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La «Mappa dei dialetti italiani»

Inviato: mer, 02 dic 2015 19:10
di Millermann
Recentemente ho visto in rete una dettagliatissima mappa dei dialetti italiani, realizzata insieme ad altre, anch'esse molto interessanti, da Sima Brankov.
Anche se il bloggo dell'autore, «SB Language Maps», non è piú in linea da qualche mese, questa elaboratissima mappa (pubblicata oltre un anno fa) è ancora reperibile su vari siti. Dopo averla esaminata ho pensato perciò di proporvela, fintanto che la si riesce ancora a scaricare.
Che ne pensate? La conoscevate? A me è sembrata molto interessante e credibile, almeno a giudicare dalla densità di dialetti che riporta in aree come la Calabria, da questo punto di vista notoriamente frammentate.
Le critiche, che pure ho visto qua e là in rete, mi sembrano in parte ingiustificate, e vorrei perciò conoscere la vostra opinione! :)

Inviato: mer, 02 dic 2015 21:00
di u merlu rucà
Vedo che l'ormeasco è stato inserito nel piemontese, in realtà è decisamente più ligure che piemontese.

Inviato: mer, 02 dic 2015 21:47
di Ortelius
Il borghese (da Borgo Sansepolcro, nome con il quale era conosciuta la città di Sansepolcro nel Rinascimento, anche se sarebbe assai più corretto l'aggettivo biturgense) è stato inserito tra i dialetti umbri: è sicuramente un aretino molto "sporcato" da influenze umbre, ma di certo non lo scinderei dal gruppo toscano. Inoltre la sua collocazione geografica è errata, poiché Sansepolcro è in realtà situata nella zona marrone coperta nella mappa dal dialetto alto tiberino.

Non so poi perché abbiano differenziato aretino e chianino, che io sappia sono praticamente la stessa cosa.

Inviato: mer, 02 dic 2015 21:54
di Ferdinand Bardamu
Il trentino e, soprattutto, il roveretano hanno caratteristiche che li avvicinano piú al veneto che agli altri dialetti settentrionali.

Non ho capito, poi, perché abbia escluso friulano e sardo, forse soltanto sulla base del riconoscimento politico di queste lingue. Ma vedo che ci sono i dialetti còrsi. :?

Apparente precisione ed effettiva affidabilità

Inviato: mer, 02 dic 2015 22:37
di GBGaribaldi
Ritengo che cartine con questo livello di dettaglio siano state predisposte "apposta" per risultare inaffidabili.
In Liguria si può attualmente parlare dei vari "italiani locali", non più di dialetti veri e propri, ma chi volesse rifarsi alla situazione "tradizionale" noterebbe subito che l'area del "savonese" ha ben poco senso.
Sulla costa, fin quasi a Varigotti, si tratta di varietà dialettali sostanzialmente di tipo genovese, mentre nell'entroterra l'influsso piemontese è ben avvertibile. Avrebbe avuto senso una "divisione" soltanto in questo senso.
A Est, lungo la costa, fin quasi alle Cinque Terre, i dialetti tradizionali erano indubbiamente di tipo genovese. Quindi, anche in questa direzione, la divisione mostrata ha scarso significato.

Rifrasando il tutto per chi conosce le zone: il savonese di città e il chiavarese erano dialetti di tipo genovese.

Certamente non risultavano tali né l'alassino né lo spezzino.

Chi ha redatto la cartina si dimostra completamente all'oscuro della realtà dialettale tradizionale ancora nota ai vecchi anche se non dialettologi.

Inviato: mer, 02 dic 2015 22:48
di Carnby
L'inclusione dei dialetti corsi e l'esclusione di retoromanzo e sardo corrisponde al principio classico del «sistema italoromanzo», dal quale erano tenuti parzialmente separati i due sistemi citati sopra (pur riconoscendo che avevano come «lingua tetto» l'italiano, perlomeno per quanto riguardava friulano e sardo).
Mi pare eccesiva la frantumazione dei dialetti alto-meridionali e calabresi, in confronto a una ripartizione molto più grossolana per il toscano e il veneto. A proposito di toscano, l'«amiato» non esiste (semmai esiste l'amiatino). Per quanto ne so io, la chianina è solo la razza bovina; per la zona linguistica prevale chianaiolo. Il massese è più toscano che gallo-italico e in generale la sistemazione del comparto versiliese mi pare molto confusa. Il valdinievolino è posto troppo a sud e pare si trovi nei territori di Cerreto Guidi e Vinci, che sono invece linguisticamente fiorentini.

Inviato: mer, 02 dic 2015 23:02
di Ortelius
Ulteriore correzione per quanto riguarda la zona altotiberina.

Posto che il borghese/biturgense è collocato male nella mappa, pure i confini dell'altotiberino sono grossolani: il confine politico tra Toscana e Umbria che taglia la Valtiberina ricalca quello granducale/pontificio dei secoli passati: oltre dunque ad essere un confine storico/politico è un netto confine linguistico e culturale, basti pensare che in Valtiberina toscana l'Umbria è spesso colloquialmente chiamata lo stato di sotto (non senza venature scherzose). Far "debordare" il toscano alto tiberino in quella porzione di Umbria costituirebbe una sorta di offesa per un abitante di Sangiustino o di Citerna, che sono fuor di dubbio avamposti del tifernate, quindi dell'umbro, da secoli.

Inviato: mer, 02 dic 2015 23:50
di Millermann
Quando ho visto la mappa, ho subito pensato che avrebbe suscitato il vostro interesse: troppi sono i motivi di curiosità, e anche d'insoddisfazione, che in un lavoro del genere si possono individuare! :)
Ha addirittura convinto un nuovo utente ad intervenire (a proposito, benvenuto! :D) e, come proprio lui ha affermato, ha un livello di dettaglio tale da risultare necessariamente inaffidabile. Per non esserlo, richiederebbe un impegno da parte di un elevatissimo numero di collaboratori esperti di dialetto locale!
Forse, però, può servire a dare un'idea della distribuzione dei dialetti nelle zone che non si conoscono: ad esempio, mi chiedo se esistano veramente aree dialettali cosí vaste come alcune di quelle raffigurate (quasi delle intere province, mentre qui in Calabria, ed è vero, praticamente ogni comune ha il proprio dialetto). :?

Inviato: gio, 03 dic 2015 0:02
di Ferdinand Bardamu
Un paio di domande rimangono inespresse: chi è Sima Brankov e quali ricerche ha condotto per disegnare questa mappa? Si è servito d’informatori? Da una rapida ricerca in Rete non sono riuscito a ottenere informazioni al riguardo.

Tuttologia? No, grazie!

Inviato: gio, 03 dic 2015 11:18
di GBGaribaldi
Ringrazio cordialmente Millermann del benvenuto.

Non m'intendo di dialetti corsi né del mondo linguistico sardo.

Però diffido istintivamente dell'approccio allegrotto degli adepti delle scienze "tuttologiche".

Il tabarchino è definito "genovese rustico" e - nella misura in cui si può ritenere che gli antichi coloni non provenissero dal centro cittadino, ma piuttosto dalla costa limitrofa - potrebbe anche avere un senso.

Ma in antitesi con la definizione di "genovese urbano" assegnata al dialetto (ormai, estinto) della colonia genovese di Bonifacio non esiste proprio alcun senso. Il dialetto di Bonifacio (piuttosto arcaico) non corrispondeva al genovese urbano e ben difficilmente ne avrebbe potuto rappresentare uno stadio storicamente precedente.

L'unico vero differenziale è rappresentato dai tanti secoli intercorsi tra l'antichissima colonizzazione della città di Bonifacio e quella più recente dell'isola di Tabarca da cui, appunto, provennero i tabarchini.

Di cui le variazioni linguistiche riscontrabili furono inevitabile conseguenza.

Non è mai esistito alcun contrasto linguistico del tipo centro-contado o simili.

Ma chi ha scritto sulla cartina che ne sa? che gliene importa?
Chissà da dove ha preso? Tutto fa brodo.

Si sbaglierebbe, infatti, a prendere sul serio e a identificare gli errori in un lavoro di questo genere quando opere ben più serie ne contengono molti e gravi.

Non va considerata tanto più di un disegno policromo da adattare a estrose "T-shirts" estive . . .

Dialetti calabresi

Inviato: gio, 03 dic 2015 19:05
di Millermann
Visto che siamo in argomento, anche in Calabria (anzi, forse piú che altrove) la suddivisione dei dialetti lascia un po' a desiderare. E questo non solo sulla mappa in oggetto, ma anche in generale. È noto che la regione è solcata, linguisticamente, da una serie d'isoglosse, piú o meno orizzontali, descritte meglio, ad esempio, nelle enciclopedie Treccani qui e qui.

In breve abbiamo, a partire da nord:
(a) Diamante-Cassano: limite settentrionale del vocalismo siciliano
(b) Cetraro-Bisignano-Melissa: limite meridionale della presenza della vocale finale neutra indistinta (scevà)
(c) Amantea-Crotone: limite meridionale delle assimilazioni dei nessi consonantici -nd- e -mb-
(d) Nicastro-Catanzaro: limite meridionale di diversi fenomeni (uso di tenere per «avere», non con il valore di ausiliare; uso del passato prossimo come tempo perfettivo; uso dell'infinito in modo simile a quello dell'italiano).
(e) Vibo Valentia-Stilo: limite meridionale dei dittonghi metafonetici
(f) Rosarno-Locri: limite meridionale del possessivo enclitico coi nomi di parentela.

Tradizionalmente l'isoglossa (b) è considerata il confine tra i dialetti alto-meridionali (o napoletani) e i meridionali estremi (o siciliani). Essa taglia praticamente in due la provincia di Cosenza, che presenta cosí, come in questa mappa, dialetti "lucani" a nord e "calabresi" a sud (inframmezzati, inoltre, da ben 26 comunità italo-albanesi e una occitana!). Ma in realtà, a parte la presenza (neppure uniforme) dello scevà nei primi, le differenze tra i due tipi sono, di solito, poco significative!
A Cosenza (25 Km a sud dell'isoglossa) i parlanti dialettofoni considerano il dialetto locale di tipo napoletano, e infatti la mutua intelligibilità coi "veri" dialetti di tipo siciliano, specie quelli localizzati oltre l'isoglossa (d), è molto piú limitata (cambia notevolmente anche il lessico) che non col vero napoletano, benché distante 250 Km!

Inviato: gio, 03 dic 2015 20:00
di Ferdinand Bardamu
Mi fa molto piacere che si sia sviluppata una bella e interessante discussione — a proposito: benvenuto a GBGaribaldi anche da parte mia :) — ma mi preme far notare che l’autore di questa cartina non è altrimenti noto, stando alle informazioni reperibili in Rete. Forse ha usato uno pseudonimo, fatto sta che la cartina, che reca le indicazioni sul diritto d’autore a suo nome, ha suscitato un coro di critiche, qui come altrove. Il suo bloggo non è piú consultabile, perciò è difficile anche sapere quale metodo abbia seguito e di quali opere si sia servito per disegnare la cartina. Alla luce dei difetti emersi, direi che la suddivisione dei dialetti che propone Brankov è quanto meno da prendere con le molle. Se l’autore ci legge, cosa non inverosimile visto che Google ci indicizza in tempi rapidissimi, sarebbe interessante sentire la sua risposta agli interrogativi che abbiamo sollevato.

Ringraziamenti

Inviato: ven, 04 dic 2015 13:00
di GBGaribaldi
Ringrazio cordialmente anche Ferdinand Bardamu per il suo benvenuto e gli interessanti contributi :) .

Inviato: ven, 04 dic 2015 13:24
di valerio_vanni
Nelle Marche, il pergolese è stato inserito tra i gallo-italici.
Conosco quella zona, e mi sembra un errore marchiano ;-) .

Inviato: ven, 04 dic 2015 18:53
di Sixie
Millermann ha scritto:Forse, però, può servire a dare un'idea della distribuzione dei dialetti nelle zone che non si conoscono: ad esempio, mi chiedo se esistano veramente aree dialettali cosí vaste come alcune di quelle raffigurate (quasi delle intere province, mentre qui in Calabria, ed è vero, praticamente ogni comune ha il proprio dialetto). :?
E come no? :)
Esistono anca màsa. Attualmente i dialetti veneti ( il cui uso è ancora molto vitale in Veneto e trasversale a tutte le categorie sociali), vengono suddivisi dagli studiosi, pur sottolineandone il carattere unitario, in cinque sottogruppi, più o meno corrispondenti alla mappa di Brankov.
Così abbiamo il dialetto veneziano 'lagunare', con le varietà buranella, caorlotta, pellestrinotta, chioggiotta e di terraferma;
il d. padovano-vicentino-polesano, o 'veneto-centrale';
il d. veronese, o 'veneto-occidentale';
il d. trevigiano-feltrino-bellunese, con le varietà 'liventina' (zona d'interferenza col veneziano) e agordino-zoldana (zona d'interferenza col ladino), al quale appartengono anche le parlate di Primiero;
i dialetti 'ladini' del Veneto, comprendenti il comelicano, il cadorino e il livinallese.
La lingua, nelle sue variazioni, è comprensibile al 90% o, così affermano gli studiosi. Io ho esperienza diretta della linea che va da occidente a oriente, all'incirca dal veronese al chioggiotto e posso dire che l'unità linguistica non è da intendersi in una assoluta omogeneità, ma in una articolata variazione di tratti tipici, a volte impercettibili, a volte vistosi, senza però che venga mai meno la loro continuità.
Per quanto riguarda il polesano, data la conformazione territoriale e la storia propria del Polesine, va ricordato che, pur rimanendo nel complesso un dialetto veneto, in alcune aree di confine presenta influssi del mantovano e del ferrarese maggiormente, dovuti alla dominazione estense del passato e alla vicinanza con il Po. La situazione linguistica del Delta è particolarmente interessante poiché lì s'incrociano le linee del chioggiotto da nord, dell'adriotto da ovest e del ferrarese da sud, risultandone un mosaico davvero complesso.