«Spending» per «spending review»
Inviato: mer, 18 feb 2015 20:39
Apro qui un filone che riguarda un forestierismo perché il nòcciolo del mio quesito non riguarda tanto la parola inglese in sé, ma il modo in cui viene trattata in italiano.
Iersera mi capita di sentir parlare alla radio (Radio Due) Anna Maria Testa, la pubblicitaria. L’avevano chiamata per discutere dell’abuso di parole inglesi in italiano. Tra le molte cose condivisibili, dice (vado a memoria): «Spending review può essere benissimo sostituito da revisione della spesa, così eviteremmo anche di storpiare l’inglese dicendo ‹la spending›».
Ora, che spending in un sintagma come «la spending» non corrisponda a una parola inglese che significhi ‹revisione della spesa›, è pacifico. Ma l’obbiezione della Testa — se mettiamo per un attimo da parte il fatto che ha ragione da vendere sulla necessità di parlare finalmente italiano — non tiene conto della diversa analisi che subiscono gli inglesismi composti di due elementi in italiano.
Klajn (Influssi inglesi nella lingua italiana, Firenze, «Olschki», 1972, pp. 70-71) scrive:
Tra le modificazioni dovute all’assimilazione nel senso largo del termine osserviamo un fenomeno, tipico degli anglicismi nelle lingue neolatine, che proporrei di chiamare r i d u z i o n e o e l l i s s i d e i c o m p o s t i. Si tratta di forme come night per night-club, basket da basket-ball, cross da cross-country, trench da trench-coat, water da water-closet, bob da bob-sleigh […] e molti altri. Dal punto di vista della lingua donatrice si tratterebbe di un grosso mutamento semantico — « locale notturno » che diventa « notte », « cappotto » trasformato in « trincea », ecc. — ma in italiano le forme abbreviate prendono sempre il significato dell’intero composto. Il meccanismo della trasformazione è chiaro: i composti vengono intesi come se avessero la struttura romanza, con l’elemento principale al primo posto e l’attributo al secondo; essendo il significato delle singole parti sconosciuto o volutamente ignorato, il presunto attributo viene abbandonato come superfluo.
Se i parlanti notano l’anomalia di spending al posto di spending review, gli è perché l’anglicismo è di recentissima introduzione, e ha provocato e provoca sacrosante reazioni di rigetto da parte di molti: si tende quindi a trovare ogni ragione possibile per scongiurarne l’uso. Tuttavia, occorre notare che simili casi di riduzione sono errori solo se si guardano dal punto di vista della lingua di partenza; in italiano rappresentano invece un modo di «italianizzare» gli anglicismi.
D’altra parte, coloro che, come la Testa, criticano forme come «la spending» dovrebbero coerentemente estendere la loro critica anche a parole (forse lessicalmente, ma non strutturalmente) «italiane» come quelle citate da Klajn: water, trench, night, basket (e volley), ecc. Ma per queste ultime ormai «il significato delle singole parti [è] sconosciuto o volutamente ignorato».
Iersera mi capita di sentir parlare alla radio (Radio Due) Anna Maria Testa, la pubblicitaria. L’avevano chiamata per discutere dell’abuso di parole inglesi in italiano. Tra le molte cose condivisibili, dice (vado a memoria): «Spending review può essere benissimo sostituito da revisione della spesa, così eviteremmo anche di storpiare l’inglese dicendo ‹la spending›».
Ora, che spending in un sintagma come «la spending» non corrisponda a una parola inglese che significhi ‹revisione della spesa›, è pacifico. Ma l’obbiezione della Testa — se mettiamo per un attimo da parte il fatto che ha ragione da vendere sulla necessità di parlare finalmente italiano — non tiene conto della diversa analisi che subiscono gli inglesismi composti di due elementi in italiano.
Klajn (Influssi inglesi nella lingua italiana, Firenze, «Olschki», 1972, pp. 70-71) scrive:
Tra le modificazioni dovute all’assimilazione nel senso largo del termine osserviamo un fenomeno, tipico degli anglicismi nelle lingue neolatine, che proporrei di chiamare r i d u z i o n e o e l l i s s i d e i c o m p o s t i. Si tratta di forme come night per night-club, basket da basket-ball, cross da cross-country, trench da trench-coat, water da water-closet, bob da bob-sleigh […] e molti altri. Dal punto di vista della lingua donatrice si tratterebbe di un grosso mutamento semantico — « locale notturno » che diventa « notte », « cappotto » trasformato in « trincea », ecc. — ma in italiano le forme abbreviate prendono sempre il significato dell’intero composto. Il meccanismo della trasformazione è chiaro: i composti vengono intesi come se avessero la struttura romanza, con l’elemento principale al primo posto e l’attributo al secondo; essendo il significato delle singole parti sconosciuto o volutamente ignorato, il presunto attributo viene abbandonato come superfluo.
Se i parlanti notano l’anomalia di spending al posto di spending review, gli è perché l’anglicismo è di recentissima introduzione, e ha provocato e provoca sacrosante reazioni di rigetto da parte di molti: si tende quindi a trovare ogni ragione possibile per scongiurarne l’uso. Tuttavia, occorre notare che simili casi di riduzione sono errori solo se si guardano dal punto di vista della lingua di partenza; in italiano rappresentano invece un modo di «italianizzare» gli anglicismi.
D’altra parte, coloro che, come la Testa, criticano forme come «la spending» dovrebbero coerentemente estendere la loro critica anche a parole (forse lessicalmente, ma non strutturalmente) «italiane» come quelle citate da Klajn: water, trench, night, basket (e volley), ecc. Ma per queste ultime ormai «il significato delle singole parti [è] sconosciuto o volutamente ignorato».