Edoardo Lombardi Vallauri ( Parlare l’italiano)

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Fabio48
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Edoardo Lombardi Vallauri ( Parlare l’italiano)

Intervento di Fabio48 »

Ieri sera, in TV, ho seguito un intervista fatta da Augias a Lombardi Vallauri in merito al suo libro "Parlare l'italiano".
Ad un certo punto si sono soffermati sulla frase:

di questo ne parleremo in un altro momento.

Lombardi Vallauri sosteneva che, nel parlato, si può dire; anzi, è una frase con un rafforzativo che richiama ancora di più l'attenzione dell'interlocutore.
Mi sembra d'aver capito che Vallauri non disdegnasse totalmente la frase anche se scritta, mentre Augias non la gradiva nemmeno parlando...
Ma è davvero una frase così scorretta soprattutto se la si usa scrivendo?

Grazie e cordiali saluti a tutti.
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Credo che la risposta che cerca si trovi in questo filone. :wink:
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Si tratta di una dislocazione a sinistra con ripresa pronominale: un procedimento di messa in evidenza comunissimo nel parlato, non solo in contesti colloquiali. La nuova norma italiana – altrimenti detta «neostandard» o «italiano dell’uso medio» – accoglie questo costrutto anche nello scritto di media formalità.

A questo proposito, ricopio alcuni passi della voce «Italiano standard» dell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani redatta da Gaetano Berruto (sottolineature mie):

Per secoli l’italiano è stato una lingua quasi soltanto scritta, impiegata per gli usi elevati e letterari, e parlata al massimo nella conversazione delle corti […]. Nella seconda metà del Novecento si è reso evidente un processo di evoluzione interna e allargamento dello standard, causato in primo luogo dal progressivo diffondersi dell’italiano come lingua comunemente parlata nella vita quotidiana nel quadro dei sensibili mutamenti sociali e culturali che hanno contrassegnato la fine del secolo.

[…] Questo italiano caratterizzato da una serie di tratti che, un tempo esclusi dallo standard, appaiono ora ampiamente diffusi e accettati da tutti i parlanti, e in cui è diminuita la forbice fra scritto e parlato, è stato chiamato «italiano dell’uso medio» da Sabatini (1985) e «italiano neo-standard» da Berruto (1987) (➔ lingue romanze e italiano). Costrutti, forme e realizzazioni, per lo più tipiche del parlato, che non facevano parte del canone presentato dalle grammatiche e dai manuali, hanno perso gran parte della marcatezza sociolinguistica che li relegava ai margini della lingua, come tratti ➔ substandard, e sono entrati o stanno entrando nello standard.

Si possono citare per la sintassi, in primo luogo, tipi di frasi segmentate e topicalizzate1 come le ➔ dislocazioni a sinistra (i giornali li leggo) e a destra (li leggo, i giornali), le frasi scisse (è Gianni che ha rubato la marmellata; ➔ scisse, frasi).


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1 Topicalizzate! Non bastava tematizzate? :evil:
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Fabio48
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Intervento di Fabio48 »

Mille grazie a Ferdinand Bardamu per la risposta molto esauriente e ad AnimoGrato per avermi indirizzato al filone che non avevo saputo trovare.

E grazie anche per la celerità dei vostri interventi.

Vi auguro un buon uicchènde. :wink:
...un pellegrino dagli occhi grifagni
il qual sorride a non so che Gentucca.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Di nulla. Buon guicchènde anche a lei. :D

Aggiungo che Augias in questo caso pecca di pedantería. Se leggesse il giornale in cui scrive, troverebbe molti esempi di dislocazioni.
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