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Numerali ordinali/uso del «che»

Inviato: dom, 21 set 2014 22:11
di puer
1) I numerali ordinali devono essere scritti con i numeri romani accompagnati o no dal °? Cioè 3° (terzo) si può scrivere III e III° o è corretto solo III?
2) Nella frase: "Chi è che viene oggi?" Il che è congiunzione, pronome relativo o altro? Grazie.

Inviato: dom, 21 set 2014 23:31
di Animo Grato
1) Il numero romano indica il corrispondente ordinale senza l'aggiunta di °: Enrico VIII, Elisabetta II.
2) Quel che è un pronome relativo.

Inviato: lun, 22 set 2014 1:03
di puer
Grazie. Si può scrivere sott'inteso? O le forme corrette sono solo sottInteso e sottOInteso? Grazie mille di nuovo.

Inviato: mar, 23 set 2014 0:11
di Marco1971
Ogni dubbio di ortografia è solubile grazie al DOP. ;)

Inviato: mer, 24 set 2014 16:22
di puer
Grazie per le vostre risposte.
1) Nella frase:"Dove è che vai?" il che invece funge sempre da pronome relativo?
2) "Il periodo dove sono stato male". È corretta la frase? O si dovrebbe dire: "in cui"? Grazie di nuovo a chi vorrà intervenire.

Inviato: mer, 24 set 2014 22:07
di Marco1971
In buon italiano bisogna dire Il periodo in cui...

Inviato: mer, 24 set 2014 22:20
di Ferdinand Bardamu
Non ho la possibilità di consultare i miei testi, ma mi pare di poter dire che il che in frasi quali «Cos’è che fai?» o «Dov’è che vai?» introduce una pseudorelativa. Si tratta di «frasi scisse», caratteristiche del parlato informale (settentrionale?), nelle quali la reggente col verbo essere mette in rilievo, isolandolo in una frase, il «nuovo», mentre la finta relativa contiene il «noto».

Inviato: gio, 25 set 2014 11:09
di Animo Grato
Ferdinand Bardamu ha scritto:Non ho la possibilità di consultare i miei testi.
In mancanza dei testi, c'è sempre l'ipertesto. :wink:

Inviato: gio, 25 set 2014 13:03
di Ferdinand Bardamu
Grazie. Piú su ho supposto che l’origine di questi costrutti interrogativi sia settentrionale perché sono presenti nel mio dialetto (es. «Cos’elo che te fe?», cioè «Cos’è che fai?») e non m’immagino il loro uso da parte di un toscano o di un romano. La stessa costruzione in frasi affermative mi sembra invece ormai panitaliana, benché in passato sia stata osteggiata dai puristi quale francesismo sintattico. È solo una mia impressione?

Inviato: gio, 25 set 2014 14:01
di Ivan92
Anche dalle mie parti si dice 'ndu è che vai? o cus'è che fai?, ma non ho mai capito se tali costruzioni facciano parte del vernacolo dai primordi o se invece si siano incuneate recentemente a causa dell'influenza settentrionale.

Inviato: gio, 25 set 2014 15:10
di Ferdinand Bardamu
Ritiro quello che ho detto prima, allora. Nella Grammatica del Serianni (§ XIV. 81) si legge:

La frase scissa ricevette un forte impulso dall’influsso francese nel Settecento (cfr. MIGLIORINI 1963a: 543), benché anche l’italiano antico conoscesse costrutti molto simili (cfr. DURANTE 1981: 204-205).

Sarebbe interessante vedere quali sono i «costrutti molto simili» citati in Marcello Durante, Dal latino all’italiano moderno, Bologna, Zanichelli, 1981.

Inviato: gio, 25 set 2014 19:05
di puer
Grazie per i vostri chiari e competenti interventi.
Un ulteriore dubbio. Nella frase: "Che cosa hanno rubato i ladri?", il verbo rubare è utilizzato in maniera transitiva (con complemento oggetto che cosa?) o transitiva con valore assoluto - verbo transitivo assoluto - (che cosa sarebbe quindi pronome interrogativo)? Grazie ancora.

Inviato: gio, 25 set 2014 19:15
di Animo Grato
Rubare è transitivo. Ma soprattutto vorrei farLe notare che non c'è contraddizione tra le due letture che Lei dà di che cosa: è un pronome interrogativo che in questa frase, da un punto di vista logico, assolve la funzione di complemento oggetto.