Dittonghi

Spazio di discussione su questioni di fonetica, fonologia e ortoepia

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Intervento di Infarinato »

valerio_vanni ha scritto:
Infarinato ha scritto:Infatti, è solo «intenzionale», non «aulica». ;)
Accanto a "intenzionale" precisa "per fare sfoggio".
Mi dispiace, caro Valerio, ma temo proprio che non sia sufficiente basarsi su due righe di un sito. Leggiamoci cosa scrive il Canepàri in proposito…
Luciano Canepàri, a p. 23 del DiPI (sottolineature mie), ha scritto:[L]a pronuncia intenzionale, voluta, […] richiede riflessione su «come si dovrebbe dire», e perlopiú riguarda la posizione dell’accento, ma non solo; essa rispecchia l’uso accurato, forbito, non comune «di chi sa». E quando, infatti, si sa che, oltre alla pronuncia piú diffusa, che si presenta spontaneamente, c'è n’è anche un’altra che la tradizione puristica considera l’unica «corretta» […] solo perché è la piú vicina alla forma originaria genuina, magari solo per supposizione, è ovvio che ci si trovi di fronte a un momento d’esitazione, tanto piú «costoso» quanto piú si cerchi assolutamente d’evitar d’usare la forma considerata «errata».
valerio_vanni ha scritto:Si può anche passare a una parola simile di uso più comune: "ieri". Quante volte si fanno considerazioni sul pane di ieri, che inizia a seccarsi?
Nel DiPI è indicata alla stessa maniera, e anche in quel caso io ho sempre detto /di'jEri/. Non mi è mai venuto in mente di pronunciare /di'Eri/, l'ho visto solo sul DiPI. Anzi no, una volta ho sentito mia mamma pronunciarlo.
Ecco: il suo «mia mamma» senz’articolo tradisce la sua toscanità «di confine [settentrionale]», per cui non mi permetto [piú] di pretendere di sapere cosa sia per Lei «spontaneo». ;)
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Infarinato ha scritto:Mi dispiace, caro Valerio, ma temo proprio che non sia sufficiente basarsi su due righe di un sito. Leggiamoci cosa scrive il Canepàri in proposito…
Luciano Canepàri, a p. 23 del [i]D[sup]i[/sup]PI [/i](sottolineature mie), ha scritto:[L]a pronuncia intenzionale, voluta, […] richiede riflessione su «come si dovrebbe dire», e perlopiú riguarda la posizione dell’accento, ma non solo; essa rispecchia l’uso accurato, forbito, non comune «di chi sa». E quando, infatti, si sa che, oltre alla pronuncia piú diffusa, che si presenta spontaneamente, c'è n’è anche un’altra che la tradizione puristica considera l’unica «corretta» […] solo perché è la piú vicina alla forma originaria genuina, magari solo per supposizione, è ovvio che ci si trovi di fronte a un momento d’esitazione, tanto piú «costoso» quanto piú si cerchi assolutamente d’evitar d’usare la forma considerata «errata».
E' spiegato più in dettaglio, ma non mi pare che cambi la sostanza. Si parla di una riflessione, di una scelta. E' in questo che non mi riconoscevo, riguardo a "di ieri" o "lo iato".
Ecco: il suo «mia mamma» senz’articolo tradisce la sua toscanità «di confine [settentrionale]», per cui non mi permetto [piú] di pretendere di sapere cosa sia per Lei «spontaneo». ;)
Non serviva quello ;-) Ho messo apposta il comune nel profilo, perché questa è una zona linguistica di confine tra il centro e il nord e quindi quando dico "come dico" la cosa può essere contestualizzata meglio. Se avessi messo solo la provincia, sarei apparso come fiorentino puro e non sarebbe stato coerente.

Tra l'altro questa particolare cosa è cambiata nel tempo, e non ne conosco esattamente il motivo: una ventina d'anni fa mi veniva spontaneo usare l'articolo, ora vale il contrario. Ho notato che i miei genitori lo usano, forse c'è stato un cambiamento negli ultimi decenni.

Qual è la tendenza attuale dell'Italiano televisivo, in questo ambito?
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Ringrazio Valerio per aver pensato a una parola esemplificativa tanto semplice e comune come "ieri".
Anche la mia pronuncia "spontanea", naturale se si preferisce, corrisponde a quella che Canepari considera "intenzionale": /diˈjɛri/; dovrei forse cambiarla solo perché (ma non so il perché: l'avrò appresa in famiglia?) è la stessa di «color che sanno»?
Mi sorprende anche che la pron. /ˈljɛri/ di l'ieri sia considerata appena "tollerata", appetto dell'analoga pronuncia /ˈljato/ di l'iato che invece è quella "consigliabile".

Ah: anch'io dico «chiedi a tua mamma», «sta con sua mamma», «vado da mia mamma» (non "alla", "con la", "dalla", che mi suonano un po' infantili) – e non sono toscano.
Oggi com'oggi non si sente dire dieci parole, cinque delle quali non sieno o d'oltremonte o nuove, dando un calcio alle proprie e native. (Fanfani-Arlìa, 1877)
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Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:Anche la mia pronuncia "spontanea", naturale se si preferisce, corrisponde a quella che Canepari considera "intenzionale": /di'jɛri/; dovrei forse cambiarla solo perché (ma non so il perché: l'avrò appresa in famiglia?) è la stessa di «color che sanno»?
No, la «deve» cambiare se/quando vuole parlare in italiano neutro.
Zabob ha scritto:Mi sorprende solo che /ˈljɛri/ sia considerata appena "tollerata", appetto dell'analoga pronuncia /ˈljato/ che invece è quella "consigliabile".
«Consigliabile», forse, modernamente, non tradizionalmente: controlli bene. (FT: appetto a. ;))
Zabob ha scritto:Ah: anch'io dico «chiedi a tua mamma», «sta con sua mamma», «vado da mia mamma» (non "alla", "con la", "dalla", che mi suonano un po' infantili) – e non sono toscano.
Certo, proprio per questo: Lei è «nordico». ;)
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Infarinato ha scritto:
Zabob ha scritto:Mi sorprende solo che /ˈljɛri/ sia considerata appena "tollerata", appetto all'analoga pronuncia /ˈljato/ che invece è quella "consigliabile".
«Consigliabile», forse, modernamente, non tradizionalmente: controlli bene.
Sì, appunto: da una parte si suggerisce di trasformare "modernamente" un iato in dittongo (/liˈato/→/ˈljato/), o comunque di mantenere invariato il dittongo quando è preceduto dall'art. determinativo (l' + /ˈjato/→/ˈljato/); dall'altra parte, all'opposto, si consiglia di trasformare nella stessa situazione un dittongo in iato (l' + /ˈjɛri/→/liˈɛri/), mentre conservare il dittongo è solo "tollerato". E sì che ci sono parole come lieve, lieto... (/ˈljɛve/, /ˈljɛto/...).
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Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:[D]a una parte si suggerisce di trasformare "modernamente" un iato in dittongo (/liˈato/→/ˈljato/), o comunque di mantenere invariato il dittongo quando è preceduto dall'art. determinativo (l' + /ˈjato/→/ˈljato/); dall'altra parte, all'opposto, si consiglia di trasformare nella stessa situazione un dittongo in iato (l' + /ˈjɛri/→/liˈɛri/), mentre conservare il dittongo è solo "tollerato".
(Refusi a parte) sarà forse perché ieri è una parola [popolare] antichissima di ben altra frequenza [anche nella nostra letturatura e nella nostra tradizione poetica oltre che nella lingua comune] rispetto a un latinismo come iato? ;)
Zabob ha scritto:E sì che ci sono parole come lieve, lieto... (/ˈljɛve/, /ˈljɛto/...).
Errooooore! :D La domanda che bisogna porsi non è se esistano sequenze come [ˈjɛ(ː)] in italiano, ma se la sequenza [ij] ([i] non accentata) non tenda invece (sempre in italiano) a ridursi spontaneamente a [i] (atona)… Ma procediamo con ordine.

Innanzitutto richiamiamo con le parole di Piero Fiorelli la regola ortoepica tradizionale, che —sottolineiamolo— riguarda esclusivamente le consonanti palatali.
Piero Fiorelli in Camilli & Fiorelli (1965:192, sottolineature mie) ha scritto:[L]’i semiconsonante iniziale [j-], nell’uso prevalente a Firenze, si muta quasi sempre in vocale sillabica [i-] se nella frase è preceduto da una consonante (quindi l’ieri [l iɛːri], un iettatore [un iettatoːre]), e anzi non può mai rimanere semiconsonante [j-] se la consonante che lo precede è palatale (come in gl’iettatori [ʎ iettatoːri]).
E negli altri casi? Vediamo cosa ci dice sempre il Fiorelli.
Piero Fiorelli in Camilli & Fiorelli (1965:56, sottolineature mie) ha scritto:Un i- prevocalico iniziale, pur essendo di regola semiconsonante, può diventar vocale quando nella frase sia preceduto da una consonante: es. d’ieri [d jɛːri, d iɛːri], d’iodio [d jɔːdĭo, d iɔːdĭo] {[ĭ] = [i] o [j] (NdI)}. Nel secondo esempio la pronuncia vocalica è giustificata anche dall’origine greca; ma quella che la può determinare di fatto nella maggior parte dei casi non è certo la coscienza etimologica, è piuttosto la rarità del gruppo [dj] iniziale di parola (si tende a fare trisillabo d’iodio allo stesso modo che si tende a fare trisillabo diaspro {…}), e soprattutto la difficoltà e la poca stabilità del gruppo [ij] (come il teorico [imvijaːmo] si riduce a [imviaːmo] {inviamo; qui [m] = [ɱ] e [m] (NdI)}, cosí [di jɔːdĭo] si può ridurre facilmente a [d iɔːdĭo] {…}).
È proprio questo il punto (…e la risposta alla domanda che si sarebbe dovuto porre ;)): cosí come diciamo inviamo e obliamo con [i] semplice e non con una teorica sequenza [ij] ([-i] del tema verbale + [j-] della desinenza di 1ª plurale), né con [j] (almeno a ritmo lento), cosí piú naturalmente (e coerentemente) ridurremo [di ˈjɛːɾi] a [diˈɛːɾi] (e non a un poco italiano [ˈdjɛːɾi]).
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Zabob
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Intervento di Zabob »

Spiegazione esaustiva! Grazie! :) E anche quella strana «tintura di odio» appare molto meno bizzarra se si considera l'elisione della preposizione: d'iodio! :idea: Alla luce di quanto detto, ne discende che sarebbe meglio (in teoria) scrivere "un iettatore" anziché "uno iettatore", "l'iodio" (*) anziché "lo iodio" ecc.?

(*) /liˈɔdjo/, vero, non /ˈljɔdjo/?

P.S.: Ho letto e riletto ma di refusi (se per refusi intende errori di battitura) non ne ho trovati (a meno che non me li abbia corretti Lei).
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Intervento di Infarinato »

Zabob ha scritto:Alla luce di quanto detto, ne discende che sarebbe meglio (in teoria) scrivere "un iettatore" anziché "uno iettatore", "l'iodio" (*) anziché "lo iodio" ecc.?
In un’ottica consapevolmente tradizionalistica e fortemente fiorentino-centrica, sí.

D’altra parte, anche a Firenze e in Toscana prevale ormai —direi— l’allomorfo pieno dell’articolo lo davanti a sostantivi [maschili singolari] inizianti con /j/. E, del resto, a parte ieri, tutte le altre parole [sostantivabili/«articolabili», di genere maschile] con /j-/ sono o dei cultismi non proprio comunissimi (ialino, iato, iodio, ionio etc.) o dei regionalismi (iettatore etc.), per cui è naturale che la «norma» vacilli un po’.
Zabob ha scritto:(*) /liˈɔdjo/, vero, non /ˈljɔdjo/?
Toscanamente sí, ma non obbligatoriamente: ortoepicamente, la risillabazione —ripetiamolo ancora una volta— è categorica solo dopo palatale, quindi, in pratica, solo dopo l’articolo plurale gli. (E —lo rilevava anche Lei prima— /lj-/ è comunque piú comune di /dj-/ in italiano.)
Zabob ha scritto:P.S.: Ho letto e riletto ma di refusi (se per refusi intende errori di battitura) non ne ho trovati (a meno che non me li abbia corretti Lei).
Mi riferivo al DiPI! ;)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Un quesito sciocco quanto banale: se la risillabazione è categorica solo dopo palatale —per cui, a meno che non si voglia «toscaneggiare», la presenza dell'approssimante dopo articolo che non sia gli può essere tollerata—, significa che lo e l' possono essere usati indistintamente? Se /ˈljɔdjo/ può andare bene, vale lo stesso discorso per /lo'jɔdjo/?
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Se /ˈljɔdjo/ può andare bene, vale lo stesso discorso per /lo'jɔdjo/?
Certo! Basti l’autorità del DOP (seconda e terza riga). :)
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

La ringrazio. :) Per tornare a bomba su iato, alla luce di quel che s'è appena detto, per quale motivo sarebbe da preferire la forma apostrofata dell'articolo? Voglio dire, è una questione morfologica o fonetica? Lo sarebbe da evitare semplicemente perché, come ci dice il Dop, dev'essere eliso davanti a vocale oppure perché la sua presenza basterebbe a rendere la i (vocale) di iato un'approssimante?
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Intervento di Infarinato »

Ivan92 ha scritto:Per tornare a bomba su iato, alla luce di quel che s'è appena detto, per quale motivo sarebbe da preferire la forma apostrofata dell'articolo?
Per ragioni etimologiche e fonetiche, ancorché non stringenti.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Grazie mille! :)
valerio_vanni
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Intervento di valerio_vanni »

Ivan92 ha scritto:Lo sarebbe da evitare semplicemente perché, come ci dice il Dop, dev'essere eliso davanti a vocale oppure perché la sua presenza basterebbe a rendere la i (vocale) di iato un'approssimante?
Il DiPI riporta anche una versione con "lo" e iato a seguire: /loi'ato/.
Ma secondo me, poco che la parlata acceleri, fa presto a passare a /lo'jato/.
Ivan92
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Intervento di Ivan92 »

Sì, in effetti mi stavo chiedendo se la presenza di lo potesse, in qualche modo, non rendere approssimante la i. Forse soltanto a ritmo lentissimo. Ma, come Lei ha fatto giustamente notare, è pressoché impossibile.
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