Le parole nel cuore
Moderatore: Cruscanti
- GianDeiBrughi
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Mi fa piacere che abbia risposto alle citazioni.
In quanto a fonte per il significato del carattere semplice c'è anche questa pagina.
http://en.wiktionary.org/wiki/%E7%B8%B9
Dove viene anche specificato "seta blu chiaro".
Penso comunque che la questione centrale sia: c'è differenza in italiano tra "ceruleo" e "celeste", oppure i due termini sono semplicemente sinonimi?
P.S.
Fra l'altro il capopalestra della città si chiamava Misty (Kasumi in giapponese), che è una traduzione alternativa inglese data nella pagina sopra per il carattere in questione.
Che ci fosse forse un gioco di parole nell'originale giapponese perso poi nella traduzione?
In quanto a fonte per il significato del carattere semplice c'è anche questa pagina.
http://en.wiktionary.org/wiki/%E7%B8%B9
Dove viene anche specificato "seta blu chiaro".
Penso comunque che la questione centrale sia: c'è differenza in italiano tra "ceruleo" e "celeste", oppure i due termini sono semplicemente sinonimi?
P.S.
Fra l'altro il capopalestra della città si chiamava Misty (Kasumi in giapponese), che è una traduzione alternativa inglese data nella pagina sopra per il carattere in questione.
Che ci fosse forse un gioco di parole nell'originale giapponese perso poi nella traduzione?
Ultima modifica di GianDeiBrughi in data gio, 22 mar 2012 12:52, modificato 1 volta in totale.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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Dunque, fermo restando che non esistono sinonimi in senso stretto, cioè due parole diverse che voglion dire esattamente la stessa cosa, sopra ho sottolineato che:
La differenza è quindi solamente di registro: se celeste non ha particolari connotazioni, cerúleo è letterario e cèrulo è poetico (ancor piú letterario, se vogliamo).
In piú, sia celeste sia ceruleo (o cèrulo, marcato dal Treccani in linea come poetico) derivano da caelum, ‹cielo›.
La differenza è quindi solamente di registro: se celeste non ha particolari connotazioni, cerúleo è letterario e cèrulo è poetico (ancor piú letterario, se vogliamo).
- SinoItaliano
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- Iscritto in data: mer, 04 gen 2012 8:27
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Secondo me l'wikizionario sbaglia.GianDeiBrughi ha scritto:Va detto tuttavia che hanadairo 縹色 invece pare voglia dire indaco, quindi un colore scuro]
Mi sembra strano che in giapponese si cambi di tonalità di colore da 縹 a 縹色, visto che 色 significa "colore".
È come se dicessi "celeste" e "colore celeste".
Giusto!GianDeiBrughi ha scritto:[...]"seta blu chiaro". [...]
Fra l'altro il capopalestra della città si chiamava Misty
Non avevo citato quest'altri 2 significati.
Infatti il significato originale si riferiva ad un tessuto di seta di colore azzurro chiaro, tendente al bianco. Poi per estensione si cominciò a indicare anche il colore stesso.
L'altro significato, rimasto cristallizzato in cinese moderno, è sfocato, nascosto, non ben visibile. Che in inglese è stato tradotto con Misty.
Quindi secondo lei, ceruleo è piú letterario/poetico di plumbeo?Ferdinand Bardamu ha scritto:La differenza è quindi solamente di registro: se celeste non ha particolari connotazioni, cerúleo è letterario e cèrulo è poetico (ancor piú letterario, se vogliamo).
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
- Ferdinand Bardamu
- Moderatore
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- Località: Legnago (Verona)
Non stilerei una gerarchia: entrambi sono propri di un registro elevato. Se, davanti a un cielo grigio, dicessi che è plumbeo, qualcuno potrebbe dire che «me la sto tirando».SinoItaliano ha scritto:Quindi secondo lei, ceruleo è piú letterario/poetico di plumbeo?Ferdinand Bardamu ha scritto:La differenza è quindi solamente di registro: se celeste non ha particolari connotazioni, cerúleo è letterario e cèrulo è poetico (ancor piú letterario, se vogliamo).
- SinoItaliano
- Interventi: 384
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- Località: Pechino
Però in un altro intervento usai l'espressione cielo plumbeo per riferirmi al cielo di qui.
Diciamo che su Cruscate il limite minimo per «tirarsela» è piú alto.
Diciamo che su Cruscate il limite minimo per «tirarsela» è piú alto.
Questo di sette è il piú gradito giorno, pien di speme e di gioia: diman tristezza e noia recheran l'ore, ed al travaglio usato ciascuno in suo pensier farà ritorno.
- Ferdinand Bardamu
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Non si preoccupi: è tutt'altro che un peccato, anzi! Forse ho un pochino esagerato – plumbeo si può usare anche in una conversazione senza che gli interlocutori si straniscano troppo – però piú spontaneamente direi «grigio» o «cupo», parlando del cielo.SinoItaliano ha scritto:Però in un altro intervento usai l'espressione cielo plumbeo per riferirmi al cielo di qui.
Diciamo che su Cruscate il limite minimo per «tirarsela» è piú alto.
Avendolo adoperato qui, desidero condividere con voi questo verbo meraviglioso.
Lameggiare, intr. (laméggio). Letter. Risplendere.
Montale, 1-101: Lameggia nella chiaria / la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata / e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia / vita turbata.
= Denom. da lama¹ (v.).
Se ne ricava un sublime lameggío (un lameggiare continuato), che rammento d’aver usato in qualche scritto poetico: L’alciònïo lameggío dell’onde...
Lameggiare, intr. (laméggio). Letter. Risplendere.
Montale, 1-101: Lameggia nella chiaria / la vasta distesa, s’increspa, indi si spiana beata / e specchia nel suo cuore vasto codesta povera mia / vita turbata.
= Denom. da lama¹ (v.).
Se ne ricava un sublime lameggío (un lameggiare continuato), che rammento d’aver usato in qualche scritto poetico: L’alciònïo lameggío dell’onde...
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Vedo in Google Libri che lameggío è stato adoperato da Giuseppe Bonaviri:
Era un lameggìo di tenere mani fredde, di ombre pentafille, di vesti e drappi che fasciavano quei corpi. Quegli occhi mi parvero fatti di ametista violetta. — Via, — mi fece il religioso, — non vi incantate perché abbiamo altro cammino. (Dolcissimo, 1978)
Qualcuno conosce quest’autore? La lettura di questo piccolissimo brano m’invoglia a leggere il romanzo tutto.
Era un lameggìo di tenere mani fredde, di ombre pentafille, di vesti e drappi che fasciavano quei corpi. Quegli occhi mi parvero fatti di ametista violetta. — Via, — mi fece il religioso, — non vi incantate perché abbiamo altro cammino. (Dolcissimo, 1978)
Qualcuno conosce quest’autore? La lettura di questo piccolissimo brano m’invoglia a leggere il romanzo tutto.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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