«Mao Zedong», «Mao Tse-tung», «Máo Zédōng», «Mao Tsê-tung»
Inviato: gio, 05 gen 2023 4:39
Spazio di discussione sulla lingua italiana / Discussion board on the Italian language
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Con questo presupposto lei come si comporterebbe con endonimi che nel tempo hanno avuto vari esonimi, come «Bruxelles»? Risalirebbe al medievale «Borsella» o opterebbe per le rese successive e più vicine a noi?Infarinato ha scritto: dom, 05 feb 2023 18:29Premetto che, personalmente, trovo opportuno tradurre endonimi laddove esista una traducente consolidato o si riesca comunque a ripescare un esonimo italiano ormai caduto in disuso, ma che abbia avuto in passato attestazioni di rilievo.
Grazie.G. M. ha scritto: dom, 05 feb 2023 23:10 Perché non […] pubblica qualche libro di linguistica? Io li comprerei tutti!
Ovviamente, ognuno è libero di fare ciò che vuole. Il punto è che mentre l’adattamento dei nomi comuni (e degli aggettivi) era un processo naturale e spontaneo fino a pochi decenni fa (ancor vivo nei dialetti —e occasionalmente nella stessa lingua nazionale quando l’esotismo sia di origine latina), l’adattamento dei verbi (magari maldestro) è ancora naturale (e obbligatorio) e l’adattamento dei toponimi stranieri, oggi non piú comune, era largamente diffuso (laddove, ovviamente, non esistesse già un esonimo consolidato, spesso da secoli), l’adattamento dei nomi di persona è sempre stato un fenomeno sporadico e artificiale, che in tutto l’Occidente [cristiano] è passato attraverso la mediazione del latino medievale.G. M. ha scritto: dom, 05 feb 2023 23:10 Sono d’accordo con gran parte di quello che dice, ma non sono sicuro di essere totalmente d’accordo coll’elemento centrale del suo discorso, cioè —mi consenta la sintesi— che un antroponimo moderno, se vogliamo adattarlo, debba necessariamente passare attraverso un’adeguata latinizzazione.
Non solo lunga, ma soprattutto —quando si tratti di sistemi di «romanizzazione» ufficiali della lingua ufficiale di Paesi terzi (magari di qualche miliardo di abitanti)— non «nelle nostre mani».G. M. ha scritto: dom, 05 feb 2023 23:10 Un altro tema che m’interessa, oltre quello dell’adattamento totale, e che potrebbe essere più immediatamente utile all’uso pratico e generale della lingua oggi, è ragionare di come si potrebbero scrivere questi nomi propri di lingue che usano altri alfabeti. […] Ma anche questo è un tema ampio che richiede una discussione adeguatamente lunga.
Bisogna sempre prendere con le molle le trascrizioni strette del Canepari, ché talora possono forviare. La risposta breve alla sua domanda è perché fin dall’inizio la ō/u di dōng/tung è stata perlopiú percepita dagli orecchi occidentali come una [ʊ/u] e quindi trascritta u. La realtà fonetica odierna per la rima sillabica ong/ung è che, come dice bene la Guichipedía inglese, essa «varies between [oŋ] and [uŋ] depending on the speaker» ([o] è forse la pronuncia piú moderna, [u] quella piú tradizionale). La risposta lunga, che passa dal cinese medio, dal fatto che il latino ecclesiastico ha un solo /o/ [ɔ(ː)] e da diverse altre considerazioni, ci porterebbe invece molto lontano (e sicuramente fuori fòro).
RIngraziando per la citazione che mi onora, raccolgo la provocazione, e rilancio: attenzione, che apro una serie di filoni sui traducenti di tutti i nomi "esotici" di utenti del foro...Infarinato ha scritto: dom, 05 feb 2023 18:29 Riallacciandomi all’ottimo intervento di @domna charola (o, vista la sezione, dovrei forse dire «della signora Carla») di qualche tempo fa, approfitto di questo filone per fare anch’io alcune considerazioni di carattere generale.