Influssi dotti nei dialetti
Inviato: lun, 12 nov 2018 19:19
Nel mio dialetto ci sono molte parole che mostrano un influsso dotto (toscano o latino), evidente nella pronuncia o nella natura stessa delle parole. Qualche esempio:
Ci sono latinismi o voci dotte anche nel vostro dialetto?
* A tale riguardo, mi è stato detto, da persone evidentemente digiune di qualunque nozione di grammatica storica e, piú in generale di linguistica, che il mio dialetto in questo rispetto sarebbe imbastardito da un prestito italiano («è un’italianata», le esatte parole). Ma una simile obiezione, tralasciando la sua palese non scientificità e il suo occulto carattere ideologico, disconosce un fatto fondamentale: la sequenza dei giorni della settimana genera al suo interno speciali solidarietà linguistiche, come la tendenza all’isosillabicità, il ricorso all’omeoteleuto, ecc. I nomi originari di questi due giorni sarebbero stati zòbia e vènare (o varianti simili): è di tutta evidenza che il mantenimento di queste due forme avrebbe interrotto la continuità nella terminazione in -i della sequenza, almeno per i nomi dei primi cinque giorni: luni, marti, mèrcodi, giòvedi ~ zòbia, vènardi ~ vènare, sabo, duminica.
- òbito, «funerale», voce semidotta;
- pàndare, «palesare, rivelare», voce semidotta;
- dumínica, «domenica», che mostra un esito di /k/ intervocalico non etimologico (in altre aree si ha infatti doménega) e chiaramente influenzato dal latino ecclesiastico;
- cróxe, «croce», con -e finale di CRŬCE(M) conservata, senza il metaplasmo che si nota, per esempio, in bòta «botte» ‹ BŬTTE(M);
- giòvedi e vènardi, «giovedí e venerdí»*, chiaramente influenzati dai giorni della settimana in italiano.
Ci sono latinismi o voci dotte anche nel vostro dialetto?
* A tale riguardo, mi è stato detto, da persone evidentemente digiune di qualunque nozione di grammatica storica e, piú in generale di linguistica, che il mio dialetto in questo rispetto sarebbe imbastardito da un prestito italiano («è un’italianata», le esatte parole). Ma una simile obiezione, tralasciando la sua palese non scientificità e il suo occulto carattere ideologico, disconosce un fatto fondamentale: la sequenza dei giorni della settimana genera al suo interno speciali solidarietà linguistiche, come la tendenza all’isosillabicità, il ricorso all’omeoteleuto, ecc. I nomi originari di questi due giorni sarebbero stati zòbia e vènare (o varianti simili): è di tutta evidenza che il mantenimento di queste due forme avrebbe interrotto la continuità nella terminazione in -i della sequenza, almeno per i nomi dei primi cinque giorni: luni, marti, mèrcodi, giòvedi ~ zòbia, vènardi ~ vènare, sabo, duminica.