Complemento di termine

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Avatara utente
Freelancer
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Intervento di Freelancer »

CarloB ha scritto:Ho fatto un piccolo esperimento con sei amici a cena, proponendo la frase
-tanto non mi riconoscerebbe

-tu sì a lei?

"tu lei?" o "tu riconosceresti lei?"
Premessa: dei sei amici (tutti laureati) due sono nativi della Sicilia e una di origine napoletana.
Tutti hanno respinto come dialettale l'uso di sì a lei.
Io sono laureato, siciliano doc, e a me verrebbe di rispondere in tutt'altro modo, ossia con Perché, tu la riconosceresti? o E tu, la riconosceresti?. Invece tu lei? e tu riconosceresti lei? sono costrutti artificiosi, che non verrebbero usati da parlanti nativi, mi sembra che basti un minimo di sensibilità linguistica per accorgersene. Mentre niente da obiettare sul tu lei sì? di Marco, eccetto l'osservazione che è impeccabile ma di registro alto, da persona istruita e che ha riflettutto su questo argomento prima di rispondere, quindi espresso in una situazione comunicativa diversa dal parlato reale.

Entrando un attimo più nel merito di questo accusativo preposizionale nel parlato, vorrei esprimere la mia solidarietà a bubu7; trovo pertinenti e valide le sue argomentazioni nonché i suoi rimandi, né a me farebbe un effetto strano sentire questo tu sì a lei?. Ripeto, penso che sia una questione di sensibilità linguistica, e mi sembra un po' strana la bocciatura assoluta di questa espressione "incipiente" espressa dai vari interventi.
Ultima modifica di Freelancer in data gio, 11 dic 2008 18:15, modificato 1 volta in totale.
Avatara utente
Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Freelancer ha scritto:Entrando un attimo più nel merito di questo accusativo preposizionale nel parlato, vorrei esprimere la mia solidarietà a bubu7; trovo pertinenti e valide le sue argomentazioni nonché i suoi rimandi, né a me farebbe un effetto strano sentire questo tu sì a lei?. Ripeto, penso che sia una questione di sensibilità linguistica, e mi sembra un po' strana la bocciatura assouta di questa espressione "incipiente" espressa dai vari interventi.
La «bocciatura assoluta» parrebbe un po’ strana anche a me, ma non mi sembra che nessuno qui si sia espresso in questo senso.

Non mi pare peraltro particolarmente deplorevole ricordare l’esistenza di forme [piú] tradizionali (laddove ancora esistano), nonché la non strettissima necessità d’usare l’«italiano degli ultimi cinque minuti», qualora la situazione, il registro e la lingua lo consentano. ;)
CarloB
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Intervento di CarloB »

Appunto. Tu sì a lei? gli amici siciliani l'hanno avvertito come un errore, collegandolo a un modo di esprimersi marcato in senso regionale. E hanno optato per risposte simili alle altre ricordate da Freelancer.
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Riesumo questo vecchio filone per riportare, per coloro che fossero ancora [genuinamente] interessati alla questione, le parole del Serianni sul complemento oggetto retto dalla preposizione ‘a’ (l’edizione è quella del 1988, e non quella piú recente già cortesemente citata da Federico).
Serianni, Grammatica italiana ha scritto:Caratteristico dell’Italia meridionale è il complemento oggetto retto dalla preposizione a (oggetto preposizionale): «canzonare a te» (cfr. De Amicis, Idioma gentile, 52). «L'impiego della preposizione è certamente determinato dal bisogno di una più netta distinzione tra soggetto e oggetto: Carlo chiama Paolo diviene Carlo chiama a Paolo. Il fenomeno resta circoscritto agli esseri animati, perché di norma gli oggetti inanimati possono aver soltanto funzione d'oggetto» (ROHLFS 1966-1969: 632).
Qui il paragrafo dedicato all’accusativo preposizionale termina.

Che la forma sia da ritenersi accettata (piú che accettabile) o no, potrà considerarsi questione aperta (benché io mi schieri decisamente a favore), ma non mi sembra arbitrario né interessato riconoscere nelle parole del Serianni una sostanziale ammissione del costrutto. In particolare si noti come il linguista non parli né di registro né, tantomeno, di agrammaticalità.
Vi sono cose che all’uomo perduto / la morte non perdona.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

pocoyo ha scritto:In particolare si noti come il linguista non parli né di registro né, tantomeno, di agrammaticalità.
Ma parla di regionalismo… ;)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Naturalmente, semplice variante regionale, quindi non asteriscabile (né dallo stesso Serianni, come si nota, asteriscata). Sennonché, nell’edizione 2006 già citata da Federico, di cui ho una copia qui davanti agli occhi, continua (riscrivo il passo per praticità):
Serianni, Grammatica italiana, II.39 ha scritto: [...] Il costrutto ricorre facilmente, anche in parlanti centrosettentrionali, quando il «tema» è posto in evidenza all’inizio di frase, almeno se l’oggetto è un pronome personale («a me nessuno mi protegge») o con alcuni verbi reggenti come convincere, disturbare, preoccupare («a te preoccupa»): cfr. BERRETTA 1990.
(Faccio notare, di passata, che l’edizione del 1989 fu scritta in collaborazione con Alberto Castelvecchi, cosí come quella del 2006, per chi dovesse ritenere quest’ultima rimaneggiata o addirittura apocrifa)

Ora, a me pare che un regionalismo che sia al contempo meridionale, centrale e settentrionale cessi necessariamente di essere un regionalismo. Questo, ripeto, secondo quel che pensa il Serianni, naturalmente.

Nel mio piccolo ho voluto interrogare otto parlanti di origine veneta, di diversa età ed estrazione, circa la correttezza del costrutto, e a tutti è parso del tutto naturale. Per la cronaca, l’esempio che ho usato era con dislocazione a sinistra: A me il film ha un po’ deluso. Non solo: sotto richiesta non sono stati in grado di formulare alternative altrettanto (n.b. altrettanto) naturali.

Ora, a un orecchio toscano il costrutto può suonare innaturale, è certamente legittimo, ma non si può ignorare il fatto che in larga parte del resto della penisola e delle isole la costruzione venga percepita come del tutto spontanea. Francamente mi sembrerebbe, questa sí, un’arbitrarietà prescrivere come standare regole sintattiche circoscritte a un’area minoritaria di parlanti solo perché quest’area ha avuto in passato un ruolo (importante, non lo si vuol negare) nella nascita di una lingua nazionale. O per la medesima ragione dovrebbe ritenersi canonica l’aspirazione della C, insieme con altri allofoni della parlata toscana.

È finita, caro Marco, l’epoca dei poeti laureati.
Vi sono cose che all’uomo perduto / la morte non perdona.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non confondiamo tutto: un tema sospeso è un tema sospeso, astratto dalla logica sintattica; ma una frase come Ho canzonato a Piero è tuttora inaccettabile nell’italiano sovrarregionale.

A me il film (mi) ha un po’ deluso è del parlato colloquiale, direi, di tutta Italia, e non da ieri. L’ha spiegato Nencioni che questo a me è un rafforzativo, come a dire per quanto mi riguarda, che non dipende, come si vede, dalla reggenza del verbo principale.

Non m’è chiara l’accusa di dettar regole sulla sola base del toscano: non mi pare d’averlo mai fatto, e nel mio dizionario, lei lo sa, cito anche autori non toscani e giornalisti non toscani.

«I poeti laureati» di montaliana memoria non hanno attinenza col discorso che qui si fa.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Infatti come ricorderai, Marco, la frase cui faccio riferimento non era del tipo Ho canzonato a Piero, ma con dislocazione a sinistra. Non ho mai parlato del tipo citato da te. Riporto invece per correttezza la frase in questione:

A me sinceramente [...] U. ha un po’ deluso.

Ma devo presumere che nel frattempo tu abbia cambiato opinione, perché privatamente hai tacciato la frase sovrascritta, che, ricordo, è del tipo con dislocazione a sinistra (lo stesso tipo citato dal Serianni), di scorrettezza.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non è una dislocazione a sinistra, è un tema sospeso.

A proposito di canzonare a te, invece, hai riportato le parole di Serianni proprio qui sopra, commentanto:
pocoyo ha scritto:Che la forma sia da ritenersi accettata (piú che accettabile) o no, potrà considerarsi questione aperta (benché io mi schieri decisamente a favore)…
Quanto a quello che in privato ho potuto dire, non ne ho traccia perché non conservo le conversazioni, ma credo volentieri di averlo detto. Bisogna pur ammettere che quel tipo di comunicazione istantanea, specie a tardissima ora, non consente sempre la dovuta riflessione e tutte le debite precisazioni sui limiti d’impiego.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Grazie per la correzione, lo apprezzo davvero. E inoltre mi scuso per essere stato impreciso: mentre scrivevo avevo in mente il tipo col tema sospeso, cioè quello della frase imputata.
Marco1971 ha scritto:Bisogna pur ammettere che quel tipo di comunicazione istantanea, specie a tardissima ora, non consente sempre la dovuta riflessione e tutte le debite precisazioni sui limiti d’impiego.
Si può senz’altro, sempre però nei limiti del rispetto, specie quando, e lo dico con illibato realismo, si finisce con l’aver torto. Ma questo ai lettori di Cruscate naturalmente non interessa.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Le questioni di torto e di ragione non fanno parte della mia visione delle cose linguistiche: l’atteggiamento serio è quello di chi si ravvede e ammette di aver eventualmente sbagliato, come ho fatto sempre qui e nel foro precedente. Lo studio della lingua deve procedere principalmente sulla base delle sue manifestazioni concrete, sí, ma sempre valutate nei loro contesti (di registro, di situazione, di luogo, ecc.).
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Infarinato
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Intervento di Infarinato »

Marco1971 ha scritto:A me il film (mi) ha un po’ deluso è del parlato colloquiale, direi, di tutta Italia, e non da ieri. L’ha spiegato Nencioni che questo a me è un rafforzativo, come a dire per quanto mi riguarda, che non dipende, come si vede, dalla reggenza del verbo principale.
Proprio per questo (registro colloquiale e valore rafforzativo) io non mi sentirei di raccomandare l’omissione del mi qui: a me il film mi ha un po’ deluso è una frase [colloquiale] formalmente corretta con un a me focalizzante. Togliendo il mi si ha una frase (oggigiorno comunissima per carità, soprattutto al Norde), ch’io sento come fondamentalmente «ipercorretta»: una patina di [falsa] formalità [maldestramente (*)] data a un costrutto colloquiale.

Nel tentativo [innecessario] di rendere la frase piú formale e rimuovere il pleonasmo, si è pervenuti a un costrutto [formalmente] agrammaticale (oggetto preposizionale con verbo transitivo) invece di (1) rimuovere la tematizzazione (il film mi ha un po’ deluso) o (2) cambiare opportunamente registro (quanto a me, il film mi ha un po’ deluso).

_______________________________
(*) In senso tecnico: «incompetentemente» (lege: competenza linguistica).
pocoyo
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Intervento di pocoyo »

Non conosco l’origine del costrutto senza il mi. Quello che posso dirle però è che, sebbene fosse percepito come spontaneo, gli otto parlanti che ho interpellato dubitavano della correttezza del costrutto in questione, e in alternativa (ma, come ho detto sopra, alternativa non altrettanto naturale) hanno proposto entrambe le sue due riformulazioni. Non credo dunque all’ipotesi dell’ipercorrettismo, almeno nella mia area.

Non posseggo naturalmente le dovute statistiche per avanzare ipotesi piú generali, ma il Serianni mi viene in soccorso, fornendo come esempi entrambe le formulazioni:

A me nessuno mi protegge, a te preoccupa.
(Ibid., II.39)
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Avatara utente
Infarinato
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Intervento di Infarinato »

pocoyo ha scritto:…il Serianni mi viene in soccorso, fornendo come esempi entrambe le formulazioni:

A me nessuno mi protegge, a te preoccupa.
(Ibid., II.39)
Questo, lo so: esistono fior di studi sull’argomento (in particolare, della Berretta), che descrivono dettagliatamente il fenomeno (in qualche modo «giustificandolo»).

Quello che volevo dire è che, sul piano [strettamente] grammaticale, la prima costruzione è senz’altro preferibile, essendo al piú pleonastica (ma il ridondanza è propria del parlato spontaneo e della lingua colloquiale); la seconda è invece manifestamente solecistica.
pocoyo ha scritto:…sebbene fosse percepita come spontanea, gli otto parlanti che ho interpellato dubitavano della correttezza del costrutto in questione… Non credo dunque all’ipotesi dell’ipercorrettismo, almeno nella mia area.
Una tale forma d’ipercorrettismo (se d’ipercorrettismo realmente si tratta: anch’io non dispongo di dati con cui corroborare la mia ipotesi :() sarebbe manifestamente inconscia (sia chiaro: mi riferisco qui esclusivamente all’omissione del mi, non alla tematizzazione), quindi la valutazione «a freddo» dei soggetti interpellati non avrebbe grande significato.

Io, tuttavia, rimango del parere che si tratti d’un’errata interiorizzazione del famigerato «non si dice a me mi» scolastico (scil. «si dice [sempre!] solo a me»).
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Concordo con Infarinato sull'ipercorrettismo che caratterizza frasi come a me non convince. Sono d'accordo anche sulla possibile origine di tale correzione: l'universale proscrizione di a me mi.

Pongo ora un'ulteriore domanda: la tematizzazione dell'oggetto non preceduto da preposizione è da considerarsi agrammaticale? Paolo D'Achille in questo documento dice di sí.
Sempre a proposito delle dislocazioni a sinistra, non si può non segnalare il problema dell'oggetto preposizionale, ormai standard in casi come A Franco non l'ha invitato nessuno; a me non mi convince, ecc., quest'ultimo almeno da considerare panitaliano (Berretta 1993) e privo di alternative: me non mi convince pare decisamente agrammaticale e a me non convince va considerato una sgrammaticatura (Simone 1993) meno accettabile della dislocazione (che consente almeno di dare a mi il valore di oggetto diretto).
Ne possiamo dedurre che, in un registro molto colloquiale, non è permessa la dislocazione a sinistra del pronome personale tonico in funzione di complemento oggetto, se non preceduto da una preposizione? Una soluzione come me non mi convince, benché io, personalmente, non riuscirei a produrla in maniera spontanea, mi sembra cionnonostante piú logica. Che ne pensate?
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