«Che» vs «ché»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

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Ivan92
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«Che» vs «ché»

Intervento di Ivan92 »

Mi è capitato spesso di trovar frasi al pari di Torna a casa, che è tardi! o Vieni a cena, che sono già le otto!, scritte in tal guisa. Non si dovrebbe, in casi come questi, usare la congiunzione ché col senso di perché e porre sopra di essa l'accento acuto che, per l'appunto, la differenzierebbe ( e la differenzia) dalla semplice congiunzione che?
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Animo Grato
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Intervento di Animo Grato »

Troverà la risposta che Le serve tra gli interventi di questo filone.
«Ed elli avea del cool fatto trombetta». Anonimo del Trecento su Miles Davis
«E non piegherò certo il mio italiano a mere (e francamente discutibili) convenienze sociali». Infarinato
«Prima l'italiano!»
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio, Animo Grato. :)

Leggendo alcuni interventi, ho notato che si fa differenza tra frasi colloquiali e frasi appartenenti a un registro più alto. Si dice che, per quanto concerne le prime, il ché non dovrebbe esser adoperato, proprio a causa dei toni familiari e informali che una frase come vai a dormire che ne hai bisogno possiede. Ma, mi chiedo io, se si rendesse formale la summentovata proposizione, qualcosa del tipo corica le tue stanche membra sopra codesto giaciglio, che necessiti d'un riposo corroborante, dovremmo usare il ché accentato solo perché la frase è propria d'un registro più elevato rispetto a vai a dormire che ne hai bisogno? Se, come dice la Treccani, ché è la congiunzione che che viene adoperata col senso di perché, ciò dovrebbe esser fatto sempre e indiscriminatamente, anche qualora la frase dovesse risultare colloquiale.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

In verità, non c’è reale contraddizione fra le due cose, ed è molto vero ciò che scrive Marco qui

Le consiglio inoltre la lettura del relativo capitolo dell’Enciclopedia dell’Italiano Treccani: in particolare, si noti la differenza tra gli esempi (10–15) del §1 (appartenenti decisamente a un registro basso) e i precedenti, nonché l’introduzione del §2.
PersOnLine
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Intervento di PersOnLine »

Nella voce del dizionario, il Treccani dice anche: "scritta con l’accento perché pronunciata con tono vibrato".
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ivan92 ha scritto:Leggendo alcuni interventi, ho notato che si fa differenza tra frasi colloquiali e frasi appartenenti a un registro più alto. Si dice che, per quanto concerne le prime, il ché non dovrebbe esser adoperato, proprio a causa dei toni familiari e informali che una frase come vai a dormire che ne hai bisogno possiede. Ma, mi chiedo io, se si rendesse formale la summentovata proposizione, qualcosa del tipo corica le tue stanche membra sopra codesto giaciglio, che necessiti d'un riposo corroborante, dovremmo usare il ché accentato solo perché la frase è propria d'un registro più elevato rispetto a vai a dormire che ne hai bisogno? Se, come dice la Treccani, ché è la congiunzione che che viene adoperata col senso di perché, ciò dovrebbe esser fatto sempre e indiscriminatamente, anche qualora la frase dovesse risultare colloquiale.
Il che con valore causale è diverso dalla proposizione causale introdotta dalla forma aferetica ché. Mentre il secondo è sempre sostituibile con giacché o poiché senza che il significato cambi, ciò non vale per il primo.

Inoltre, il ché, proprio della lingua scritta, esprime in genere una causa nota; il che con valore causale introduce una causa nuova. Riporto un esempio letterario:

Ma poiché durò buona pezza fra noi la disputa del sí e del no, io le dissi finalmente: sia comunque tu voglia, io l’avrò veduto; ma ad ogni modo noi staremo qui in una troppo gran solitudine, poiché non veggo intorno anima che viva. Che farem noi qui cosí soli? Rise allora la mia compagna e disse: vedi tu, che tu non sei guarito bene ancora dalla cecità? ché [=dal momento che] tu non sai la condizione del luogo da te posseduto. [Gasparo Gozzi, da «L’Osservatore»]

Il che causale, poi, «ricorre in contesti molto ristretti determinati pragmaticamente dall’atto locutivo imperativo: (18) a. Sbrigati, che sono già le cinque. […]» (Grande Grammatica Italiana di Consultazione, a cura di L. Renzi, G. Salvi, A. Cardinaletti, Bologna, «Il Mulino», 1991, § 2.2.2.3.). E ancora: «Altri atti illocutivi che permettono l’occorrenza di una causale con che sono quelli cosiddetti di tipo comportamentivo, come il congratularsi, lo scusarsi, il salutare, ecc.: (20) a. Ti ringrazio che mi hai fatto questo favore. b. Mi scuso che non sono potuto arrivare prima. c. Ti saluto che è tardi.» (ibidem).

Nel suo primo intervento, lei ha citato proprio esempi di che determinato da un imperativo, in cui, per l’appunto, quel che non è interpretabile né come perché, né come poiché.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Vi ringrazio dei vostri contributi, nonostante la questione continui a non essermi chiara.

1 - Non ho ancora ben compreso quale sia il significato di tono vibrato.

2 - Caro Ferdinand, lei sostiene che la forma aferetica ché introduce una proposizione causale, mentre la Treccani ci dice che è il che non accentato a introdurre frasi causali (vai a dormire che ne hai bisogno). Mi sembra vi sia una contraddittorietà, ma so già che non è così.

3 - Vero è che le mie frasi sono esempi di che determinato da un imperativo, ma non capisco come mai codesto che non possa esser interpretato alla stregua d'un perché o d'un poiché. "Poiché ne hai bisogno, ti ordino d'andare a dormire!" Non potrebbe esser riscritta in questi termini? Non mi sembra una realizzazione così impossibile.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Ivan92 ha scritto:Caro Ferdinand, lei sostiene che la forma aferetica ché introduce una proposizione causale, mentre la Treccani ci dice che è il che non accentato a introdurre frasi causali (vai a dormire che ne hai bisogno). Mi sembra vi sia una contraddittorietà, ma so già che non è così.
Non c’è contraddizione, infatti. Sia il che dei suoi esempi sia ché hanno valore causale.
Ivan92 ha scritto:Vero è che le mie frasi sono esempi di che determinato da un imperativo, ma non capisco come mai codesto che non possa esser interpretato alla stregua d'un perché o d'un poiché. "Poiché ne hai bisogno, ti ordino d'andare a dormire!" Non potrebbe esser riscritta in questi termini? Non mi sembra una realizzazione così impossibile.
Lei per l’appunto ha riscritto la sua frase, parafrasandola con altre parole e cambiandone pure il registro: l’uso di poiché è proprio di un linguaggio formale e, in particolare, della lingua scritta.

Nel caso di un che polivalente determinato da un imperativo non è invece possibile la sostituzione con perché o poiché: non è possibile, cioè, senza che muti la forza illocutiva, che è la forza colla quale il locutore esprime la sua volontà di ordinare. Una frase come «Torna a casa perché è tardi» è sí grammaticale, ma meno efficace di «Torna a casa che è tardi».

Per il resto, vale quanto detto in maniera inappuntabile da Marco nell’intervento citato sopra da Infarinato: «Il che polivalente […] appartiene ai due poli del letterario e del popolare; è escluso dalla lingua formale».
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Ferdinand Bardamu ha scritto: l’uso di poiché è proprio di un linguaggio formale e, in particolare, della lingua scritta.
Forse fuor di Toscana. Poiché fa parte del linguaggio comune tuttora, incalzato da vicino dal 'perché', ma ancora ben vivo fuori dalle città.

Certe volte ho davvero la sensazione di essere un fossile.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
Ivan92
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Località: Castelfidardo (AN)

Intervento di Ivan92 »

La ringrazio, Ferdinand. Ora mi è tutto più chiaro. :)
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