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«Gèi»

Inviato: lun, 23 mag 2016 16:17
di sempervirens
Gèi sarebbe la nostra lettera i lunga (o illungo) italiana chiamata però in un modo che fino a poco fa non conoscevo. Qui non si smette mai d'imparare!
La mia curiosità è questa. Ci sono altre lettere italiane chiamate all'inglese? Non so, abbiamo la lettera cappa, k, e forse qualcuno la chiama in altro modo.

Inviato: lun, 23 mag 2016 16:44
di Millermann
Be', l'unica lettera che in italiano ho sentito nominare "all'inglese" (oltre alla i lunga/gèi) è la e commerciale, che qualcuno chiama ampersand. :)

Inviato: lun, 23 mag 2016 17:13
di Ivan92
Forse non c'entra molto con il filone, ma segnalo una strana pronuncia della lettera v: /vi/. Mi chiedo se non ci sia lo zampino dell'inglese anche in questo caso.

Inviato: lun, 23 mag 2016 17:56
di Carnby
Ivan92 ha scritto:Forse non c'entra molto con il filone, ma segnalo una strana pronuncia della lettera v: /vi/. Mi chiedo se non ci sia lo zampino dell'inglese anche in questo caso.
No, si tratta una forma diffusa al Sud e al Nord già prima dell'invasione anglomane, contro la «centrale» (e corretta :wink:) vu.
Tornando alle «lettere esotiche» pronunciate all'inglese, segnalo anche dàbliu (particolarmente in voga ai tempi di George W. Bush) per w e uài per y (raro). Non c'entra l'inglese, ma va segnalata anche l'erronea pronuncia cheghebé per KGB, invece del corretto cappagibbì (all'italiana) o alternativamente caghe(b) (alla russa).

Inviato: lun, 23 mag 2016 18:53
di domna charola
Viene pronunciato dagli italiani cheghebé perchè caghebé suona poco fine... :twisted:

Inviato: lun, 23 mag 2016 22:39
di Ivan92
Carnby ha scritto:No, si tratta una forma diffusa al Sud e al Nord già prima dell'invasione anglomane, contro la «centrale» (e corretta :wink:) vu.
Buono a sapersi! E come mai esiste questa variante? Per una sorta d'analogia con le altre lettere terminanti in /i/?

Inviato: lun, 23 mag 2016 23:30
di Carnby
domna charola ha scritto:Viene pronunciato dagli italiani cheghebé perchè caghebé suona poco fine...
Ci avevo pensato, ma la cacofonia (ops...) di una parola non giustifica l'errore.
Ivan92 ha scritto: Per una sorta d'analogia con le altre lettere terminanti in /i/?
Ovviamente sì; da notare inoltre che se il sistema dei nomi delle lettere fosse «coerente», la lettera in questione dovrebbe chiamarsi evve.

Inviato: lun, 23 mag 2016 23:42
di marcocurreli
Carnby ha scritto:No, si tratta una forma diffusa al Sud e al Nord già prima dell'invasione anglomane, contro la «centrale» (e corretta :wink:) vu.
Anche in Sardegna è vu. E credo che sia vu anche in tutte le scuole elementari d'Italia, dal nord al sud passando per il centro e con una puntatina nelle isole, maggiori e minori.

Inviato: mar, 24 mag 2016 0:02
di Ivan92
marcocurreli ha scritto:Anche in Sardegna è vu. E credo che sia vu anche in tutte le scuole elementari d'Italia, dal nord al sud passando per il centro e con una puntatina nelle isole, maggiori e minori.
Ho ragione di credere in quel che dice Carnby, giacché ho sentito con le mie orecchie la pronuncia /vi/ in bocca a un veneto e a un molisano. Non sono cosí sicuro che tutte le scuole elementari italiane insegnino a dire /vu/.

Inviato: mar, 24 mag 2016 1:45
di sempervirens
Interessante. E la lettera h, la acca, è rimasta indenne?

A proposito, mi sento rinfrancato dopo aver letto questo articolo in merito alla cara lettera i lunga su Treccani.

J Segno alfabetico (i lungo, raro iod, ant. iota) che non costituisce una lettera a sé dell’alfabeto latino, ma è una variante grafica della i, introdotta nella scrittura latina medievale come forma allungata in basso di i, I. :)

Inviato: mar, 24 mag 2016 17:09
di Carnby
Ivan92 ha scritto: Non sono cosí sicuro che tutte le scuole elementari italiane insegnino a dire /vu/.
Non so per la Sardegna, ma in Sicilia sono quasi sicuro che prevalga vi su vu. In ogni caso vi è riportato anche sullo Zingarelli settima edizione del 1945.
sempervirens ha scritto:Interessante. E la lettera h, la acca, è rimasta indenne?
Mi pare di aver sentito una volta eic, ma dev'essere stato un occasionalismo.
sempervirens ha scritto:A proposito, mi sento rinfrancato dopo aver letto questo articolo in merito alla cara lettera i lunga su Treccani.

J Segno alfabetico (i lungo, raro iod, ant. iota) che non costituisce una lettera a sé dell’alfabeto latino, ma è una variante grafica della i, introdotta nella scrittura latina medievale come forma allungata in basso di i, I.
Però non è del tutto vero quello che cita. Andrebbe specificato «per quanto riguarda la lingua italiana» perché in altre lingue la j è una lettera vera e propria con un suo valore specifico, non sostituibile da altri (in francese, raramente, può essere sostituita da ge[a], ge[o], mentre credo non abbia possibilità d'alternativa se /ʒ/ precede u, ou o altro). In quanto alla «variante grafica», storicamente è vero, ma questo può esser detto tale e quale della U eppure non credo che al lemma in questione ci sia scritto «U Segno alfabetico che non costituisce una lettera a sé dell’alfabeto latino, ma è una variante grafica della V, introdotta nella scrittura latina onciale come forma arrotondata di V.».

Inviato: mar, 24 mag 2016 20:31
di Sixie
Che io sappia, la pronuncia di V è ve in Veneto, non vi e se diciamo Biemmevu, su modello dell'italiano, sbagliamo due volte ché la pronuncia vèneta, in questo caso, sarebbe coerente con quella tedesca : Be-em-ve. :D
A - be - ce - de ... ( ve ). Giusto, no? Secondo l' a-be-ce-dario, sì.

Inviato: mar, 24 mag 2016 21:41
di Ferdinand Bardamu
Sixie ha scritto:Che io sappia, la pronuncia di V è ve in Veneto, non vi
Uhm, non mi risulta, a dire la verità. Forse si tratta di una pronuncia caduta in disuso o limitata alla sua parlata, ma qui ho sempre sentito vi, e basta. Allo stesso modo, dico bi, ci e di, non be, ce e de. Be, ce, de, ecc. sono effettivamente le antiche pronunce delle corrispettive lettere, anche in italiano. Può essere che la scolarizzazione di massa abbia obliterato nella mente dei parlanti la denominazione locale? In fondo l’alfabeto si imparava anche allora in italiano, non in dialetto…

Inviato: mer, 25 mag 2016 18:45
di Millermann
In Calabria m'è capitato di sentire sia /vi/ sia /vu/. La prima, di solito, recitando l'alfabeto, la seconda se citata in modo isolato.
Però ho l'impressione che molti, oggi, pronuncino /vu/ la doppia vu e /vi/ la vu: lo si fa praticamente sempre, nelle sigle «www» e «WWF»!
Sixie ha scritto:Che io sappia, la pronuncia di V è ve in Veneto, non vi
Ehm... intende la V di Venezia o di Vicenza? :mrgreen:

A parte gli scherzi, in latino i nomi delle lettere sono be, ce, de, da cui il termine abecedarius. :)
Carnby ha scritto:[S]e il sistema dei nomi delle lettere fosse «coerente», la lettera in questione dovrebbe chiamarsi evve.
Perché è una fricativa, immagino. Giusto? Però in latino il nome della lettera V (vau) è differente da quello delle altre fricative, essendo questa usata anche per indicare il suono vocalico /u/.

Vorrei aggiungere che, nell'uso colloquiale (esterno all'alfabeto), specie da parte di bambini/ragazzi, ho sentito pronunciare anche le fricative e le nasali in forma "non palindroma", quindi /fi/, /mi/, /ni/, /ri/, /si/. :roll:

Inviato: mer, 25 mag 2016 19:51
di Sixie
Ho controllato in Il Polesano Dizionario dei modi di dire del Polesine di Rovigo di A.Romagnolo-G.Romagnolo, Gieffe Edizioni, Rovigo, 2005, dove leggo che V "suona come in lingua italiana; nel dialetto è di genere maschile; il suo nome è ; el Vé, i Vé, on Vé."
Il dialetto è quello che parlo io, medio polesano.
In un altro vocabolario ( G.Sparapan, Dizionario della parlata veneta tra Adige e Canalbianco, Aqua Edizioni, Rovigo, 2005 ), la lettera V viene data come maschile e femminile; "può essere seguita solo dalla consonante r, come in vresparo; quand'è intervocalica, talora si elide : lavoro-laoro; savére-saére; gavéa-ghéa; a volte, avviene la commutazione di v in b e viceversa: vrespa e brespa."
Sì, io, come altri, parlo ancora una lingua antiq. e reg.. :D