termini importati da altre lingue e in particolare dall’inglese o dall’angloamericano, è già possibile un intervento propositivo (più che normativo) da parte della comunità intellettuale, tale intervento è di più difficile attuazione nel campo dell’alta finanza. Sicuramente più facile sarebbe agire nel senso della chiarificazione dei termini quando questi in qualche modo ricadono sui cittadini, chiarificazione spesso necessaria e auspicabile anche quando i termini o le espressioni appartengono a pieno titolo alla nostra lingua, almeno dal punto di vista formale.