Ferdinand Bardamu ha scritto:Grazie.
Infarinato ha scritto:[L]e poche che sono passate in latino o direttamente in italiano risultano inevitabilmente un po’ [e]strane[e] e sono [
state] quindi suscettibili di raddoppiamento.
Dunque, se non ho capito male, il raddoppiamento, sebbene sia in tal caso sporadico e asistematico, è un modo per rendere queste parole meno estranee?
Ovviamente, mi sono sempre reso conto – come sottolinea anche il Rohlfs (
Grammatica storica, pag. 320) – che molte voci italiane, ad es.,
femmina, macchina, attimo, collera, legittimo e molte altre “terzultimali”, presentano geminazione anetimologica.
Il Rohlfs, come, per altro, anche molti altri autori, tende a mantenersi a un livello descrittivo piuttosto che (interessantemente, se così fosse) esplicativo.
Ho sempre ritenuto – a livello personale e non essendo mai riuscito a leggere autori esaustivi in merito – che ciò fosse dovuto a un aspetto “allofonico”, cioè a una minore durata vocalica della sillaba accentata nelle voci terzultimali, rappresentata – senza che questo tipo di rappresentazione grafica sia mai riuscita a “scalzare” le grafie etimologiche per la maggioranza dei vocaboli “terzultimali” – mediante la geminazione della consonante immediatamente successiva.
Infatti, si scrive
camera,
rapido,
amido,
valido,
pecora,
manica ecc.
Ma non so se né quanti autori abbiano, eventualmente, trattato questi aspetti linguistici “allofonici”: la durata vocalica non risulta fonologicamente contrastiva in italiano, dove la contrastività è fondata sulla differenza della durata consonantica (con inevitabile conseguenza, per altro, sulla durata vocalica:
fatte /'fatte/, p.p., - fate /'fa:te/, imp. e sost.). Né so se esistano altri tipi di spiegazione del fenomeno linguistico citato.
Un autore che conosco, il Loporcaro, scrive in merito (
Vowel Length from Latin to Romance, pag. 213): “[…]
Irregular application of this sound change (cioè del fatto che molti vocaboli italiani “terzultimali”, come, ad es., in medico, pecora ecc. non presentino “pseudodittongazione”, la quale, secondo lui, richiederebbe, invece, vocale “allofonicamente”, ma effettivamente “lunga”, a differenza di quanto si verifica, ad es., in
tiepido,
Fiesole,
suocero,
uomini ecc.) […]
serves as a litmus test (cartina di tornasole)
confirming that the stressed vowel of proparoxytones, in Tuscan, actually occupies an intermediate position, as for VL (vowel length),
between vowels in open and those in closed stressed syllables…”.
Il Loporcaro riferisce, infatti, ricerche strumentali di altri in cui si può notare come, in italiano, la durata della vocale accentata in
fate /'fa:te/ duri, mediamente, 0.19 sec, mentre, ad es.,
fatevele /'fa:tevele/ e
fatte /'fatte/ avrebbero una durata assai simile, intorno agli 0.13 sec., con
fatele /'fa:tele/ di durata eguale a circa 0.14 sec.
Non è casuale che la trascrizione tra // nei casi in esame, in particolare, il cronema che indica lunghezza vada intesa come fonologica e non come "oggettivamente" fonetica.
Al momento, invece, non ricordo nel Loporcaro una trattazione esplicita per quanto riguarda l'italiano della geminazione consonantica anetimologica in voci, ad es., penultimali.
Ciò, per altro, risulta particolarmente evidente nei dialetti italiani e nelle pronunce regionali/locali “marcate”.
A Roma ascolto continuamente
roba /
'rɔbba/ e
regione /
re'ʤʤone/ anche in persone di buona cultura. Evidentemente, in loco, /-b-/ e /-ʤ-/ anticamente non si erano conservati come tali e, quando sono stati “ripristinati”, ci si è avvalsi del fonema geminato /-
bb-/ (o /-
ʤʤ-/), che il sistema linguistico locale aveva conservato.
Si verifica lo stesso fenomeno anche in varietà linguistiche settentrionali.
A Genova, ad es., l'esito evolutivo regolare di /-t-/ e /-d-/ etimologici è stato /-0-/ e, infatti, l'esito regolare di
GRADU(M), corrispondente all'italiano
grado, è stato
grou /'grɔu/. Ma come indicano i testi già verso la metà del '700 si provò pudore per una pronuncia così lontana da quella italiana. E, dal momento che /-dd-/ non era andato soggetto a lenizione e rimaneva nell'inventario fonetico del sistema linguistico locale, s'incominciò a dire
graddu /'graddu/, così come
fratte /'fratte/ =
frate o
libbru /'libbru/ =
libro o
quaddru /'kwaddru/ =
quadro e infiniti altri, che mostrano geminazione anetimologica spiegabile unicamente mediante le considerazioni fatte, mentre le forme “regolari” sono attestate negli autori antichi, ma, ormai, non più vive in quanto troppo difformi rispetto alle corrispondenti strutture della lingua nazionale italiana.