Pagina 1 di 2

Perché a fianco sì ma a punto no?

Inviato: mar, 25 mar 2014 1:23
di Ivan92
Da piccino ero avvezzo a scrivere *affianco col significato di accanto, vicino, non sapendo cosa fosse il raddoppiamento fonosintattico. Mi si fece notare che era errore, solecismo, ché affianco scritto in quel modo indicava esclusivamente la prima persona singolare del verbo affiancare. Avrei dovuto scrivere a fianco qualora avessi voluto riferirmi a una persona o a un oggetto vicini a me. Corressi il mio errore. Mi chiedo ora se non dovrebbe valere la stessa cosa per appunto. Anche suddetto avverbio può confondersi con la prima persona singolare del verbo appuntare. Come mai ciò che accade ad a fianco non si verifica con appunto?

Inviato: mar, 25 mar 2014 9:36
di Scilens
Credo che si possa scrivere affianco come appunto senza paricolari problemi, essendo chiaro dalla composizione della frase quale senso abbia. Le parole dal senso non univoco se prese da sole sarebbero innumerevoli.
Si può scrivere staccato se si ritiene che in quel caso possa essere fuorviante o ambiguo. Io farei così, ma attenda pareri più autorevoli e fondati.

La tendenza comune è per la separazione: a fianco.

Inviato: mar, 25 mar 2014 13:07
di Ivan92
La ringrazio del suo parere, caro Scilens :)

In ogni caso, *affianco scritto in questo modo, col significato di accanto, è fortemente stigmatizzato. Non penso che possa esser scritto in tale maniera senza ingenerare problemi. Proprio perché la tendenza comune è per la separazione, mi chiedo come mai non valga la stessa cosa per appunto. Il Treccani cita anche a punto tra parentesi, nonostante lo ritenga - ovviamente - non comune.

Inviato: mar, 25 mar 2014 13:22
di Scilens
Immagino che dipenda soltanto dalla frequenza d'uso, com'è in molti di questi casi. Cercando nella letteratura si potranno certo trovare le prove di entrambe le forme, dove la prevalenza di forme staccate o meno dipenderà dall'autore e dal periodo storico. Forse proprio perché si tratta di convenzioni non ci sono regole precise.
Il caso di 'appunto' è particolare. Qui gli equivoci possibili sarebbero con il verbo appuntare, fare un appunto, scrivere un appunto...
Credo che derivi da un modo di dire che non è più in uso e la forma è rimasta cristallizzata. Restano i modi di dire 'arrivare al punto", "fare il punto della situazione", probabilmente derivati dal linguaggio nautico.
I veterani della piazza sapranno dirle di più e certamente meglio.
:)

Inviato: mar, 25 mar 2014 13:43
di Ivan92
Attenderò i veterani! La ringrazio nuovamente, caro Scilens. :)

Inviato: mar, 25 mar 2014 14:46
di Ferdinand Bardamu
L’univerbazione o no di una locuzione dipende dalla coscienza dei parlanti e degli scriventi: se gli elementi della locuzione mantengono la loro trasparenza semantica, è possibile evitare la grafia unita. Nel caso di appunto, il legame con il sostantivo punto è tenue; in a fianco (locuzione avverbiale e preposizionale), il significato del sostantivo fianco è fondamentale anche nell’estensione semantica (catàcresi) a oggetti inanimati (che non hanno un fianco) e nella metafora. Forse è proprio questa percezione ancora vivida del sostantivo fianco nella locuzione a impedirne l’univerbazione.

La Crusca ha dedicato una scheda alla scrittura unita o separata di congiunzioni, avverbi e locuzioni avverbiali e preposizionali. Da questa ricaviamo che le parole o espressioni sempre scritte unite sono, in generale, slegate dal significato dei singoli componenti: un esempio su tutti è altrimenti, i cui elementi costitutivi hanno subíto pure una modificazione di significante per l’analogia con parimenti.

Inviato: mar, 25 mar 2014 14:46
di bubu7
Affianco, per il DOP in linea. :)

Inviato: mar, 25 mar 2014 16:32
di Ivan92
Vi ringrazio. :)

Inviato: mar, 25 mar 2014 21:51
di Animo Grato
Ferdinand Bardamu ha scritto:L’univerbazione o no di una locuzione dipende dalla coscienza dei parlanti e degli scriventi: se gli elementi della locuzione mantengono la loro trasparenza semantica, è possibile evitare la grafia unita. Nel caso di appunto, il legame con il sostantivo punto è tenue
Infatti è stato citato anche accanto, ma solo come sinonimo di a fianco, senza che ci si accorgesse che, morfologicamente, è identico ad appunto. :wink:

Inviato: mar, 25 mar 2014 22:16
di Ivan92
Vero, nonostante non esista un'ipotetica forma verbale *accantare che possa ingenerare confusione tra i parlanti. Cosa che - invece - si verifica con affianco e appunto.

Inviato: mer, 26 mar 2014 9:35
di Ferdinand Bardamu
Accanto è univerbato perché canto, come sostantivo autonomo nell’accezione generica di ‹parte, lato›, è oggi raro. Lo dimostrano anche le definizioni dei dizionari, es. Treccani:
Treccani in linea, s.v. «[url=http://www.treccani.it/vocabolario/canto2/]Canto2[/url]» (sott. mia) ha scritto:Con questo sign. [di ‹lato, parte›], un tempo assai più esteso, è spec. usato in alcune locuz. prepositive e avverbiali
e il DISC:

Inviato: mer, 26 mar 2014 12:27
di Ivan92
Dunque possiamo dire che è errato pensare che l'univerbazione o no d'una locuzione dipenda dalla confusione che essa potrebbe ingenerare nei parlanti (che è ciò che mi si disse da piccino).

Inviato: mer, 26 mar 2014 12:35
di Scilens
Ivan92 ha scritto:"[È] errato pensare che l'univerbazione o no d'una locuzione dipenda dalla confusione che essa potrebbe ingenerare nei parlanti[?]
Credo che non sia sbagliato, ma pare non essere l'unica ragione, anche se ritengo sia la principale.

Canto, da noi si usa ancora: da un canto e dall'altro, dal canto suo, nel canto del fuoco, il canto di casa e così via. Forse fuori di Toscana è più comune cantone, riferito all'angolo esterno di un palazzo.

Inviato: mer, 26 mar 2014 13:06
di Ferdinand Bardamu
Ivan92 ha scritto:Dunque possiamo dire che è errato pensare che l'univerbazione o no d'una locuzione dipenda dalla confusione che essa potrebbe ingenerare nei parlanti (che è ciò che mi si disse da piccino).
Beh, esiste anche riguardo a, che molti — erroneamente — usano addirittura senza preposizione (*riguardo ciò, invece di riguardo a ciò), la qual cosa può ingenerare confusione. Non credo, insomma, che l’esistenza di un omografo possa essere sufficiente per impedire l’univerbazione. Ricopio al riguardo quanto dice Giuseppe Patota Luca Serianni alla voce «univerbazione» nella sezione «Glossario e dubbi linguistici» della Grammatica (Italiano, Milano, Garzanti, 2000):

Di massima, si può dire che le congiunzioni e gli avverbi costituiti di più unità distinte tendono a formare una sola parola quando il valore delle singole componenti diventa opaco per la coscienza linguistica comune. Ma i tempi e i modi di questo processo non sono uniformi e non è sempre possibile essere netti, prescrivendo la forma univerbata (per es. tuttavia non *tutta via) o viceversa quella scissa (per es. ragion per cui, non *ragionpercui). Essendo di uso corrente entrambi i sistemi grafici, nei casi dubbi non c’è che da consultare un buon dizionario.

Insomma, siamo di fronte a uno di quei casi in cui dare regole assolute non ha alcun senso, giacché la grafia di una di queste parole può variare, talvolta senza differenze apprezzabili, addirittura secondo l’arbitrio di ciascuno scrivente.

ERRATA CORRIGE
La paternità dell’estratto del Glossario è stata erroneamente attribuita a Giuseppe Patota, invece che a Luca Serianni. Si tratta infatti d’uno dei riquadri compilati da Serianni riguardo ad alcuni dubbi linguistici.

Inviato: mer, 26 mar 2014 13:18
di Ivan92
La ringrazio, Ferdinand. :)