G. M. ha scritto: mer, 14 set 2022 18:58
Mi chiedo se, come abbiamo avuto
lavaggio del cervello (e analogamente nelle lingue sorelle: spagnolo
lavado de cerebro, francese
lavage de cerveau, portoghese
lavagem cerebral) calcando l'inglese
brain washing (a sua volta calco del cinese
trad.洗腦 /
sempl.洗脑
xǐnǎo), tutti questi
-washing non possano essere resi con locuzioni della forma "
lavaggio/
lavare + qualcosa", secondo uno schema ripetibile (invento:
lavare in bianco,
lavaggio in nero, ecc.).
Non mi pare una soluzione acconcia in quanto,
come ho già avuto modo di accennare nella discussione per "greenwashing", qui il lavaggio non c'entra. Dice il Merriam-Webster, alla voce "
wash":
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- to cover or daub lightly with or as if with an application of a thin liquid (such as whitewash or varnish)
- to depict or paint by a broad sweep of thin color with a brush
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G. M. ha scritto: mer, 14 set 2022 18:58
Noto inoltre uno slittamento semantico: dove il
whitewashing veniva indicato nei filmi più vecchi, mi pare che esso consistesse in molti casi nell'avere attori bianchi che si truccavano per impersonare fenotipi (
?) differenti, ovvero era bianco l'attore ma non il personaggio; nel caso del
blackwashing odierno, invece, non c'è alcun trucco o travestimento, e si fa diventare nero direttamente il fenotipo del personaggio nel mondo fittizio raccontato dall'opera.
Non è uno slittamento, è proprio tutta un'altra cosa.
È chiaro che "whitewashing" è una di quelle parole mal definite e peggio ancora interpretate, che si prestano ad essere usate solamente in un linguaggio che comunica sul piano emotivo, la celeberrima "pancia", e mai su quello intellettivo. Non vorrei passare per borioso, ma ritorno ancora su quanto avevo già scritto nel
filone di "kinkshaming".
Ora mi pare che il punto sia che il cosiddetto "whitewashing", cioè l'impiego di attori europoidi per interpretare personaggi non europei, si verifichi per due ragioni principali: la prima è la mancanza di attori della razza adatta, cosa vera soprattutto in passato ed in alcuni casi inevitabile, la seconda sono le ragioni di "botteghino", ovvero la tendenza ad impiegare attori che abbiano molto richiamo sul pubblico. Io personalmente non vedo niente di fondamentalmente sbagliato in nessuna delle due ragioni, d'altra parte il mestiere dell'attore consiste proprio nell'interpretare qualcun altro. Anzi, l'attore è necessariamente qualcun altro rispetto al personaggio. A parer mio, insomma, l'accusa di "whitewashing" basa molta della sua carica di indignazione su una visione distorta di ciò che è la recitazione, ricollegandola con un altro concetto, per me quasi completamente aberrante, che è l'"appropriazione culturale".
Quello che ella chiama "blackwashing", termine che mi pare tutt'altro che accettato, è un tentativo politicizzato di riequilibrare i presunti danni di questa supposta "appropriazione culturale" riducendo lo spazio agli attori europoidi a favore di quelli di razze "svantaggiate". È sostanzialmente l'applicazione dell'
affirmative action, cioè dell'uso di quote rosa, nere, arcobaleno, al cinema. Il suo occhio è stato colto dal nero, ma se aguzza la vista vedrà che il mondo dell'intrattenimento americano,
in primis, anglosassone,
in secundis, e poi l'europeo occidentale tutto applica con regola rigorosa un sistema di quote rosa, nere, arcobaleno e via discorrendo.
Va detto che, dove finisca la propaganda politica ed inizi la propaganda commerciale, nessuno è in grado di dirlo. L'inclusività è (anche) una moda e come tale l'industria dell'intrattenimento evidentemente la tratta. Sotto questo aspetto quindi si può fare un parallelo tra il "suo" "blackwashing" ed il "whitewashing" motivato dalla seconda ragione che ho presentato: entrambi hanno motivazioni commerciali. Come ella ha notato, però, si manifestano in maniera differente. Ciò deriva dalle differenti ragioni per cui i due fenomeni promettono il successo commerciale: nel caso del "whitewashing" il successo commerciale è assicurato dalle capacità interpretative o dall'avvenenza dell'attore e comunque dalla sua popolarità, che vengono trasferite al personaggio, nel secondo caso dall'appartenenza a questa o quell'altra categoria, caratteristica che non può essere trasferita al personaggio senza cambiarlo. Perciò nel primo caso si trucca l'attore per immergerlo nel ruolo; nel secondo caso ci si bada bene dal farlo, ché ciò andrebbe a sminuire la carica identitaria che è la ragione prima per cui quell'attore è stato scritturato.
Mi scuso per la lunghezza delle argomentazioni da me presentate, ma, per farvi tirare un sospiro di sollievo, vi assicuro che avrei potuto scrivere dieci volte tanto...
P.S. fenotipo e razza non sono per niente intercambiabili, a meno di non voler semplificare oltre il lecito e l'opportuno la questione.