Piastra eutettica

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bubu7
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Piastra eutettica

Intervento di bubu7 »

Vorrei sapere se qualcuno di voi sa dell'esistenza di un termine italiano per indicare quegli oggetti, solitamente a forma di mattonella rettangolare e di colore blu, utilizzati per mantenere bassa la temperatura delle vivande contenute nelle borse termiche.
Si tratta di contenitori chiusi ermeticamente che vengono posti, prima dell'uso, nel congelatore del frigorifero in modo che si congeli il liquido in essi contenuto.
Qualcuno conosce anche la composizione di questo liquido?

Non ho trovato nomi comuni "ufficiali" nei dizionari.
Li ho sentiti chiamare siberini, ghiacciolini, ghiaccioletti...
Il nome tecnico dovrebbe essere piastra eutettica, ma sfido chiunque a chiamarli in questo modo al di fuori dell'ambiente tecnico... :)
La lingua è un guado attraverso il fiume del tempo. Essa ci conduce alla dimora dei nostri antenati.
V. M. Illič-Svitič
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Per il nome, non so. Spontaneamente mi verrebbe da dire un salvafreschezza, ma ignoro se sia nell’uso un termine adoperato in maniera diatopicamente uniforme.

Quanto alla sostanza, ho trovato alcune indicazioni qui.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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bubu7
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Intervento di bubu7 »

Grazie mille, Marco.
Traggo, dal sito di cui mi ha fornito il collegamento, la seguente citazione sulla composizione del liquido refrigerante:
I soluti più usati per ottenere basse temperature di fusione/solidificazione sono il nitrato di sodio e il cloruro di sodio.
Con essi si possono raggiungere temperature di congelamento anche di -35 °C.
Che lei sappia, in Toscana, esiste un geosinonimo specifico per indicare quest'oggetto?
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Non lo so proprio... :( Forse c’illumineranno Infarinato, methao_donor e Fabio48. :)
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di Marco1971 »

Dopo qualche ricerca ho trovato la denominazione francese: bloc réfrigérant, che si potrebbe adottare anche in italiano (blocco refrigerante), ma siamo ancora in termini tecnici e sarebbe piú carino avere una parola sola. Secondo me salvafreschezza, già nell’uso in locuzioni come confezione/coperchio salvafreschezza, potrebbe andar bene. Mi viene in mente anche algorifero, che mi piace molto (da algore e -fero, «che porta il freddo»), ma è forse un po’ troppo aulico... (Comunque sia so già che finiremo col dire ice pack, cool pack o freeze pack.)

Oltre ai termini riportati da bubu7 (siberini, ghiacciolini, ghiaccioletti) ce ne sono altri che avete sentito usare?
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

Ghiaccini! Google ne dà 365 occorrenze (al plurale). Se si diffonderà sempre di piú, sarà un bell’esempio di come si possa formare anche oggi una parola nonostante esista già come termine obsoleto con tutt’altro significato. Dal GRADIT:
ghiaccino s.m. OB strumento in ferro applicato agli zoccoli dei cavalli e dei buoi per non farli scivolare sul terreno gelato / ferretto applicato alle scarpe per non scivolare su terreni coperti di neve.
Ringrazio Barbara, che mi ha segnalato il collegamento qui sopra. :)

P.S. Ma Wikipedia dà siberini. :) Abbiamo l’imbarazzo della scelta!
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di bubu7 »

Grazie ancora, Marco, per la sua disponibilità.
Non penso proprio che prenderanno piede traducenti inglesi. A quanto ho potuto verificare sono già diffuse varie denominazioni regionali. Il fatto strano è che sembra non esistere un termine "ufficiale", non tecnico, nonostante l'oggetto sia diffuso già da molto tempo.
A proposito della frequenza dei sinonimi, siberini (al plurale) conta, su Google, 1040 occorrenze.
Per quanto riguarda la trattazione che ne fa Wikipedìa, il paragrafo Funzionamento è un ottimo esempio di come il contenuto di alcune voci di questa enciclopedia vada preso con le molle: le imprecisioni e le approssimazioni emergono chiaramente.
Marco1971 ha scritto:Oltre ai termini riportati da bubu7 (siberini, ghiacciolini, ghiaccioletti) ce ne sono altri che avete sentito usare?
Sì. Guardi questa discussione. :)
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V. M. Illič-Svitič
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Re: Piastra eutettica

Intervento di Infarinato »

Per la cronaca, in casa mia s’è sempre detto (mi pare) mattonella [refrigerante] o sacchetto [refrigerante], a seconda dei casi, o anche, piú semplicemente, ghiaccio [per la borsa frigorifera]…

Su una di queste mattonelle ho anche visto, per l’italiano, la traduzione accumulatore di freddo (di cui Google registra diverse occorrenze).
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

E' comunque molto interessante il fatto che, nonostante questi oggetti siano di uso comune da almeno 30 anni, non abbiano ancora un nome uniforme in italiano, e questo nonostante non si sia affermato alcun termine straniero. Esiste un oggetto, usato, comune, e ancora non ha un nome, dopo 30 anni. Quindi esiste una "non reattivita'" dell'italiano, una sua resistenza a coniare neologismi o a risemantizzare parole esistenti, che non sono un prodotto dell'invasione dei forestierismi, ma sono caratteristiche intrinseche dell'italiano e dei suoi parlanti, caratteristiche di tipo linguistico e sociale, quindi. Queste caratteristiche sono semmai proprio tra le cause dell'invasione degli anglismi, perche' esse creano un vuoto che l'anglismo poi riempie. In altre lingue ci sono meno "vuoti" e quindi meno occasioni per la perfida albione di infiltrarsi.
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Intervento di Infarinato »

giulia tonelli ha scritto:Quindi esiste una "non reattivita'" dell'italiano, una sua resistenza a coniare neologismi o a risemantizzare parole esistenti…
Forse… o forse, di reattività, ce n’è anche troppa: basta pensare al numero di soluzioni proposte, e anche all’originalità di alcune di esse (siberini, ad esempio).

Quello che sembra mancare, semmai, è un’autorità competente (e davvero «autorevole») che imponga ufficialmente [alle case produttrici/distributori] di usare una specifica parola/locuzione, e una soltanto, per indicare quest’oggetto… Poi, certo, bisognerebbe vedere se gl’italiani l’accoglierebbero.

È chiaro che, se si optasse per piastra eutettica [e non si fornisse un’alternativa meno tecnica], sarebbe —mi sembra— alquanto difficile che il termine ufficiale potesse davvero attecchire, ma, in ogni caso, il proliferare di numerose soluzioni ufficiose/geosinonimi accanto a quella ufficiale (che, sí, nel caso di tecnicismi, dovrebbe essere unica) non mi par di per sé un male…
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giulia tonelli
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Intervento di giulia tonelli »

Ma lei veramente pensa che in Francia o in Spagna sia l'esistenza di un'autorita', che "impone" una parola? A me riesce veramente difficile da credere... anche perche' senno' dovrei credere che le lingue di popoli meno organizzati (e che quindi chiaramente non hanno autorita' competenti sulla lingua) sono per forza poco reattive e fanno fatica a inventare parole nuove, e questo mi e' MOLTO difficile da credere. Questa e' una parola che vive in cucina, nelle case, non sui libri, i giornali o alla tv, dove l'autorita' competente potrebbe avere qualche influenza.
L'esistenza di molte parole a me non pare un segnale positivo, mi pare invece la dimostrazione che "IL NOME" di quella cosa li' non esiste ancora. E mi sembra che una lingua "reattiva" e' una lingua che, appena arriva un oggetto nuovo, trova una parola per indicarlo, non una che dopo 30 anni ha ancora cento parole su cui non ci sono due parlanti che siano d'accordo, e la maggioranza li chiama ancora "quei cosi blu che servono a fare freddo".
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

giulia tonelli ha scritto:Ma lei veramente pensa che in Francia o in Spagna sia l'esistenza di un'autorita', che "impone" una parola?
Arrigo Castellani ha scritto:In Francia la coscienza del problema è maggiore [...]. E in Francia non mancano interventi statali. [...] Si tratta d’interventi [...] che non dipendono dal partito al governo, ossia rispondono a una convinzione, se non generale, almeno largamente diffusa della loro opportunità.

[...] La Real Academia española ha un prestigio enorme nel mondo ispanico: le sue decisioni sono accettate da tutti gli ambienti responsabili della cultura e influiscono sull’uso di centinaia di milioni di persone.
Arriva in Francia il computer, e subito ci si chiede come chiamare quell’oggetto. Si sceglie ordinateur, ordinateur si vede scritto nei negozi, sui giornali, se ne parla per televisione, e il gioco è fatto. Nessuno, nei paesi francofoni, usa un altro termine. Lo stesso per logiciel, souris, fichier, ecc. (qui parlo della lingua comune e ufficiale, non di quello che si può leggere in certi – non tutti i – fòri d’informatica).

Il potere dell’industria è portentoso: si pensi che ha quasi del tutto cancellato dall’uso voci come acquaio e cacio – come almeno si dice[va] in Toscana – per imporre in maniera geograficamente uniforme i termini lavello e formaggio. Basterebbe appunto che ci fosse in Italia una commissione neologica nota, alla quale potessero rivolgersi quei produttori che desiderassero un nome per ogni oggetto nuovo.
giulia tonelli ha scritto:A me riesce veramente difficile da credere... anche perche' senno' dovrei credere che le lingue di popoli meno organizzati (e che quindi chiaramente non hanno autorita' competenti sulla lingua) sono per forza poco reattive e fanno fatica a inventare parole nuove, e questo mi e' MOLTO difficile da credere.
Le lingue di popoli meno organizzati non fanno fatica a inventare parole nuove (e ne abbiamo la prova con tutte le denominazioni di «quei cosi blu»), solo che nascono parole diverse secondo le zone (e in italiano abbiamo centinaia di geosinonimi: ricordo, per farla breve, solo calze/calzini/calzerotti/pedalini). Il «termine unico», «panitaliano», non può imporsi, a mio parere, che dal prevalere d’una denominazione diffusa attraverso l’industria.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Intervento di giulia tonelli »

Marco1971 ha scritto:Le lingue di popoli meno organizzati non fanno fatica a inventare parole nuove (e ne abbiamo la prova con tutte le denominazioni di «quei cosi blu»), solo che nascono parole diverse secondo le zone
Secondo me la gente in realta' non usa tutte quelle parole nella lingua parlata, dice proprio "quei cosi blu", e "quei cosi blu" non e' una parola! Una lingua in cui la gente invece di inventarsi una parola dice "quei cosi blu" e' una lingua poco incline ai neologismi e alle risemantizzazioni, questo e' cio' che io intendo dire. Io personalmente li ho sempre solo sentiti chiamare con delle circonlocuzioni (le piastre per fare freddo, i cosi che stanno nel freezer) e mai con una parola, nuova o risemantizzata.
Poi e' chiaro che se uno deve scrivere, allora qualcosa si inventa, ma anche questo non e' affatto facile, come dimostra bubu con la sua domanda.

Sono invece completamente d'accordo sul fatto che un termine unico e panitaliano si puo' imporre solo con la forza dell'industria, e quindi in effetti l'esistenza di molti nomi "locali" potrebbe essere interpretato come sintomo positivo. Il fatto e' che secondo me questi "nomi locali" non esistono, nel senso che la gente parlando non li usa.
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Marco1971
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Intervento di Marco1971 »

giulia tonelli ha scritto:Il fatto e' che secondo me questi "nomi locali" non esistono, nel senso che la gente parlando non li usa.
ghgh ora che ho rimediato borsafrigo ed un tot di ghiaccini esce fuori anche il montenigga freddissimoooooooooooooooooooo

da REAL svolta ;ppp (Fonte; una delle 365 occorrenze.)

Mani sulla schiena?? Gambe avvinghiate?? No, dico... ma hai notato la temperatura? Ci credo che poi non dormi! L'unica cosa da avvinghiare è una batteria di siberini! (Fonte; una delle 348 [pagine in italiano].)
E potrei fornire centinaia di altri esempi. Ho scelto in particolare questi due perché rappresentano chiaramente una lingua colloquiale spontanea. Non si può quindi affermare che questi termini non vengano usati; si può dire, invece, che non vengono adoperati da tutti i parlanti.
Ma quella lingua si chiama d’una patria, la quale convertisce i vocaboli ch’ella ha accattati da altri nell’uso suo, et è sí potente che i vocaboli accattati non la disordinano, ma ella disordina loro.
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Federico
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Intervento di Federico »

Credo che il nome tecnico piú diffuso sia accumulatori (di freddo): di fatto è questo che fanno, anche se fisicamente non ha molto senso.
Del resto anche l'aggettivo eutettico è piuttosto impreciso, nel senso che indica il principio su cui si basano ma non che cosa sono effettivamente, senza considerare che è probabile che molti di questi accumulatori non sfruttino affatto questo principio e siano molto piú semplici.
Anche perché se «si possono raggiungere temperature di congelamento anche di -35 °C» ovviamente questo non avrebbe senso per gli usi quotidiani, altrimenti i normali congelatori non raggiungerebbero mai la temperatura di solidificazione e il liquido non sprigionerebbe il calore latente, che è molto maggiore della capacità termica e del resto è proprio quello che permette di mantenere la temperatura stabile a un certo livello per un po' di tempo. (Motivo per cui la voce di Wikipedia non è sbagliata, fra l'altro.)

Sul nome: probabilmente non ce n'è uno semplicemente perché non serve; non è detto che ogni cosa debba avere un nome, e in questo momento non ricordo nemmeno come li si chiami in casa mia, anche se credo si dica semplicemente mattonelle o ghiacci, e del resto perché complicarsi la vita con una parola come siberini?
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