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«Ben sperare»

Inviato: gio, 11 dic 2014 12:16
di Carnby
Secondo voi questo troncamento è corretto o consigliabile? Secondo me no: si dovrebbe dire «bene sperare» o, meglio ancora, «sperare in bene».

Inviato: gio, 11 dic 2014 12:55
di Ferdinand Bardamu
Sono d’accordo: ricordo il dantesco «bene sperar» (Inf., I, 41). Stranamente (ma forse è strano solo per me), il DOP tace al riguardo; anzi, fornisce esempi che smentiscono la sconsigliabilità del troncamento di bene davanti a /s/ preconsonantica, come ben scarso.

Inviato: gio, 11 dic 2014 12:57
di Animo Grato
Anche secondo me l'infilata di consonanti che si viene a creare (ben sperare) non ha nulla di affascinante.

Inviato: gio, 11 dic 2014 16:13
di GFR
Ben sperare non mi sembra un errore.
Si potrebbe usare in un verso per avvicinare gli accenti e forse è in una poesia che Carnby l'ha letto.
Parlando e scrivendo mi sembrano meglio le alternative proposte. Anche se ho provato a scrivere di getto la seguente frase e non mi sembra né errata né particolarmente brutta: ... la cura prescritta dal medico ebbe subito effetto e ci indusse a ben sperare: Carla sarebbe tornata presto la ragazza che...
Segnalo come curiosità l'esempio del Serianni: "di gran granchi" :shock: (Nievo, Le confessioni di un italiano)

Inviato: gio, 11 dic 2014 16:29
di Zabob
GFR ha scritto:Segnalo come curiosità l'esempio del Serianni: "di gran granchi" :shock: (Nievo, Le confessioni di un italiano)
Temo, caro GFR, che abbia preso...un gran granchio! :lol: È di un problema come questo che si sta discutendo.

Inviato: gio, 11 dic 2014 21:16
di PersOnLine
In quel caso, Marco parla del nesso -nsC- all'interno della parola, qui (e in seguito) dice ben altro sulle apocopi. D'altronde se ci fosse questa intolleranza verso la n davanti a s impura, come la metteremmo con l'uso delle preposizioni con e in? dovremmo portare in auge la i prostetica.

Inviato: gio, 11 dic 2014 21:19
di GFR
Non vorrei essere stato frainteso con gran granchi. Volevo solo segnalare il risultato bizzarro (almeno al mio orecchio) di un troncamento‚ sulla falsariga del commento di un altro utente.
Animo Grato
Anche secondo me l'infilata di consonanti che si viene a creare (ben sperare) non ha nulla di affascinante.


Grazie per il collegamento.

Inviato: gio, 11 dic 2014 22:00
di Ferdinand Bardamu
Ho provato a cercare bene sperare e ben sperare nella BibIt. I risultati:
  • Bene sperare, 22 occorrenze
  • Ben sperare, 3 occorrenze
Tra le occorrenze di bene sperare, una di Dante (Convivio), una del Boccaccio (Teseida), due del Guicciardini. Tre soli i risultati per ben sperare, tutti e tre di autori settentrionali (Gian Giorgio Trissino, Guiniforte Barzizza e Michele Savonarola). Il mero computo delle occorrenze ci dice molto poco, ovviamente, dal momento che nei risultati dell’interrogazione «bene sperare» compaiono opere di commento a Dante (che citano il «bene sperar» di cui sopra) e opere in latino. Tuttavia, se può far fede l’autorità dei grandi scrittori e poeti toscani — e se l’archivio della BibIt può esser considerato un corpus soddisfacente —, direi che è preferibile usare la forma piena davanti alla /s/ preconsonantica, se non altro per ragioni d’eufonia.

Quanto all’i prostetica citata da PersOnLine, fosse per me la rispolvererei volentieri, ma io conto come il due di coppe quando va a bastoni.

Inviato: gio, 11 dic 2014 23:31
di Zabob
GFR ha scritto:Non vorrei essere stato frainteso con gran granchi. Volevo solo segnalare il risultato bizzarro (almeno al mio orecchio) di un troncamento...
Però la sequenza -ngr-, effetto di questo troncamento (curioso invece per quella ripetizione gran-gran) non pone alcun problema, essendo ben integrata in parole come ingrossare, congresso, ringraziare ecc.
Ai tempi dell'università era frequente l'augurio "buon studio"... "buono studio" avrebbe forse fatto pensare a qualche sovvenzione in denaro. :roll:

Inviato: ven, 12 dic 2014 12:34
di Animo Grato
Zabob ha scritto:Ai tempi dell'università era frequente l'augurio "buon studio"...
Anche a me è tornato in mente quell'augurio, udito in circostanze analoghe. Ricordo in particolare una ragazza, che ne abusava con voluttà. Ogni volta avrei voluto ribatterle: «Lo studio servirebbe più a te che a me, zotica!», ma era carina, e a prevalere fu un altro ordine di considerazioni...

Inviato: ven, 12 dic 2014 13:22
di Carnby
PersOnLine ha scritto:D'altronde se ci fosse questa intolleranza verso la n davanti a s impura, come la metteremmo con l'uso delle preposizioni con e in?
È un problema reale: nello scritto più curato cerco di evitare questi incontri con qualche stratagemma tipo «sono stato in Spagna tanti anni fa» → «ho visitato la Spagna tanti anni fa». Nel parlato il problema non si pone: «i' Spagna», «co' Stefano» ecc. :)
Ferdinand Bardamu ha scritto:come il due di coppe quando va a bastoni.
Indovini perché da noi non si dice così... :wink:

Inviato: sab, 13 dic 2014 8:56
di GFR
Ferdinand Bardamu ha scritto:Ho provato a cercare bene sperare e ben sperare nella BibIt. I risultati:
  • Bene sperare, 22 occorrenze
  • Ben sperare, 3 occorrenze
Tra le occorrenze di bene sperare, una di Dante (Convivio), una del Boccaccio (Teseida), due del Guicciardini. Tre soli i risultati per ben sperare, tutti e tre di autori settentrionali (Gian Giorgio Trissino, Guiniforte Barzizza e Michele Savonarola)...
... Tuttavia, se può far fede l’autorità dei grandi scrittori e poeti toscani — e se l’archivio della BibIt può esser considerato un corpus soddisfacente —, direi che è preferibile usare la forma piena davanti alla /s/ preconsonantica, se non altro per ragioni d’eufonia.
Senz’altro è solo una coincidenza.
Si potrebbe anche ipotizzare che i settentrionali siano meno sensibili alle successioni di consonanti. Una predisposizione linguistica ereditata dalla dominazione di popolazioni nordiche‚ i ‟barbari‟‚ e dai loro suoni. Ancora oggi l’angoscia in tedesco è Angst e rinchiudere è einsperren. Gli altri grandi umanisti fedeli al bene sperare‚ sono sotto (diciamo così) la Linea Gotica.
Non è una spiegazione: è solo l’occasione di scambiare due parole e sentire cosa pensino gli altri di un argomento che ho trovato interessante.

Inviato: sab, 13 dic 2014 14:46
di Carnby
GFR ha scritto:Si potrebbe anche ipotizzare che i settentrionali siano meno sensibili alle successioni di consonanti.
Mi ricordo che in piacentino «macellaio» si dice pkèr e in bolognese «ospedale» si dice sbdèel. «Lo stomaco» in triestino è el stòmigo.
GFR ha scritto:Una predisposizione linguistica ereditata dalla dominazione di popolazioni nordiche‚ i ‟barbari‟‚ e dai loro suoni. Ancora oggi l’angoscia in tedesco è Angst e rinchiudere è einsperren.
All'università, a proposito della fonologia e fonotassi settentrionale, un professore ipotizzò che fosse appunto dovuta all'adstrato (o al superstrato) con le popolazioni germaniche, più che a un sostrato celtico (gallico) del quale non si sa quanto possa essere rimasto.

Inviato: sab, 13 dic 2014 15:18
di Ferdinand Bardamu
Carnby ha scritto:
GFR ha scritto:Si potrebbe anche ipotizzare che i settentrionali siano meno sensibili alle successioni di consonanti.
Mi ricordo che in piacentino «macellaio» si dice pkèr e in bolognese «ospedale» si dice sbdèel. «Lo stomaco» in triestino è el stòmigo.
Anche qui si dice el stómego. Davanti a /s/ preconsonantica si usa una sola forma di articolo determinativo e indeterminativo, rispettivamente el e un: el s-ciantíxo (=‹lampo›), un specio (=‹specchio›).

Inviato: sab, 13 dic 2014 16:27
di Ivan92
Carnby ha scritto: «Lo stomaco» in triestino è el stòmigo.
Arriva sin quaggiú lo stomigo (o stomago, che dir si voglia), soltanto che noi usiamo lo o lu. La sequenza elst, nonostante el sia l'articolo d'innumeri parole (el gatto, el topo, ecc.), risulta impossibile da pronunciare.