Buongiorno a tutti. Se io dicessi: "Iniziassero a lavorare, invece di star qui a non far nulla", "facessero qualcosa, una buona volta", "rompessero di meno le scatole", per esempio, userei correttamente il congiuntivo? Me lo chiedo perché lo sento spesso usare in questi termini, ovvero nella forma passata, anche quando secondo me la forma giusta sarebbe quella al presente.
Voglio dire, se io dicessi: "Inziassero a lavorare, invece di star qui a non far nulla, magari guadagnerebbero qualcosa", allora, usando successivamente il condizionale, mi tornerebbe di più. E forse in questo esempio, in effetti la prosecuzione della frase è sottintesa.
Ma nell'altro esempio, in quel "rompessero di meno le scatole", proprio non mi torna. Voglio dire, bisognerebbe dire "rompano meno le scatole", giusto?
Porto un esempio che ho appena letto e che mi ha convinto da ultimo a porre qui la questione:
http://cultura.panorama.it/libri/Antoni ... -Mussolini
In fondo a questa recensione, Buttafuoco scrive: "Qualcuno può equivocare sulla destra e la sinistra, non si sa mai. Cominciassero a comprargli le vetrine delle catene Feltrinelli, quelli della Mondadori. Investano in promozione e magari lo portino nel salotto buono dei Fabio Fazio..."
Ora, nella prima parte della citazione non avrebbe dovuto dire: "Comincino a comprargli le vetrine delle catene Feltrinelli, quelli della MOndadori"?
Grazie e buon anno a tutti!
Uso del congiuntivo imperfetto in luogo del presente
Moderatore: Cruscanti
- malapartiano
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- Ferdinand Bardamu
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Re: Uso del congiuntivo imperfetto in luogo del presente
Buon anno anche a lei! 
La forma normale del congiuntivo esortativo è il congiuntivo presente; l’uso dell’imperfetto è tipico delle parlate romane e meridionali (e infatti Buttafuoco è siciliano).
Quest’uso va evitato nello scritto e nel parlato formale, ma molti scrittori l’usano comunque, soprattutto per dare alla prosa una coloritura colloquiale e popolaresca.
I due tempi, presente e imperfetto, si alternano invece senza differenze diafasiche o diatopiche nell’uso ottativo, es. «Voglia/volesse il Cielo!».

La forma normale del congiuntivo esortativo è il congiuntivo presente; l’uso dell’imperfetto è tipico delle parlate romane e meridionali (e infatti Buttafuoco è siciliano).
Quest’uso va evitato nello scritto e nel parlato formale, ma molti scrittori l’usano comunque, soprattutto per dare alla prosa una coloritura colloquiale e popolaresca.
I due tempi, presente e imperfetto, si alternano invece senza differenze diafasiche o diatopiche nell’uso ottativo, es. «Voglia/volesse il Cielo!».
Re: Uso del congiuntivo imperfetto in luogo del presente
Esulto: URRAH!Ferdinand Bardamu ha scritto: La forma normale del congiuntivo esortativo è il congiuntivo presente; l’uso dell’imperfetto è tipico delle parlate romane e meridionali... Quest’uso va evitato nello scritto e nel parlato formale
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
Mi fa piacere veder confermate una serie di ipotesi che, più per istinto e praticaccia che per conoscenza delle norme, avevo già formulato: e cioè, che il congiuntivo presente sia più corretto e che l'uso dell'imperfetto sia diffuso soprattutto nelle parlate meridionali. Ma sarei curiosa di andare un po' oltre, domandandomi il perché di ciò, cercando spiegazioni socio-psicologiche a certe differenze. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, che il presente, che implica una verosimile possibilità di agire:"bisogna che io faccia questo"(...e probabilmente lo farò) sia molto più fiducioso del fatalista"bisognerebbe che lo facessi"(ma non sono affatto sicuro che sia possibile). Quasi un rassegnarsi al fatto che cambiare le cose sia molto difficile.
Un popolo con grande immaginazione, i latinoamericani, avevano un vezzo(diffuso in diversi paesi, ora forma obsoleta): al posto di"me voy"(me ne vado), dicevano"me fuì"(me ne andai). Nella loro immaginazione erano già partiti: è la fantasia che supera la realtà.
Un popolo con grande immaginazione, i latinoamericani, avevano un vezzo(diffuso in diversi paesi, ora forma obsoleta): al posto di"me voy"(me ne vado), dicevano"me fuì"(me ne andai). Nella loro immaginazione erano già partiti: è la fantasia che supera la realtà.

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