ACQUISIZIONE NATURALE
Inviato: gio, 14 dic 2006 12:23
Forse per vedere perché a un adulto non riesce ‘naturale’ pronunciare adeguatamente una parola straniera può essere utile anche questo brano d’un intervista che mi concesse due anni fa il fonologo Iggy Roca, professore emerito di linguistica all’università dell’Essex. Roca è uno scienziato di scuola chomskiana, quella che ha demolito l’ipotesi comportamentistica di Burrhus Frederic Skinner.
‘…[Il bambino] non … impara [la lingua] dall’ambiente. Da chi, allora? Charles Dickens disse che la lingua non è abbastanza potente da descrivere il fenomeno dell’infanzia ... [Giro la domanda a Iggy Roca e gli chiedo] semplicemente se è vero che non apprendiamo la lingua dai genitori.
‘«Certo che è vero. Consideriamo le due spiegazioni possibili. La lingua come fenomeno biologico in contrapposizione alla lingua come fenomeno culturale. Il profano tende a credere che il bambino impari la lingua dai genitori, o in altre parole, che i genitori insegnino la lingua al bambino…»
‘Per il profano l’apprendimento della lingua sarebbe dunque un fenomeno culturale…
‘«Sì, ma il punto è proprio questo, che i genitori non insegnano la lingua al bambino. I genitori, anche se volessero, non saprebbero tra l’altro come insegnargliela. Il bambino non apprende la lingua, la acquisisce. Per un motivo evidente: la povertà di stimoli. I genitori e tutte le persone a contatto con il bambino gli parlano, ma da quel poco che dicono, da un arco di parole, sintagmi, locuzioni, frasi, proposizioni limitate e frammentarie, il bambino riesce a costruire sintagmi, locuzioni, frasi, proposizioni nuove, a creare un discorso che è non la ripetizione fedele di ciò che ha sentito dire. Il bambino manifesta una sua capacità linguistica creativa, la capacità di sviluppare in breve tempo un eloquio sintatticamente valido e insieme originale. Questo ha permesso di formulare l’ipotesi che l’essere umano nasca preprogrammato, ossia con l’idea della grammatica intesa come programma che definisce il linguaggio. In conclusione, che cominci a parlare così come comincia a camminare.»
‘Qualcosa sarà preso però dall’ambiente, se non altro la lingua del posto.
‘«La grammatica di cui parliamo noi linguisti – il programma di definizione del linguaggio – non è la grammatica di stile che si studia a scuola: è una grammatica universale. Ridotte all’osso, tutte le lingue hanno somiglianze strutturali, regole riconducibili a criteri simili. L’essere umano viene al mondo con l’idea di questa struttura. È come se nascesse con un mould, uno “stampo”, che va però riempito. Il bambino è quindi programmato, predisposto, ma la lingua concreta la deve prendere, e la prende dall’ambiente. Prende la lingua del posto – quale che essa sia, cinese, italiana, inglese – e grazie al programma, all’idea connaturata della grammatica, parla elaborandola con soluzioni adeguate ma individuali.»
‘Che differenza c’è tra questa capacità e la capacità di imparare una lingua straniera?
‘«La lingua straniera si impara, la lingua nativa si acquisisce. E si acquisisce – come del resto altre cose per le quali siamo predisposti – entro un margine di tempo ristretto. Per questo il bilinguismo assoluto è pressoché irraggiungibile, salvo – beninteso – che il bambino non acquisisca durante l’età critica non una ma due lingue.»
‘Quando termina l’età critica?
‘«La capacità di acquisizione naturale comincia la sua fase discendente verso i sette anni. Una prova ce la fornisce l’esperienza dei ragazzi ferini. Victor, il ragazzo selvaggio che venne trovato ai primi dell’Ottocento nella foresta di Aveyron, non riuscì a spiccicare che poche parole, nonostante gli sforzi del medico e pedagogo francese Itard. Genie, una ragazza americana che il padre aveva tenuto fin dalla nascita segregata in una stanza fino all’adolescenza, non ha mai acquistato la padronanza della sintassi, nonostante le cure che le ha dedicato una linguista di valore.»
‘E l’ipotesi della lingua come fenomeno biologico si può considerare confermata?
‘«La confermano altre evidenze oltre a quella cui ho accennato. Prendiamo il linguaggio dei segni usato dai sordomuti. È stato rilevato come bambini sordomuti ai quali nessuno aveva insegnato un meccanismo convalidato di segni ne abbiano spontaneamente elaborato uno da soli e come questa elaborazione avesse tutte le caratteristiche strutturali d’una lingua vera e propria. Oppure prendiamo le lingue creole. Sono lingue che nascono in età infantile, lingue che nascono in comunità eterogenee dove i genitori parlano in pidgin, vale a dire in una lingua semplificata dall’incontro di due lingue. In questi casi i bambini, con la loro creatività, sviluppano un linguaggio con tutti i crismi strutturali di una lingua completa ed efficace.»’
‘…[Il bambino] non … impara [la lingua] dall’ambiente. Da chi, allora? Charles Dickens disse che la lingua non è abbastanza potente da descrivere il fenomeno dell’infanzia ... [Giro la domanda a Iggy Roca e gli chiedo] semplicemente se è vero che non apprendiamo la lingua dai genitori.
‘«Certo che è vero. Consideriamo le due spiegazioni possibili. La lingua come fenomeno biologico in contrapposizione alla lingua come fenomeno culturale. Il profano tende a credere che il bambino impari la lingua dai genitori, o in altre parole, che i genitori insegnino la lingua al bambino…»
‘Per il profano l’apprendimento della lingua sarebbe dunque un fenomeno culturale…
‘«Sì, ma il punto è proprio questo, che i genitori non insegnano la lingua al bambino. I genitori, anche se volessero, non saprebbero tra l’altro come insegnargliela. Il bambino non apprende la lingua, la acquisisce. Per un motivo evidente: la povertà di stimoli. I genitori e tutte le persone a contatto con il bambino gli parlano, ma da quel poco che dicono, da un arco di parole, sintagmi, locuzioni, frasi, proposizioni limitate e frammentarie, il bambino riesce a costruire sintagmi, locuzioni, frasi, proposizioni nuove, a creare un discorso che è non la ripetizione fedele di ciò che ha sentito dire. Il bambino manifesta una sua capacità linguistica creativa, la capacità di sviluppare in breve tempo un eloquio sintatticamente valido e insieme originale. Questo ha permesso di formulare l’ipotesi che l’essere umano nasca preprogrammato, ossia con l’idea della grammatica intesa come programma che definisce il linguaggio. In conclusione, che cominci a parlare così come comincia a camminare.»
‘Qualcosa sarà preso però dall’ambiente, se non altro la lingua del posto.
‘«La grammatica di cui parliamo noi linguisti – il programma di definizione del linguaggio – non è la grammatica di stile che si studia a scuola: è una grammatica universale. Ridotte all’osso, tutte le lingue hanno somiglianze strutturali, regole riconducibili a criteri simili. L’essere umano viene al mondo con l’idea di questa struttura. È come se nascesse con un mould, uno “stampo”, che va però riempito. Il bambino è quindi programmato, predisposto, ma la lingua concreta la deve prendere, e la prende dall’ambiente. Prende la lingua del posto – quale che essa sia, cinese, italiana, inglese – e grazie al programma, all’idea connaturata della grammatica, parla elaborandola con soluzioni adeguate ma individuali.»
‘Che differenza c’è tra questa capacità e la capacità di imparare una lingua straniera?
‘«La lingua straniera si impara, la lingua nativa si acquisisce. E si acquisisce – come del resto altre cose per le quali siamo predisposti – entro un margine di tempo ristretto. Per questo il bilinguismo assoluto è pressoché irraggiungibile, salvo – beninteso – che il bambino non acquisisca durante l’età critica non una ma due lingue.»
‘Quando termina l’età critica?
‘«La capacità di acquisizione naturale comincia la sua fase discendente verso i sette anni. Una prova ce la fornisce l’esperienza dei ragazzi ferini. Victor, il ragazzo selvaggio che venne trovato ai primi dell’Ottocento nella foresta di Aveyron, non riuscì a spiccicare che poche parole, nonostante gli sforzi del medico e pedagogo francese Itard. Genie, una ragazza americana che il padre aveva tenuto fin dalla nascita segregata in una stanza fino all’adolescenza, non ha mai acquistato la padronanza della sintassi, nonostante le cure che le ha dedicato una linguista di valore.»
‘E l’ipotesi della lingua come fenomeno biologico si può considerare confermata?
‘«La confermano altre evidenze oltre a quella cui ho accennato. Prendiamo il linguaggio dei segni usato dai sordomuti. È stato rilevato come bambini sordomuti ai quali nessuno aveva insegnato un meccanismo convalidato di segni ne abbiano spontaneamente elaborato uno da soli e come questa elaborazione avesse tutte le caratteristiche strutturali d’una lingua vera e propria. Oppure prendiamo le lingue creole. Sono lingue che nascono in età infantile, lingue che nascono in comunità eterogenee dove i genitori parlano in pidgin, vale a dire in una lingua semplificata dall’incontro di due lingue. In questi casi i bambini, con la loro creatività, sviluppano un linguaggio con tutti i crismi strutturali di una lingua completa ed efficace.»’