«Non c’è più di pomodori»
Inviato: mer, 23 mag 2007 10:40
Il Gabrielli illustra in maniera esemplare la validità di questa costruzione in uno dei suoi libretti: Il museo degli errori.
Un costrutto che dà tono
Mi ha scritto molto sorpreso uno studente romano per dirmi che in certo mio articolo ho detto testualmente: «Di aggettivi buoni per sostituire questo francesismo ce n'è parecchi». Non solo, ma in un annuncio pubblicitario ha letto questa frase: «Di cioccolatini ce n'è quattro in ogni astuccio». E aggiunge: «A me hanno insegnato che si deve sempre accordare singolare con singolare, plurale con plurale, e che bisogna dire perciò: "Di aggettivi ce ne sono parecchi", "Di cioccolatini ce ne sono quattro"». E conclude: «Mi hanno insegnato male? Ho imparato male?».
Niente affatto, rispondo: gli hanno insegnato bene, e ha imparato benissimo: solo che non ha imparato tutto; ma a imparare dell'altro c'è sempre tempo. La grammatica a proposito di concordanze dice infatti che a soggetto plurale deve accordarsi una forma verbale plurale: per esempio, «Toccano sempre a me questi rimproveri», «Mi sembrano mille anni», «Ci saranno state dieci persone», «Mancavano solo dieci minuti». Però la grammatica non si ferma qui, perché aggiunge: i verbi impersonali e anche quelli usati impersonalmente si mettono a volte al singolare anche con un soggetto plurale. Perciò le frasi ora dette possono svolgersi in forma impersonale così: «Tocca sempre a me questi rimproveri», «Mi sembra mille anni», «Ci sarà stato (non state, attenzione!) dieci persone», «Mancava solo cinque minuti». Perché è permesso far questo? Perché in queste proposizioni il nome plurale, che nella costruzione personale fa da soggetto e richiede il verbo al plurale, quando si passa alla costruzione impersonale col verbo al singolare viene considerato complemento oggetto, e di conseguenza non è più necessaria la concordanza né in numero né in persona. Spieghiamoci con qualche esempio. «Tocca a me questi rimproveri: tocca a me che cosa? questi rimproveri»; «Mi sembra, che cosa? mill'anni»; «Ci sarà stato, chi? dieci persone». C'è di più: è anche frequente l'anteposizione del sostantivo plurale al verbo singolare: «Ladri ce n'è dappertutto», «Rimproveri me ne tocca tanti»; e perciò anche «Di aggettivi ce n'è parecchi», «Di cioccolatini ce n'è quattro». Si tratta, si capisce, di un di quei costrutti particolari che dànno colore, tono a una lingua (non c'è lingua che non ne abbia), e che fanno parte del gusto, dello stile di chi parla e di chi scrive. Chiamiamola una fiorettatura, un abellimento, come dicono i musicisti. Fuor di Toscana, e soprattutto al Nord, può certo stridere all'orecchio un accostamento ch'è in effetto una sconcordanza; ma anche la costruzione a senso è una sconcordanza, anche l'accordo di un collettivo singolare col verbo plurale è una sconcordanza, e quale sconcordanza maggiore di un anacoluto! Vogliamo, come il solito, piluccare qualche esempio firmato? Famoso è quello di Dante: «L'un delli quali, ancor non è molt'anni» (Inf. XIX, 19). Questo è del Leopardi: «V'ha alcune poche persone al mondo, condannate a riuscir male in ogni cosa». Nel Manzoni se ne raccolgono a manciate: «S'aggiunga quattro disgraziati»; «Ammalati non ce n'è, ch'io sappia»; «Soldati non ne verrà certamente». Altrettanti, si capisce, possiamo trovarne nel toscanissimo Fucini: «Mi sembrava mill'anni»; «C'è punti morti?»; e così pure nel non meno toscano Papini: «C'è ancora de' cristiani che han sentito raccontare...». Nessuno del resto si stupisce più, neppure al Nord, davanti a frasi come «Vent'anni fa», «Due mesi fa», le quali rovesciate suonano «Fa vent'anni», «Fa due mesi». È la stessa identica costruzione con un verbo impersonale singolare e con un soggetto plurale trasformato in complemento oggetto: «Fa che cosa? vent'anni».