Uso del pronome «lui»

Spazio di discussione su questioni di carattere sintattico

Moderatore: Cruscanti

Vinci
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Uso del pronome «lui»

Intervento di Vinci »

Buongiorno,
ho qualche dubbio sull'uso del pronome complemento "lui".
Es. Maria ha invitato Luca ad andare con lei al cinema, ma lui ha preferito restare a casa.
Vorrei capire quando è corretto usare "LUI" al posto di "EGLI".
Grazie!
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Risposta breve: egli è ormai confinato alla prosa formale. Anche nello scritto, non solo colloquiale, si usa ormai lui. Ella è ancor piú raro ed è sostituito anch’esso da lei. Quindi, a meno che non si stia scrivendo un trattato o un discorso del presidente della repubblica, è meglio usare lui.

Egli oggi «si adopera solo in funzione anaforica, cioè quando serve per richiamare una persona di cui si sia parlato in precedenza» (Luca Serianni, Italiano, Milano: «Garzanti», 2000, sez. «Glossario e dubbi linguistici», PERSONALI, PRONOMI (3ª PERSONA)). Il pronome lui, invece, si usa «per sottolineare un elemento della frase («Io vado via, lui [=quanto a lui] non so») o quando contiene il dato nuovo dell’informazione (e in tal caso è posposto al verbo: «È stato lui!» […])» (ibidem). Egli quindi sembra adattarsi al caso, perché richiama — con un’ulteriore funzione di disambiguazione — una persona di cui si è parlato prima. Ma, come si è già detto, un pronome del genere, oggi considerato molto formale, non si usa in frasi colloquiali come codesta.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Una volta la regola era molto chiara: quando si diceva 'egli' era soggetto, 'lui' compariva solo nei complementi. Oggi non ci si bada più.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Scilens ha scritto:Una volta la regola era molto chiara: quando si diceva 'egli' era soggetto, 'lui' compariva solo nei complementi. Oggi non ci si bada più.
Non è che non ci si badi piú, è che anche lo scritto (di media formalità) ha accolto un uso ormai consolidato. Giova ricordare la revisione manzoniana dei Promessi Sposi a tal proposito.

Egli (e ella, essi, esse), rispetto a quanto avveniva in antico, ha inoltre subíto alcune restrizioni d’uso: non compare coordinato con un altro soggetto (*Egli e Mario vanno a Roma) e non può occorrere senza che venga esplicitato il verbo di cui è soggetto (— Chi viene? — *Egli).
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Questo è parlato, caro Ferdinand, per forza ha ragione. Ho ricordato una regola vecchia, di quando lo scritto era solo formale. Solo che non son passati dieci secoli, nemmeno uno. Forse mezzo.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Non mi risulta che i Promessi Sposi siano «parlato», caro Scilens. :)
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Non le risulta nemmeno che Manzoni fosse un precursore del realismo?
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Cosa c’entri questo con il tema della discussione lo sa solo lei. Chiudo qui. Ho detto tutto quel dovevo dire.
Teo
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Intervento di Teo »

Scilens ha scritto:Una volta la regola era molto chiara: quando si diceva 'egli' era soggetto, 'lui' compariva solo nei complementi. Oggi non ci si bada più.

"Una volta" quando? All'epoca delle maestrine con la penna rossa che censuravano usi appena poco conformi a regolette mal apprese e peggio insegnate, forse...In realtà, che a "lui" fosse riservata solo la funzione di complemento, non l'ha mai pensato nessuno, soprattutto quando il pronome appare "topicalizzato". Grammatiche di diversa tendenza ed età si sono sempre espresse chiaramente.
Cominciamo da una più "modernista", la Grammatica italiana di Dardano-Trifone, Bologna, Zanichelli, 1995:
Vi si legge (p. 262):
In particolare sono obbligatorie le forme lui, lei, loro anziché egli, essa, ella, essi, esse:
• quando si vuole mettere in rilievo il soggetto, nel qual caso il pronome si pone dopo il verbo: ci va lui; l'ha detto lei; sono stati loro;
• quando il pronome è in funzione di predicato: non sembrava più lui; se io fossi lei; ma noi non siamo loro;
• dopo come e quanto, cioè in complementi di paragone: sei bravo come lui; ho studiato quanto lei; sono dispiaciuto quanto loro;
• tra ecco e che relativo: ecco lui che non ci crede; ecco loro che arrivano sempre tardi; .
• nelle contrapposizioni: lui dice di sì, lei di no; lui dettava e lei scriveva;
• quando il verbo è al gerundio o al participio: essendoci lui, eravamo più tranquilli; sposatasi lei, rimasero soli; partiti loro, ce ne andammo anche noi;
• nelle esclamazioni ellittiche: contento lui, contenti tutti!; beata lei!; felici loro!;
• in altre espressioni mancanti del verbo: «chi è stato?» «lui»; ricchi loro? Ma non farmi ridere!;
• dopo anche, neanche, pure, neppure, nemmeno: anche lui era assente (o anch'egli era assente, in un uso più letterario); non lo sa neanche lei quello che vuole; nemmeno loro l'hanno visto.
Parimenti, la più "tradizionalista", e in assoluto più autorevole grammatica di Serianni e Castelvecchi, nel § VII.17 (Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi, edizione Garzanti, Milano, 1997), sostiene che l'uso di lui e lei come soggetto è obbligatorio e non solo preferito, con come e quanto; in espressioni esclamative; con funzione predicativa; con un participio o anche con un gerundio assoluto; come soggetto di un'infinitiva; in frasi coordinate al secondo posto; in espressioni olofrastiche; interposti tra ecco e una proposizione relativa; sostantivati con il valore di "un uomo, una donna"; e in tutte le espressioni marcate ed enfatiche.

Anche il vecchio Aldo Gabrielli, uno degli ultimi puristi intransigenti, nel suo Dizionario dello stile corretto (Milano, Mondadori, 1976), sostiene che lui e lei si possono usare come soggetto nei seguenti casi:
1. quando è necessario dare particolare risalto al pronome; 2. quando vi sia opposizione tra due soggetti: lei arrivò puntuale, lui in ritardo; 3. quando il verbo precede il soggetto; 4. quando è soggetto di una proposizione con il verbo all’infinito, al participio o al gerundio; 5. quando precedono parole come nemmeno, pure, tanto, quanto, ecc.; 6. nelle esclamazioni; 7. come predicato dopo i verbi essere, sembrare, parere.

E se non basta, citerò la vecchia Sintassi italiana dell'uso moderno di Raffaello Fornaciari, risalente al 1881. Se non è persuaso neppure di quella, forse potrebbero servire le Prose della volgar lingua del Bembo...

http://www.mauriziopistone.it/testi/sin ... lo106.html
§ 5. Uso della forma soggettiva. La forma soggettiva si adopera regolarmente in posizione di soggetto per significare la persona che fa l’azione e, in locuzione passiva, quella che la sostiene; p. es. io leggo: io amo te: tu mi credi: egli ha paura di loro: eglino sono lodati.
§ 6. Eccezioni. Nondimeno, fra i pronomi di terza persona, la forma oggettiva (lui, lei, loro) si sostituisce alla soggettiva (egli, ella, elleno), quando la persona operante debba avvertirsi di più e mettersi in rilievo maggiore. Ciò accade specialmente:
dove siano più persone a contrasto o in vicendevole corrispondenza; p. es. Se esso Adamo fu nobile, tutti siamo nobili, e se lui fu vile, tutti siamo vili. Dante. – Prese la corona del ferro lui e la donna sua. Compagni. – Claudio prese la fanciulla e menavala via: lei s’atteneva al padre abbracciando e gridando. Ser Giovanni Fiorentino;
dove si debba ben distinguere e separare una persona dalle altre; p. es. Quello che lui dice, a tutti è legge. Dante. – Iddio, come tu vedi, è bene signore lui, ed è ricchissimo. Fra Giordano;
in generale, quando il soggetto sia posposto al verbo; p. es. Lasciamo fare a quello lassù. Non volete che sappia trovar lui il bandolo d’ajutarci? Manzoni. – Spiccava tra questi ed era lui stesso spettacolo, un vecchio mal vissuto. Manzoni. – Il fidarsi che anche senza licenziar la femmina si sarebbe potuto lui preservare entro i termini dell’onesto, fu la cagione di questa variazione sì luttuosa. Segneri;
[quando si sottintende il verbo essere: P. es. Lui ricco, lui giovane, lui rispettato, lui corteggiato. Manzoni.]
dopo anche, neanche, nemmeno e simili forme avverbiali; p. es. Proferendo queste parole non sapeva nemmen lui se faceva una promessa o un complimento. Manzoni. – Messasi ancor lei a sedere. Bembo.
Si veda anche quest'intervento di Francesco Sabatini:
http://www.accademiadellacrusca.it/it/l ... e/soggetto

E questo filone:
http://www.achyra.org/cruscate/viewtopic.php?t=3344
Ultima modifica di Teo in data mar, 14 lug 2015 3:07, modificato 3 volte in totale.
Teo Orlando
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Ferdinand Bardamu
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Intervento di Ferdinand Bardamu »

Grazie del bell’intervento.
Teo ha scritto:Se non è persuaso neppure di quella, forse potrebbero servire le Prose della volgar lingua del Bembo...
Ecco qui il passo:

Posela [=la «voce» lui] eziandio Dante nel primo caso [=il nominativo] in quella vece, quando e’ disse nel suo Convito: Dunque se esso Adamo fu nobile, tutti siamo nobili; e se lui fu vile, tutti siamo vili […]. (Prose della volgar lingua, Libro III, XVI)

Non sono certo che quel lui in Dante sia filologicamente corretto (con una cursoria sgugolata ho visto che in altre lezioni compare esso al posto di lui); in ogni caso l’autorità del Bembo è sufficiente sí per confermare la correttezza del lui soggetto, e sí per comprovarne l’antichità.
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Scilens
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Intervento di Scilens »

Le “maestrine”, un tempo, a differenza d'oggi, sapevano almeno di latino e non usavano penne rosse, ma la matita rossa e blu da correzione.
Naturalmente, esimio Teo, quando comoda ci s'appella al Trecento, per subito ritrarsi nei casi da chiamarsi 'antiquati' per il prendere a campione qualche illetterato novecentesco immotivatamente celebrato e di successo.
M'ha impressionato (un momento, non di più) la Sua difesa di questo poco, che proprio per questa particolare foga potrebbe anche apparire sospetta.
Sono secoli che i grammatici lodandola dispregiano la mia lingua, riuscendoci anche troppo spesso. “Com'egli” e “quand'egli” non vanno scritti, dice? Perché non cerca, magari anche negli stornelli?

Ossequi professore. Meglio che peggio va bene anche Lei, con codesta passione.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
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Marco1971
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Iscritto in data: gio, 04 nov 2004 12:37

Intervento di Marco1971 »

Sappiamo bene, caro Scilens, che, contrariamente al suo nomignolo, continuerà sempre a seguire quanto le hanno insegnato. E nessuno le dice nulla. Ma eviti, per favore, di dare spettacolo d'inutile fiele quando qualcuno, in buona fede, le fa capire che forse forse, le sue certezze sono solo sue.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
Avatara utente
Scilens
Interventi: 1097
Iscritto in data: dom, 28 ott 2012 15:31

Intervento di Scilens »

Può anche essere che purtroppo sia come dice. In tal caso la ringrazio infinitamente per lasciarmelo dire, e le parlo senza il minimo sarcasmo, veramente.
Saluto gli amici, mi sono dimesso. Non posso tollerare le contraffazioni.
olaszinho
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Iscritto in data: ven, 23 ago 2013 12:36
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Intervento di olaszinho »

Un saluto a tutti. Tempo fa, in un altro foro di linguistica, ebbi una discussione piuttosto animata con un altro utente sull'uso del pronome soggetto egli nell'italiano contemporaneo. Quantunque l'uso di lui sia ormai ampiamente diffuso nell'italiano parlato e financo nello scritto informale, non ritenete che almeno uno studente debba usare egli in un tema a carattere letterario, soprattutto se si riferisce a poeti o a scrittori del passato? Il mio interlocutore sosteneva che egli sia oramai desueto e debba essere sostituito da lui in ogni contesto.
Avatara utente
Ferdinand Bardamu
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Iscritto in data: mer, 21 ott 2009 14:25
Località: Legnago (Verona)

Intervento di Ferdinand Bardamu »

Non credo ci sia un obbligo stilistico particolare a usare egli in un tema letterario.

Citando Sabatini, Serianni ci ricorda che «la coppia egli / ella […] è in forte declino rispetto a lui / lei, che tendono ad essere i pronomi normali ‹in ogni tipo di parlato, anche formale, e nelle scritture che rispecchiano atti comunicativi reali› (SABATINI 1985: 159 […])» (Luca Serianni, Italiano, Milano: «Garzanti», 2000, § VII. 17, sottolineatura mia).

Nello scritto, in alternativa all’espressione dei pronomi, e all’uso di egli, nello specifico, «[s]i preferisce semmai ricorrere a sinonimi o a perifrasi (ad esempio, in un articolo su Giovanni Paolo II, per evitare troppe ripetizioni, questi verrà menzionato di volta in volta come ‹il papa›, ‹il pontefice›, ‹Wojtyla›, piuttosto che indicato attraverso ‹egli›; non ci sarebbe nessuna resistenza, invece, ad usare le forme oblique: ‹gli sono stati presentati›, ‹nella messa da lui celebrata›, ecc.)» (ibidem).
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