«Rebus»

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G. M.
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«Rebus»

Intervento di G. M. »

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rèbus s. m. [ablativo plur. del lat. res «cosa», che si ritiene (secondo l’opinione dell’erudito E. Menagio) tratto dalla frase de rebus quae geruntur «delle cose che accadono», titolo dato a certe brevi composizioni di scrittori piccardi, che vertevano su fatti di attualità]. – 1. Gioco enigmistico che consiste nel presentare un soggetto da indovinare, per mezzo di segni (r. letterale, che può assumere tre forme: crittografia, r. crittografico e r. monoverbo) o figure (r. figurato), talvolta note musicali: proporre, fare, spiegare, risolvere un r.; r. facile, difficile, insolubile; non sono riuscito a trovare la soluzione del rebus. 2. fig. Parola, frase, contesto che non si riesce a interpretare e comprendere, questione o situazione (o anche persona) complicata, difficile a capire o a risolvere: le cose che ha detto, questi strani appunti, le avvertenze su questo medicinale sono per me un r.; che r. questa faccenda!; che r. quell’uomo (o quella donna)!; la condotta di tuo fratello in quell’occasione è sempre rimasta un vero r. per me.
Si è parlato dell'italianizzazione qui, ma —passati anche più di diecj anni— mi sembra utile avere un filone dedicato al termine capostipite.

Il termine è usato in varie lingue con adattamenti solo minimi: francese rébus, portoghese rébus, ceco rébus, estone reebus, lituano rebusas, ecc.; alcune invece usano nomi alternativi, come lo spagnolo con jeroglífico.

Per l'italiano, avendo il derivato registrato rebussistico, io personalmente andrei col toscano rèbusse (...so, naturalmente, che tale modalità oggi non è «sociolinguisticamente accettabile perlomeno dagli anni ’70»; ma io spero sempre in una presa di coscienza e un'inversione di tendenza, e, come ho visto, a volte gli editori sono [molto] più tolleranti di quanto ci si aspetti :)).
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Infarinato
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Re: «Rebus»

Intervento di Infarinato »

Direi che l’adattamento di rebus in rebusse è possibile (benché assai improbabile) solo in un contesto poetico o letterario per la seconda accezione (figurata) del termine. Per la prima non è solo velleitario, ma sarebbe anche abbastanza assurdo, visto che lí si sta usando una locuzione latina in senso proprio (ancorché in forma abbreviata). Sarebbe come pretendere d’«adattare» ipse dixit in *isse dissite, o quorum in *quorumme:?
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Lorenzo Federici
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Re: «Rebus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Io anni fa pensavo a un banale rebo (così come pure per pus, visto l'aggettivo purulento), oggi accetterei rebusse (come busse) ma solo se pronunciato /rebu̍sse/. Visto rebussistico (che è nel GDLI), mi aspettavo anche di trovarci anche rebussista.
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Infarinato
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Re: «Rebus»

Intervento di Infarinato »

Lorenzo Federici ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:40 Io anni fa pensavo a un banale rebo
Codesta proposta l’aveva già fatta il nostro Marco piú di diciassette anni fa… ma non è una strategia praticabile per parole come questa (cfr. Millermann qui sotto ;)).
Fuori tema
Lorenzo Federici ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:40 …così come pure per pus, visto l'aggettivo purulento
No, *pure non va bene, ché pūs è neutro in latino… ma per favore cerchiamo di rimanere in tema.
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Millermann
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Re: «Rebus»

Intervento di Millermann »

Devo dire che, pur essendo da sempre appassionato di rebus, non mi è mai venuta l'idea d'italianizzare il termine, né di considerarlo «alieno». Non piú alieno, almeno, di altre parole usate in enigmistica, come cruciverba, sciarada, acrostico, crittografia [mnemonica], tanto per citare i piú comuni.
La ragione è che, come le altre, rebus è di derivazione latina o greca, e ha come unico difetto quello d'uscire in -(b)us (come tante altre parole d'uso comune in italiano).

Volendo adattarlo, perciò, occorrerebbe adottare la medesima strategia che si userebbe per omnibus (e autobus, coi suoi derivati), cumquibus (o conquibus), pedibus calcantibus... :P
L'adattamento popolare toscano, in questi casi, non mi convince; né lo troverei proponibile per il gioco simmetrico detto verbis (*verbisse:roll:); allo stesso modo, troverei impropria e non praticabile la banale «italianizzazione» in *rebo come se si trattasse d'un nominativo.

Non è possibile, secondo me, adattare la desinenza di un caso latino che non sia il nominativo o l'accusativo: il procedimento in base al quale da forum si può fare foro e da cactus catto non si può applicare per ricavare *rebo da rebus o, che so, *rero da rerum:?

Volendo trovare una soluzione alternativa all'adattamento, io userei un sinonimo, che fosse valido anche per il significato figurato. Ad esempio, rompicapo potrebbe andar bene per la seconda accezione, e per la prima si potrebbe aggiungere una specificazione, comune in enigmistica; ad esempio, «rompicapo illustrato» o addirittura, volendo osare qualcosa di piú originale, «rompicapo reale», sfruttando la derivazione di reale dal latino res;)

P.S.
Infarinato ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:59([C]fr. Millermann qui sotto).
Grazie della conferma, caro Infarinato.  :)
In Italia, dotta, Foro fatto dai latini
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Carnby
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Re: «Rebus»

Intervento di Carnby »

Solo in maniera teorica (dato che le uscite in -s non sono estranee neppure al vernacolo toscano, si pensi al lapis o allo stranissimo storis), si potrebbe usare geroglifico o anche ieroglifo, sul modello dello spagnolo (uso peraltro attestato sul GDLI), o perfino rebusse con il «sostegno» del piccardo.
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G. M.
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Re: «Rebus»

Intervento di G. M. »

Infarinato ha scritto: dom, 14 apr 2024 14:46 Direi che l’adattamento di rebus in rebusse è possibile (benché assai improbabile) solo in un contesto poetico o letterario per la seconda accezione (figurata) del termine. Per la prima non è solo velleitario, ma sarebbe anche abbastanza assurdo, visto che lí si sta usando una locuzione latina in senso proprio (ancorché in forma abbreviata). Sarebbe come pretendere d’«adattare» ipse dixit in *isse dissite, o quorum in *quorumme:?
Non mi sembrano casi equivalenti.

Quando si usa ipse dixit, in italiano, è un uso consapevole del latino, e il significato è lo stesso che ha l'espressione in latino.

Nei casi di rebus e quorum, invece, la locuzione completa è ignota a praticamente tutti i parlanti, e l'elemento usato è solo un pezzo di "significante", divenuto indipendente dal contesto originario, trasformato nel valore grammaticale (da ablativo plurale e genitivo plurale a "nominativo" singolare) e dotato di significati che, così da solo, nella lingua d'origine non ha.

Vediamo infatti che, nelle lingue che non usano espressioni alternative, l'adattamento anche grafico è comune, per rebus anche nella prima accezione come per quorum (spagnolo cuórum, portoghese quórum, sloveno kvorum, polacco kworum, ecc.): personalmente non lo trovo assurdo, anzi mi pare molto normale... :)
Lorenzo Federici ha scritto: dom, 14 apr 2024 17:40 [O]ggi accetterei rebusse [...] ma solo se pronunciato /rebu̍sse/.
Rammenti polizza, arista, mandorla... :wink:
Millermann ha scritto: dom, 14 apr 2024 19:10Non è possibile, secondo me, adattare la desinenza di un caso latino che non sia il nominativo o l'accusativo: il procedimento in base al quale da forum si può fare foro e da cactus catto non si può applicare per ricavare *rebo da rebus o, che so, *rero da rerum:?
(Anch'io su questo sono in generale d'accordo... [donde l'apertura del filone per riaprire la questione]).
Millermann ha scritto: dom, 14 apr 2024 19:10 Devo dire che, pur essendo da sempre appassionato di rebus, non mi è mai venuta l'idea d'italianizzare il termine, né di considerarlo «alieno». [...] La ragione è che, come le altre, rebus è di derivazione latina o greca, e ha come unico difetto quello d'uscire in -(b)us (come tante altre parole d'uso comune in italiano).
(Preciso —non per lei, ma per il visitatore che passi e non ci conosca già  :P— che il mio qui come in altri casi è un ragionamento strutturale sull'italiano, non il desiderio di respingere qualcosa di «alieno» in senso culturale: vd. quest'intervento e questo filone).
Millermann ha scritto: dom, 14 apr 2024 19:10 Volendo trovare una soluzione alternativa all'adattamento, io userei un sinonimo, che fosse valido anche per il significato figurato. Ad esempio, rompicapo potrebbe andar bene per la seconda accezione, e per la prima si potrebbe aggiungere una specificazione, comune in enigmistica; ad esempio, «rompicapo illustrato» o addirittura, volendo osare qualcosa di piú originale, «rompicapo reale», sfruttando la derivazione di reale dal latino res;)
Lei mi rimette coi piedi per terra... mentre io continuo a sognare un italiano nuovamente in grado di adattare senza timori (come altre lingue fanno tuttorissima). :)
Carnby ha scritto: dom, 14 apr 2024 21:00 [...] si potrebbe usare [...] perfino rebusse con il «sostegno» del piccardo.
Non so davvero niente del piccardo, ci spieghi meglio... :)
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Carnby
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Re: «Rebus»

Intervento di Carnby »

G. M. ha scritto: dom, 14 apr 2024 22:21 Non so davvero niente del piccardo, ci spieghi meglio...
A quanto sembra, in piccardo (Francia settentrionale, la zona dove è stata girata la pellicola Giù al Nord) si dice rébusse.
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Lorenzo Federici
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Re: «Rebus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Mi sembra di capire, da quel poco di fonologia che si trova, che è da leggersi comunque /reby̍s/, come in francese, ma l'ortografia del piccardo mi sembra leggermente più fonematica di quella del francese.
Fuori tema
In effetti, in francese le lettere d, p, s, t, x e z (alle medie ce le fecero imparare con la formula «deposito X-Z») generalmente non si leggono, anche se in realtà molto spesso anche le f e le b non si leggono e volendo essere precisi c'è tutta una serie di altre lettere che magicamente spariscono. Probabilmente, per indicare la s pronunciata hanno fatto la stessa cosa che bisognerebbe fare in francese: s raddoppiata (sennò avrebbero avuto /z/, immagino) e e muta (che in francese antico era ancora un'importante /ə/) finale.
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G. M.
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Re: «Rebus»

Intervento di G. M. »

Quindi Carnby intendeva di dire rebùsse basandoci su quello?

Se è così, sono un po' perplesso: se il piccardo ha gli accenti come il francese, è un modello debole, perché non replica le nostre distinzioni accentuali (se non in modi indiretti); e in ogni caso è per noi un modello "lontano" e minore, a cui sembra strano rifarsi quando ci sono invece modelli "centrali" per la nostra lingua.

Chiaramente anche per me, a sensazione spontanea, rebùsse suona più naturale di rèbusse, non essendoci abituato (...mentre, essendoci abituato da sempre, non ho mai percepito nulla d'istintivamente strano in polizza ecc.); ma visto che il secondo già esiste, o perlomeno è esistito nell'uso vivo e lo troviamo nei testi e nei glossari, mi sembrava più sensato limitarci al recupero o accoglimento di quello, piuttosto che creare una forma ulteriore: non c'è motivo di coniare un neologismo, se c'è già qualcosa d'esistente e d'adatto per i nostri fini.
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Lorenzo Federici
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Re: «Rebus»

Intervento di Lorenzo Federici »

G. M. ha scritto: lun, 15 apr 2024 9:22 Quindi Carnby intendeva di dire rebùsse basandoci su quello?
Immagino che l'avesse inteso principalmente guardando la grafia del termine. Sentendo un po' di piccardo parlato mi sembra di capire che le l'accentazione è fondamentalmente la stessa del francese moderno: a livello di suoni, mi sembra la stessa somiglianza che c'è tra l'italiano toscano e una qualsiasi altra lingua dell'Abruzzo, dell'Umbria o del Lazio.
G. M. ha scritto: lun, 15 apr 2024 9:22 Chiaramente anche per me, a sensazione spontanea, rebùsse suona più naturale di rèbusse, non essendoci abituato (...mentre, essendoci abituato da sempre, non ho mai percepito nulla d'istintivamente strano in polizza ecc.); ma visto che il secondo già esiste, o perlomeno è esistito nell'uso vivo e lo troviamo nei testi e nei glossari, mi sembrava più sensato limitarci al recupero o accoglimento di quello, piuttosto che creare una forma ulteriore: [...]
Snì: riprendo un suo vecchio intervento per far notare un modello che non mi sembra sia stato ancora fatto notare.
Fuori tema
G. M. ha scritto: sab, 31 dic 2022 10:21 Ci sono comunque altre eccezioni alla regola che vuole l'accentazione piana se la penultima sillaba è chiusa: con una ricerca in Rete trovo pòlizza, Òtranto, Tàranto, Lèpanto, fìnferlo, màndorla, canèderlo, àrista, còrizza, Lìpizza...
Tutte le parole con l'accentazione sdrucciola e la penultima chiusa hanno una coppia di due consonanti diverse:
  • [nːC]: Otranto, Taranto, Lepanto, Elsinchi;
  • [rːC]: finferlo, mandorla, canederlo, fingermi, leggerti, prendersi, venderci, spegnervi, accenderle;
  • [sːt]: arista;
  • [tːs]: polizza, Lipizza;
  • [dːz]: coriza.
Non riuscendo a trovare il MaPI scaricabile, mi affido al mio orecchio e prego in quanto scritto qui (anche se riguarda un'altra cosa).
Rèbusse suona, almeno per me, meno italiano di *rèbuste o *rèbuzze. Potrebbe essere (lege: non sono toscano e il mio orecchio è quello che è, però penso che possa essere) uno di quei dettagli della fonotassi italiana poco noti, anche meno dell'accentazione secondaria.
Fuori tema
Ho appena scoperto che si dice àrista.
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Infarinato
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Re: [FT] Eccezioni alla regola che vuole l’accentazione piana se la penultima sillaba è chiusa (consonanti geminate)

Intervento di Infarinato »

Fuori tema
Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 10:20 Tutte le parole con l'accentazione sdrucciola e la penultima chiusa hanno una coppia di due consonanti diverse…
Íccasse:P Certo, sono parole rare, ma tutti gli adattamenti popolari toscani [paragogici] sono di questo tipo oggigiorno: làpisse, rèbusse etc.

E «raro» non vuol dire «fonotatticamente inammissibile». ;)
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Re: «Rebus»

Intervento di Ferdinand Bardamu »

G. M. ha scritto: dom, 14 apr 2024 12:41Per l'italiano, avendo il derivato registrato rebussistico, io personalmente andrei col toscano rèbusse
In rebussistico però la geminata mi sembra una soluzione «per assicurare meglio la pronuncia sorda della sibilante», come la geminata di parassita, piuttosto che la conseguenza di un’ipotetica derivazione da rèbusse
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Re: «Rebus»

Intervento di Carnby »

Lorenzo Federici ha scritto: lun, 15 apr 2024 0:24 Mi sembra di capire, da quel poco di fonologia che si trova, che è da leggersi comunque /reby̍s/, come in francese, ma l'ortografia del piccardo mi sembra leggermente più fonematica di quella del francese.
Io non conosco la fonologia del piccardo, ma immagino si pronunci [ʁebysə], con una scevà accennata come negli accenti del francese meno influenzati dal parigino urbano.
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Lorenzo Federici
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Re: «Rebus»

Intervento di Lorenzo Federici »

Immaginavo una cosa del genere, nelle poche trascrizioni (fonematiche) che ho trovato lo scevà però non compare.
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